BARONI, Giovanni
Nacque a Rossano Veneto, da Costantino e Giulia Compostella, ed entrò a far parte del comprensorio ceramico delle Nove (1802) in un momento di particolari difficoltà, cioè nel periodo in cui persino gli Antonibon preferivano cedere le proprie iniziative di fronte alla crisi economica che si era accentuata, alla fine della Repubblica veneta, per la caduta del regime protezionistico veneziano e il conseguente allargarsi dei mercati.
Il B. ottenne (1802) la gestione da Gian Battista II Antonibon, figlio di Pasquale I avviando il lavoro con un capitale di 68.500 lire annue, con 60 dipendenti per un'annua produzione di 36.500 pezzi.
Al pari del Baccin, del Parolin e, soprattutto, dei vari componenti della dinastia degli Antonibon, è da considerarsi uno di quei provvidi elementi della categoria imprenditoriale, che, fra i ceramisti delle Nove, riuscirono, attraverso sane e intelligenti direttive, a catalizzare l'opera dei più provveduti ed esperti operai e artisti entro un complesso produttivo artisticamente valido ed economicamente solido e proficuo.
Al B. va anche il grande merito (nel campo delle porcellane e delle maioliche) di avere mantenuto nella principale fabbrica delle Nove un continuo aggiornamento sia per quanto concerneva le forme, sia in merito alle decorazioni, grazie al quale le sue produzioni accoglievano le più eleganti e avanzate soluzioni stilistiche, il cui gusto era amorosamente coltivato nella vicina Bassano specialmente dai due Remondini (Giuseppe e Antonio), dal Gamba, dal Roberti e da tutta una nobiltà terriera che vantava un'intelligente adesione ai movimenti culturali più aggiomati.
Proprio col B., nella grande manifattura degli Antonibon, il Marcon (Giovanni), pittore di porcellane, e il Bosello (Domenico), formatore e plasmatore di figurine e di gruppi, arrivarono al più alto grado della loro evoluzione creativa. Del primo assai pregevoli ed esemplari le traduzioni eseguite, con mano leggera e disinvolta, dei fatti napoleonici,.le raffigurazioni dei soldatini (decorazioni di soldatini furono presentate a Napoleone il 16 ag. 1807 a Vicenza), i racconti tratti dalle "storie", dai libri di poesie e dai libretti di teatro scelti fra gli infiniti volumi che ancora in quel periodo i Remondini stampavano a Bassano. Il gusto delle sue operette, certamente ordinate dal B., è in larga misura influenzato dall'allargarsi, ad opera della sconvolgente (per i conservatori veneti) azione napoleonica, dell'orizzonte culturale europeo .
Nel periodo Baroni (1802-1825), perciò, alle Nove si tiene d'occhio la raffinata, produzione francese più di quanto non sia stato fatto durante il secolo precedente e appaiono forme nuove che irrigidiscono la grazia del prezioso "barocchetto" settecentesco, sulla scorta specialmente dei motivi provenienti da Sèvres, e si usa il *bleu du roi" e la crisografia con una certa abbondanza nella decorazione (nel 1823, a Venezia, il B. venne premiato con medaglia d'argento per le sue porcellane).
Nel campo della piccola plastica, invece, per effetto dell'azione del Bosello, resta più tenace il ricordo di certi marinaleschi e tiepoleschi umori e di certi familiari intimismi longhiani, nonostante la incombente presenza del fatto canoviano che chiede gli "efebi", le "virtù", le "grazie" e le "veneri".
La fabbrica continua ad arricchirsi, specialmente per l'esecuzione di questi oggetti di piccola plastica, dì stampi, alcuni dei quali ancor oggi sono conservati.
Amplissima è la produzione di repertorio, avviata sempre più decisamente sulle espressioni del neoclassicismo: fìoriere, bruciaprofumi, teiere, vasi, piatti da parata e da uso per grandi servizi risentono, oltre che della influenza francese, anche di quella di Wedgwood, della scuola di Vienna e delle fabbriche di Este e di Treviso.
Sempre nel periodo Baroni. vengono eseguite quelle tipiche chicchere e quei piattini e teiere dipinti esternamente in marrone e internamente decorati "en trompe-Poeil" con riproduzioni di stampette e monocromi di paesaggio per lo più in seppia.
I vasi sono movimentati da mascheroni, sirene, cammei, encarpi festonati: spesso in bianco. Al "bleu du roi" si unisce l'uso abbondante della porpora di Cassio e la decorazione tende al minuto e al minuzioso, non tanto tuttavia da non consentire quelle divagazioni, che spesso sono simpatici errori di sintassi disegnativa, che si notano specialmente nella realizzazione della figura e che rappresentano, più che una mancanza di preparazione, l'insorgere continuo di quella particolare e spiritosa civiltà campagnola che, da sempre, è la piattaforma su cui si muove la ceramica delle Nove.
Già dal 1820, tuttavia, l'iniziativa aveva perso molto del suo slancio e praticamente si avviava alla sua conclusione: il figlio Paolo, che pare non avesse lo stesso interesse del padre per le ceramiche, subentrava nell'anuffinistrazione.
Nel 1825 il B. consegnò la manifattura a Giovan Battista (III) e Francesco Antonibon, sotto la cui diretta conduzione si ritornò alla riproduzione dei modelli settecenteschi con esiti non sempre felici.
Bibl.: Per la storia della ceramica delle Nove cfr. N. Barbantini, Le porcellane di Venezia e delle Nove (catal. della Mostra di Ca, Rezzonico), Venezia 1936; vedi, inoltre, C. Baroni, Ceramiche veneziane settecentesche: La manifattura di Nove,in Archivio veneto, LXII (1932), J)p. 249-259, 261 (con bibl.); A. Minghetti, Ceramisti,Milano 1939, pp.so s.; G. Barioli, Ceramiche antiche di Bassano, delle Nove e di Vicenza,Venezia 1954, pp.25-27, 38 n. 33; L. De Mauri, L'amatore di maioliche e porcellane, Milano 1956, p. 164; U. ThiemeF. Becker, Künstler-Lexikon, II, p. 519.