AGUCCHI (Agocchi, Agucchia, Dalle Agocchie), Giovanni Battista
Nato a Bologna il 20 nov. 1570, seguì il fratello maggiore Girolamo nel suo governatorato a Faenza (1580-82), dove iniziò gli studi, continuati poi a Bologna e completati a Roma. Canonico della cattedrale di Piacenza, fu poi (1591) con lo zio materno, Filippo Sega, in Francia nel corso della sua nunziatura. Nel 1594, rientrato in Italia, fu addetto, insieme col fratello Girolamo, alla segreteria dello zio, diventato cardinale. Morto questo (1596), passò al servizio del cardinale segretario di Stato P. Aldobrandini, che seguì, in qualità di maggiordomo interinario, nel viaggio da questo compiuto alla corte dei Medici nel 1600, e di qui in Francia per il trattato di Lione e il matrimonio di Enrico IV (1600-01), incaricato di tenere la corrispondenza diplomatica. Stese così varie minuziose relazioni, fra cui l'importante Diario del viaggio del cardinale Aldobrandini, legato a Fiorenza et in Francia (Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. Lat. 13433), in cui annotò, sotto forma di corrispondenza col fratello Girolamo, tutti i particolari delle vicende politiche e militari connesse con la missione dell'Aldobrandini, rivolgendo anché la sua attenzione ai costumi e allo spirito pubblico dei paesi visitati. Di ritorno in Italia, seguì nel settembre 1604 l'Aldobrandini, nominato arcivescovo di Ravenna, nella sua sede, in qualità di segretario e maggiordomo. Sempre nel 1604 fu anche a Ferrara, presso il cardinale Maffeo Barberini, ma già ai primi dell'anno seguente, durante il conclave che elesse Leone XI, era ancora al seguito dell'Aldobrandini.
Morto il 27 apr. 1605 Leone XI, l'elezione di Paolo V indebolì la posizione dell'Aldobrandini e di conseguenza la sua - per cui, dopo altri otto mesi trascorsi a Ravenna, preferì ritirarsi a Roma, dove mantenne scarsi contatti con la corte di Paolo V.
Nel 1615, migliorati i rapporti tra Paolo V e l'Aldobrandini, l'A. riprese la sua attività in Curia, senza ricoprire però alcuna carica di rilievo, finché il 10 febbr. 1621 fu nominato dal nuovo pontefice Gregorio XV suo segretario privato e nell'ottobre segretario dei Brevi ai principi. Incaricato di tenere la corrispondenza diplomatica, ebbe modo di distinguersi anche per la grande abilità stilistica. Fedele collaboratore ed amico personale del cardinale Ludovico Ludovisi, il 23 ott. 1623 fu nominato da Urbano VIII vescovo in partibus di Amasea, e il 16 dicembre dello stesso anno nunzio presso la Repubblica di Venezia.
Giunto a Venezia nel gennaio del 1624, l'A. vi trovò una situazione difficile: le supreme magistrature della Repubblica erano tenute infatti da un gruppo di nobili, cosiddetto dei "politici", decisamente avverso alla politica della Chiesa. E però l'A. cercò, con l'accortezza e l'abilità che gli derivavano dalla lunga esperienza diplomatica e cancelleresca, di staccare la Repubblica dall'allenza con la Francia per avvicinarla alla Spagna e alla S. Sede, non esitando ad interferire nella stessa politica interna veneziana, appoggiando cautamente il partito papalista e promuovendo l'elezione al dogato di G. Cornaro. Ma nonostante la grande abilità spiegata non ottenne alcun risultato di rilievo. Insuccesso ebbero anche i suoi tentativi di risolvere a favore della Chiesa i numerosi particolari conflitti di giurisdizione insorti durante la sua nunziatura. Ciò nondimeno l'A. cercò sempre di mantenere i rapporti ufficiali con il governo della Repubblica su un piano di grande correttezza e moderazione.
Ma nel 1630 l'arresto di due gentiluomini del suo seguito lo mosse a così aspre proteste che la Repubblica chiese a Roma la sua sostituzione. La richiesta venne respinta e l'A. continuò a svolgere la sua attività fino al 5 ott. 1630, quando, infuriando la peste in città, si rifugiò a Oderzo, e l'anno dopo. a S. Salvatore, dove morì il 1 genn. 1632.
Durante la nunziatura a Venezia era stato anche deputato amministratore della Chiesa di Aquilcia (23 sett. 1629).
Uomo di lettere, membro della bolognese Accademia dei Gelati, fu anche cultore di matematica e di astronomia; nel 1611 a Roma fu presentato dal matematico Luca Valerio, suo amico, a Galileo Galilei, col quale ebbe a discutere a lungo del sistema copernicano. In assiduo carteggio col Galilei (1611-13), s'impegnò nello studio delle macchie solari e dei pianeti medicei, di cui determinò con grande approssimazione i periodi, sulla scorta del Sidereus Nuncius, in un discorso accademico Del Mezzo inviato al Galilei (rimasto inedito fra le carte di questo e pubblicato, in parte, dal Favaro). Nel 1618 scrisse anche un trattato De cometis et de comete viso, che, rimasto inedito, è andato perduto. Seguace del Galilei, l'A. ne sviluppò alcuni principi, giungendo ad intuire anche l'esistenza delle fasce di Giove.
Ebbe buona cultura erudita ed antiquaria (fu in stretti rapporti di amicizia con Francesco Angeloni) e scrisse una lettera su L'antica fondazione di Bologna, pubblicata postuma a Bologna nel 1638, una Orazione di Nerone per la colonia bolognese abbruciata sotto lo pseudonimo di Gratiadio Machati, pubblicata anch'essa postuma a Bologna nel 1640, e una Vita Hieronymi Agucchii, che si conserva manoscritta nella Biblioteca Universitaria di Bologna (Mss. 75, I). I suoi copialettere si conservano in varie biblioteche italiane.
Di un ritratto dell'A. dipinto dal Domenichino si conserva traccia in una incisione, inserita anche nei testi del Tomasini e dello Zani; secondo G. P. Bellori, lo stesso Domenichino avrebbe raffigurato l'A. in uno dei personaggi della Visita dell'Imperatore Ottone a S. Nilo (affresco nell'abbazia di Grottaferrata, 1610).
Nella storia della critica d'arte, l'A. ha un suo rilievo come autore di un Trattato della Pittura, del quale è noto solo un frammento, pubblicato nella prefazione, scritta da G. A. Mosini (quasi certamente pseudonimo di G. A. Massani, maestro di casa di Urbano VIII e amico dell'A.) alla prima ediz. (1646) di una raccolta di stampe di S. Guillain, riproducenti una serie di disegni di Annibale Carracci. Tale frammento, detto dal Mosini opera di Gratiadio Machati, pseudonimo altre volte usato dall'A. - frammento ristampato dal Mahon - è notevole come documento dell'ambiente artistico ufficiale romano intorno al 1610, volto a vagheggiare, soprattutto, l' "idea della Bellezza", ed a vederla raggiunta specialmente nella scultura antica e nella pittura di Raffaello, dei Carracci, del Domenichino. Amicissimo di quest'ultimo (che visse a lungo in casa sua) e di Annibale, non sembra tuttavia che l'A. sia da ritenersi interamente debitore, verso di essi, della teoria del "bello ideale" accennata nel Trattato (scritto molto probabilmente verso il 1607-15), anche se questa è certamente frutto del continuo scambio d'idee con lo Zampieri e della meditazione sulle opere dei Carracci. Ripresa e resa sistematica da G. P. Bellori (il quale, fra l'altro, pare fosse in possesso degli autografi dell'A.), la teoria dell'A. divenne poi la teoria classicista dell'arte. Altro scritto dell'A. è la Descrittione della Venere dormiente di Annibale Carrazzi, poi pubblicata dal Malvasia nella Felsina Pittrice (1678), una elaborata descrizione letteraria della Venere ora a Chantilly, che anticipa le analisi del Bellori.
Bibl.: Varie le biografie dell'A.: fra le più ricche di notizie, anche in ciò che concerne la sua attività letteraria ed erudita, G. F. Tomasini, Elogia virorum literis et sapientia illustrium, Patavii 1644, pp. 13-28; V. Zani, Memorie imprese e ritratti de' Signori accademici Gelati, Bologna 1672, pp. 185-189; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'italia, I, 1, Brescia 1753, pp. 202-205; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, I, Bologna 178 I, pp. 66-71; G. Lenzi, Vita di monsignor G. A., in L'Album, XVII (1850), pp. 41-45. Per il soggiorno in Francia e il Diario: C. Manfroni, Nuovi documenti intorno alla legazione del cardinale Pietro Aldobrandini in Francia (1600-1601), in Arch. d. Soc. romana di storia patria, XIII (1890), pp. 101-105; P. Richard, La légation Aldobrandini et le traité de Lyon (sept. 1600-mars 1601), in Rev. d'hist. et de littérature religieuses, VII (1902), pp. 481-509; VIII (1903), pp. 25-48, 133-151. Per l'attività nella cancelleria pontificia e le cariche di Curia: L. v. Pastor, Storia dei Papi, XIII, Roma 1931, pp. 56-57, 104, 225, 726-730; P. Gauchat, Hierarchia catholica..., IV, Monasterii 1935, p. 80. Per la nunziatura a Venezia: H. Biaudet, Les nonciatures apostoliques permanentes jusqu'en 1648, Helsinki 1910, coll. 203, 218, p. 249; A. Zanelli, Di alcune controversie tra la Repubblica di Venezia ed il Sant'Officio nei primi anni del pontificato di Urbano VII (1624-1626), in Arch. veneto, s. 5, VI (1929), pp. 186-235; Id., L'elezione del doge Cornaro, 4 gennaio 1625 (dal carteggio del nunzio mons. G.B.A. col card. Francesco Barberini), ibid., s. 5, VIII (1930), pp. 1-19; Id., Le relazioni tra Venezia ed Urbano VIII durante la nunziatura di mons. G. A. (1624-1631), ibid., s. 5, XIV (1933), pp. 153-2065 XVI (1934), pp. 148-269; Giancrisostomo da Cittadella, Corrispondenza del nunzio G. B. A. con p. Giacinto da Casale nell'anno 1625, in Collectanea Franciscana, XVIII (1948), pp. 286-301; G. Cozzi, Il Doge Nicolò Contarini, Venezia 1958, pp. 237-240, 249-254, 287-298, 302-303 e passim. Per l'attività scientifica e i rapporti col Galilei: A. Favaro, Amici e corrispondenti di Galileo Galilei, X, G. B. A., in Atti d. R. Ist. veneto di scienze lettere ed arti, LXIII (1903-04), II, pp. 167-187. Per la critica d'arte: G. P. Bellori, Le Vite de' pittori, scultori et architetti moderni, Roma 1672, pp. 293, 295, 297, 315, 359; C. Malvasia, Felsina Pittrice, Bologna 1841, I, pp. 89, 296, 319, 320, 325, 327, 330, 369, 372; II, pp. 222, 231, 234, 239, 242, 245; D. Mahon, Srudies in Seicento Art and Theory, London 1947, pp. 109-154, 231-275 (analisi esauriente e molto approfondita); J. Pope-Hennessy, The Drawings o! Domenichino at Windsor Castle, London 1948, passim; G. Natali, Monsignor G. B. A. e le scuole pittoriche italiane, in Siculorum gymnasium, n.s., IV (1951), pp. 117-119; D. Mahon, Eclecticism and the Carracci, in Journ. of the Warburg and Courtauld Institutes, XVI (1953), pp. 313, 322, 326 ss., 332; G. Mancini, Considerazioni sulla pittura, a cura di A. Marucchi e L. Salerno, II, Roma 1956, pp. X, XV, XVII, XXII, XXV, XXVII, 62, 104, 105, 106, 142, 149; J. Schlosser-Magnino, La letteratura artistica, Firenze 1956, pp. 517, 612, 621, 709. Per i manoscritti: L. Frati, Opere d. bibliograf. bolognese che si conservano nella Biblioteca municipale di Bologna, I, Bologna 1888, nn. 3112, 3127; II, ibid. 1889, n. 7566; R. Ambrosini, Raccolta di opere riguardanti Bologna nella biblioteca di R. A., Bologna 1906, pp. 67, 72; L. Frati, Indice dei codd. latini conservati nella Biblioteca universitaria di Bologna, in Studi ital. di filol. classica, XVI (1909), p. 103; G. Mazzatinti, Inventari dei manoscritti delle Bibl. d'Italia, XV, p. 103; XVII, p. 133; XXI, pp. 185, 190; XXIII, p. 69; LIII, pp. 77-84. Per l'iconografia: G. P. Bellori, Le Vite..., Roma 1672, p. 297; H. W. Singer, Allgem. Bildnisskatalog, I, Leipzig 1930, p. 19; J. Pope-Hennessy, Two portraits by Domenichino, in The Burlington Magazine, LXXXVII (1946), p. 186.