BARRILI (Barrile), Giovanni
Appartenente ad una famiglia napoletana dell'alta nobiltà locale, entrò nelle magistrature del Regno di Napoli e divenne presto uno dei più fedeli ed esperti funzionari di re Roberto. Ciambellano, consigliere e familiare del re, occupò tra il 1330 e 1350 alte cariche nell'amministrazione territoriale e finanziaria dei reame; fu successivamente capitano di Calabria, giustiziere di Terra di Bari, giustiziere e preside di Calabria, giustiziere del Principato ulteriore, e, dall'inizio del 1341 fino al settembre del 1342, capitano generale e giustiziere di Terra di Lavoro e della contea di Molise; durante i primi anni del regno della regina Giovanna fu maestro razionale della Magna Curia e presidente dell'Udienza sommaria delle ragioni. Possedette feudi in Terra di Otranto e fu, in questa provincia, signore di Pompignano, Spiggiano, Presicce e Pozzomagno.
Per la sua esperienza e probità i sovrani angioini gli affidarono spesso delicate missioni politiche e diplomatiche: accompagnò nel 1327 il principe ereditario, Carlo duca di Calabria, in Toscana; fu, su incarico di re Roberto, al seguito personale di Andrea d'Ungheria alla sua venuta in Italia; andò in missione diplomatica a Genova (1335) e fu membro dell'ambasciata napoletana che alla fine del 1341 si recò a Firenze, a Pisa e Lucca per rivendicare e difendere i diritti regi su quest'ultima città. Dopo la morte di re Roberto, la giovane regina Giovanna continuò a servirsi del fedele servitore di suo nonno e già nell'estate dei 1343 lo inviò a Rieti con l'incarico di riportare la pace fra, le locali fazioni dei guelfi e dei ghibellini. Alla fine dello stesso anno gli affidò il difficile compito di restaurare in Puglia i diritti della corona, che erano stati usurpati dai privati, e di prendervi misure efficaci contro gli usurai. La sua influenza a corte cominciò a diminuire notevolmente durante la reggenza del cardinale Aimeric de Chalus, anche se pare che il B. abbia fatto parte temporaneamente del suo consiglio. Durante l'invasione di Luigi d'Ungheria nel regno di Sicilia (1347-48) il B. è alla testa della deputazione di otto uomini, eletta dal popolo napoletano, per supplicare Luigi di non abbandonare la città al saccheggio dei suoi mercenari. La missione ebbe fortuna e notevole vi dovette essere il contributo del B., già servitore del fratello del re, Andrea.
Un esito meno fortunato ebbe una missione in Provenza: nell'estate del 1348 la regina aveva nominato il B. siniscalco di questa provincia, revocando Raimondo d'Agoult, vecchio gentiluomo di origine provenzale, e infrangendo così l'impegno assunto poco prima, durante la sua fuga in Provenza, di nominare a questo ufficio solo provenzali. Il siniscalco destituito non si rassegnò e convocò gli Stati provenzali per contestare la legittimità di questa nomina, mentre il B. cercò di trovare sostegno nella città di Marsiglia e in Ugo des Baux, uno dei più potenti signori provenzali e vecchio nemico dell'Agoult. In Provenza così minacciava di scoppiare la guerra civile, che poté esser impedita solo all'ultimo momento, quando la regina, per le pressioni del suo secondo marito, Luigi di Taranto, il quale nel frattempo coll'aiuto di Niccolò Acciaiuoli aveva aumentato la sua influenza alla corte napoletana, decretò la revoca del B., il 20 apr. 1349. Fra i dissidi dei partiti provenzali e gli intrighi napoletani, il B. non riuscì nemmeno a mettere piede nella sua provincia; a quanto pare infatti si trattenne nel corso di tutto il conflitto presso la curia pontificia di Avignone. Tornò a Napoli alla fine del 1349, ma non occupò più cariche importanti dopo il completo fallimento dell'esperienza provenzale. Morì pochi anni dopo, probabilmente a Napoli, alla fine del 1355.
Il gentiluomo e diplomatico napoletano, oltre alle sue considerevoli capacità politiche, ebbe fine intelletto e alta cultura. Benché non propriamente poeta o erudito, appartenne alla cerchia letteraria e scientifica, formatasi sotto la protezione di re Roberto alla corte napoletana, che riuniva letterati e alti funzionari del Regno. Famosa nella storia letteraria è rimasta l'amicizia del B. col Petrarca nata durante la prima visita del poeta a Napoli, nel 1341. Re Roberto aveva allora incaricato il B. di recarsi a Roma per incoronare in suo nome il Petrarca in Campidoglio, ma il diplomatico napoletano, caduto in una imboscata presso Anagni, dalla quale potè salvarsi solo a stento, non riuscì ad arrivare a Roma in tempo per partecipare alla cerimonia. Il Petrarca si dolse molto di questo incidente e gli indirizzò in proposito un'epistola in versi (17. Petrarchae Poemata Minora, II, a cura di D. Rossetti, Milano 1831, pp. 96-104). I rapporti amichevoli fra i due uomini si consolidarono durante la seconda visita del Petrarca a Napoli, nel 1343, e continuarono anche negli anni seguenti. In occasione della missione del B. in Provenza il poeta incoraggiò il suo amico napoletano a non esitare ad accettare la nomina (ibid., II, pp. 104-106).Tentò poi di consolarlo dopo il fallimento della missione, mandandogli un'invettiva contro la curia pontificia, che il B. ebbe occasione di conoscere da vicino durante il suo soggiorno ad Avignone (ibid., Il, p. 106).
Poco dopo il Petrarca si adoperò a ristabilire l'amicizia fra il B. e il gran siniscalco del Regno, Niccolò Acciaiuoli, che pareva naufragata negli intrighi della corte napoletana, indirizzando alcune lettere ai suoi due amici (F. Petrarchae Epistolae de rebus familiaribus II, a cura di J. Fracassetti, Florentiae 1857: lib. XII, ep. 14, pp. 198-200; lib. XIII, ep. 9, pp. 252-254, ep. 10, pp. 255-261). Il Petrarca infine tramandò alla posterità una bella immagine della fedeltà del suo amico B., rappresentandolo nella Il egloga sotto la figura del pastore Ideo, che canta le lodi di re Roberto piangendone la morte (Poemata Minora, I, Milano 1829, pp. 22-33).La tradizione letteraria contribuì in tal modo a tramandare l'immagine del B. come quella di un uomo di straordinaria lealtà e di grande intelligenza: tale, insomma, come egli sembra sia stato realmente nel corso della sua intensa vita di flmzionario, di diplomatico, di uomo di cultura.
Fonti e Bibl.: G. Villani, Cronica, XI, Firenze 1845, C. 137, p. 372; I diurnali del Duca di Monteleone, in Rer. Italic. Script., 2 ediz., XXI, 5, a cura di M. Manfredi, p. 9; N. Faraglia, I due amici del Petrarca, G. B. e Marco Barbato, in Arch. stor. per le prov. napolet., IX (1884), pp. 35-58 (con doc.); Id., Barbato di Sulmona e gli uomini di lettere della corte di Roberto d'Angiò, in Arch. stor. ital.,s. 5, III (1889), pp. 313, 315, 328 s., 335; L. Mascetta-Caracci, Barbato di Sulmona e i suoi amici Barrili e Petrarca, in Rass. abbruzzese di storia ed arte, Il (1898), pp. 136-1,54, 160 s., 176; M. Schipa, Contese sociali napoletane, in Arch. stor. per le prov. napol., XXXII (1907), p. 534; F. Torraca, Giovanni Boccaccio a Napoli, ibid., XXXIX (1914), pp. 57-59, 62-71; R. Caggese, Roberto d'Angiò e i suoi tempi, I, Firenze 1922, p. 669 n.; II, ibid. 1930, pp. 273, 302, 374, 383, 387 s.; E-G. Léonard, Un ami de Pétrarque, sénéchal de Provence: Giovanni Barrili, in Etudes Italiennes, IX (1927), pp. 109-136; Id., Histoire de Yeanne Ière, reine de Naples, comtesse de Provence, Monaco-Paris 1932, 1, pp. 162, 312, 384 n., 694, 718; 11, pp. 46-49, 172-175, 178 s., 182 s., 185, 206, 222, 267 s., 371.