BARONZIO, Giovanni
Pressoché nulle sono le notizie documentarie che riguardano questo pittore rimitiese attivo nella prima metà dei Trecento: deve essere morto prima del 1362, come si ricavava dall'iscrizione relativa ai suoi figli e ora perduta posta sopra una tomba nella chiesa di S. Francesco a Rimini; la notizia riportata da un Registro delle sepolture del 1362 (cfr. Tonini) riguardante i sepolcri collocati presso la suddetta chiesa e il contiguo convento, che ricorda la tomba "Iohis Barontii, et Deutacomandi Barontii, et Comandi filii quondam Magistri Ioliannis Barontii Pictoris de cont. S. Agnetis", altro non dovrebbe essere che la trascrizione di quella perduta epigrafe. Abbastanza incerta resta anche, a tutt'oggi, la definizione del catalogo delle sue opere, ché se da una parte era urgente e quanto mai opportuno il ridimensionamento che del pittore ha operato la critica più recente e qualificata, è pur vero che - eccezion fatta per una sola opera, peraltro firmata e datata - non del tutto concordi sono i pareri circa altri dipinti, e si è venuta così a creare, per il B., una vicenda attributiva alquanto confusa.
Il dipinto per il quale è assolutamente certa la sua paternità è il polittico, proveniente dal refettorio del distrutto convento dei minori conventuali di Macerata Feltria, ora nella Galleria nazionale delle Marche, nel Palazzo ducale di Urbino (n. 125).L'ancona ha l'iscrizione "Anno D.ni Millo CCCXL Q-to Tpe D.ni Clemtis pp. Oc Opus Fecit Ioliannes Barontius de Arimino * e presenta nella tavola principale, ai lati del trono ove siede la Madonna col Bambino, due angeli e i ss. Francesco e Ludovico di Tolosa,e alle estremità - due per lato, una all'altra sovrapposta - quattro "storiette": Adorazione dei Magi e Presentazione al Tempio a sinistra, Ultima Cena e Cattura di Cristo a destra. Nelle sei cuspidi a lato di quella centrale, con la Crocefissione, appaiono Gabriele, l'Annunciata e Quattro santi, uno dei quali completamente abraso. L'opera rivela un artista non di alta levatura certo, ma comunque maturo, nel pieno possesso dei propri mezzi espressivi, come denota, al di là dei ricordi dell'arte di quel Giuliano da Rimini che pure dovette influire sulla sua prima formazione, l'apprendimento attento dei modi giotteschi sia nella relazione tra rilievo e colore - anche se sentito, quest'ultimo, con una certa tenerezza di toni lontana da Giotto - sia in una certa essenzialità e chiara disposizione delle immagini, ben proporzionate, dalle quali peraltro, come confermano anche alcuni particolari dell'architettura non è aliena una certa indulgenza alla grazia e al decorativismo. Il gusto per la decorazione dell'artista si ritrova anche negli ornati a motivi floreali del fondo d'oro .
Dai raffronti con la pala urbinate appare non sostenibile l'attribuzione al B., ritenuta valida per un lungo periodo (più o meno fino alla Mostra della pittura riminese del Trecento del 1935), del bel Crocefisso della chiesa di S. Francesco a Mercateflo, di una qualità alta e raffmata, tanto da render senz'altro esatta l'attuale attribuzione a Giovanni da Rimini, prima confuso col B. per via dell'omonimia; quanto al polittico con la Madonna e santi della stessa chiesa, una certa più "primitiva" e generica secchezza di modi porterebbe piuttosto a riferirlo alla tarda attività del B. con largo intervento della bottega. Come anche è senz'altro da escludere la partecipazione del B. alla decorazione ad affresco del cappellone di S. Nicola a Tolentino, che gli veniva attribuita tutta o almeno in grandissima parte quando non si era ancora giunti alla distinzione delle varie personalità della ricca e importantissima scuola riminese, orientandosi oggi per quel ciclo la critica, anche se non del tutto concorde' piuttosto verso Giuliano e verso Pietro da Rimini e seguaci.
Di molte altre opere su tavola date al B., prescindendo da alcune attribuzioni isolate, senza seguito e probabilmente opinabili, sembrano senz'altro riferibili a lui le sei Storie di Cristo della Galleria Nazionole romana, riferitegli da L. Venturi (1915) e che hanno subito alterne vicende attributive; a queste sembra assai vicina la tavoletta n. 54 della Pinacoteca Vaticana con la Crocefissione nella parte superiore e i SS. Paolo, Pietro e Ludovico di Tolosa in basso. Difficile è invece pronunziarsi, data la grande consunzione, sul pannello a otto scomparti (sette Storie di Cristo, quattro Santi) del Metropolitan Museuin di New York, riferito al B. dal Toesca.
Sembrerebbero piuttosto della cerchia e dei seguaci le tavolette con la Crocefissione e Storie della Passione della Pinacoteca di Bologna, nonché l'Ecce Homo del Museo di Moulins e il gruppo di Storie della Passione suddiviso tra Venezia (Accademia), Berlino e collezione privata romana.
Convincente e suggestiva è l'attribuzione al B., proposta dal Longhi e confermata dallo Zeri, degli affreschi del refettorio di Pomposa, che, con la tavoletta della Vaticana, il dossale della Galleria Nazionale di Roma, e quell'altro che a questo fa pendant ed è conservato nella collezione Marzotto di Roma, costituirebbero le tappe del suo percorso nel quarto decennio del secolo: esse precedono il polittico ora a Urbino dal quale discende quello di Mercatello che segna, per la parte che lo riguarda, l'evidente involuzione del Baronzio.
L'arte del B., pur non grande, ha un significato non trascurabile nell'ambito della scuola riminese del Trecento, che si andava svincolando dall'influenza bizantina per accostarsi gradualmente all'insegnamento di Giotto.
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