AMENDOLA, Giovanni Battista
Nato a Episcopio di Sarno il 19 genn. 1848, l'A., fin dall'infanzia aveva dato segni di genuina vocazione di scultore. Nel 1860 fu affidato ad un mediocre maestro, M. Busciolano, fu poi iscritto (12 dic. 1862) nell'Istituto di Belle Arti, e fu allievo di Tommaso Solari e di Tito Angelini. Rimase a Napoli tra i pensionanti della provincia di Salerno dal 1864 al 1866. I primi saggi, allegorie di argomenti storici, pur con annunci dell'arte nuova seguono il gusto della tradizione accademica.
Si formò a Napoli in quella fase particolarmente critica in cui l'accademismo eclettico di Tito Angelini andava perdendo il suo ascendente per l'imporsi della nuova corrente veristica. Stanislao Lista con l'opera e l'insegnamento propugnava il rinnovamento della scultura che poi si affermò con caratteri diversi nelle opere dei suoi allievi, tra i quali l'Amendola.
Nel 1866 partì per Roma dove partecipò ad un concorso col bassorilievo Cristo risuscita Lazzaro. Poca importanza ebbe per lui l'aver frequentato a Roma lo studio di P. Tenerani, mentre le correnti culturali moderne contribuirono fortemente alla sua formazione. A Roma egli si rivelò molto presto ritrattista raffinato. Una grave malattia, che doveva compromettere per sempre la sua salute, lo obbligò a ritornare a Sarno dove, dopo lunghe sofferenze, poté riprendere la sua attività artistica. Esegui la statua di Pergolesi (Salerno, teatro), che è da considerarsi il suo capolavoro. La bella resa plastico-coloristica, il sentimento di malinconica concentrazione del volto del musicista rivelarono il talento vivido dello scultore e la sua poetica di romantico. Seguono in quella fase altre opere felicemente riuscite come La povera Maria,il Pierrot (Museo di Capodimonte), che nel 1873 furono esposte a Vienna e dettero notorietà all'autore. Insistendo nella via della ricetta veristica l'A. eseguì numerose piccole statue e bozzetti come il Maniscalco (1874, Napoli, Museo di S. Martino), Maria scalza, il Girovago freddoloso che, pur riflettendo qualche influenza della più energica arte di A. D'Orsi, se ne discostano per il sottile sentimento umano che da esse traspare. Ispirato dal Byron egli plasmò il gruppo Caino e la sua donna maggiore del vero, gesso patinato a bronzo (Napoli, Galleria dell'Accademia di Belle Arti): esposto nel 1877 a Napoli, suscitò le più accese polemiche. Largo successo raggiunse con l'Allegoria dell'Autunno, inviato all'Esposizione di Parigi nel 1878 (Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna). In questa fase egli si recò a Parigi e in Inghilterra (1879-1884). Sorretto dall'amicizia del pittore Alma Tadema, egli scolpì numerosi ritratti, acquistando fama di artista raffinato e alla moda, specialmente nel delineare figurine-ritratto di signore inglesi, modellate con delicata grazia ed eleganza. Tra le opere di grande impegno è notevole per austerità di concezione la statua monumentale in bronzo di Mariano Abignente (1893), eseguita per la città di Sarno. Più discussa la statua di Gioacchino Murat, scolpita per la facciata del Palazzo reale di Napoli. Troppo lodate le cariatidi bronzee del monumento Schilizzi a Posillipo (ora Ara votiva ai Caduti in guerra).
L'A. morì a Napoli il 17 dic. 1887.
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