BARBERI, Giovanni
Nacque a Roma il 10 dic. 1748, dall'avvocato romano Filippo e da Petronilla Mutarelli di Benevento. Essendo il padre addetto al foro criminale, dove esercitava l'ufficio di procuratore dei poveri, anche il figlio fu avviato agli studi giuridici e sulle orme paterne si dedicò con zelo allo studio della giurisprudenza criminale. Dopo avere conseguito la laurea, fu nominato coadiutore del padre e nel 1777 Sposò Marianna Terisse, da cui ebbe tre figli.
Nel 1780 Pio VI nominò il B. fiscale generale del governo ed evidentemente egli in tale carica dovette rivelare notevole capacità ed intewgenza, poiché il papa lo volle ben presto nel numero dei suoi consiglieri. Data la sua carica, che comportava il titolo di "monsignore", il B. si trovò in costante contatto con il segretario di Stato, cardinale F. S. de Zelada, e più volte fu chiamato per conferire a lungo con lo stesso pontefice.
La stima di cui godeva negli ambienti della curia si notò soprattutto nel 1790, allorché a Roma fu celebrato il famoso processo contro Cagliostro, la cui istruttoria fu affidata proprio al Barberi. Terminato il processo con la severa condanna dell'avventuriero siciliano, il B., per incarico della suprema autorità pontificia, ne scrisse la vicenda, quale poteva dedursi dalla inaccessibile documentazione processuale della Sacra Inquisizione, nella opera anonima intitolata: Compendio della vita, e delle gesta di Giuseppe Balsamo denominato Conte Cagliostro, che si e estratto dal processo contro di lui formato in Roma l'anno 1790. E che può servire di scorta per conoscere l'indole della setta de' Liberi Muratori.
Tale opera, edita a Roma nel 1791 dalla stamperia della Rev. Camera Apostolica, è divisa in quattro parti. Nella prima si traccia un profilo biografico di Giuseppe Balsamo; nella seconda il B. fa una breve storia della massoneria in genere, soffermandosi particolarmente sul "rito egiziano" fondato dal Cagliostro; nella terza viene esaminata l'attività del Cagliostro quale supposto emissario e organizzatore dei Liberi Muratori; nella quarta infine si parla della loggia romana scoperta in quel torno di tempo. Se l'opera del B. è preziosa per la fonte documentaria cui s'ispira, se non è priva, almeno per quanto riguarda la ricostruzione della vita di Giuseppe Balsamo, di scrupoli filologici, nondimeno essa costituisce un'apologia della sentenza emessa dal Tribunale dell'Inquisizione e vuole apportare una valida pezza d'appoggio alla tesi dell'accusa, che ingiustamente considerò l'avventuriero siciliano come un esponente politico e un dirigente qualificato della massoneria. L'opera del B. rientra pertanto, per questo verso, nella pubblicistica del tempo, che diffuse la leggenda di un complotto dei filosofi deisti, ateisti e materialisti organizzato dalla massoneria per rovesciare i troni e gli altari, e i cui risultati si erano mostrati nella recente rivoluzione francese.
Poco tempo dopo, essendosi il re di Napoli rifiutato di pagare il tributo, quale vassallo della Santa Sede, al pontefice romano, il B., difensore dei diritti del fisco, fu incaricato di redigere l'atto solenne di protesta. Contemporaneamente egli era segretario di una Congregazione di cardinali, che aveva il compito di studiare e attuare i mezzi per arginare le idee rivoluzionarie dilaganti nella penisola e nello Stato pontificio.
Ma quando nel febbraio del 1798 a Roma s'instaurò, con l'aiuto dei Francesi, la repubblica giacobina e Pio VI fu trasportato a Firenze, il B., che pur sembra avesse più volte esortato i Romani a rispettare i rappresentanti del popolo francese e la comunità israelitica - cui si rimproverava di parteggiare per le nuove idee - fu accusato di avere avuto parte nella uccisione di Ugo de Basseville (1793) e del gen. Duphot (1797). Fu pertanto arrestato e imprigionato in Castel Sant'Angelo, donde fu liberato, però, qualche giorno dopo in seguito alla rimostranza della Santa Sede presso il ministro Talleyrand. Dopo questa vicenda, il B. si mise in salvo fuggendo a Orbetello, ma, processato e condannato a morte in contumacia dal governo repubblicano, cercò scampo nel convento dei padri passionisti di monte Argentario.
Terminata l'occupazione francese e avendo preso possesso della sua sede il pantefice Pio VII (1800), anche il B. patè: tornare in patria, dove il cardinale C:)nsalvi, nominato da poco segretario di Stato, gli affidò la sollecita riorganizzazione del Tribunale del governo, il ripristino del Tribunale supremo della Sagra consulta, la restituzione dei tribunali tutti dello Stato. Ebbe anche altri incarichi, come, per esempio, quello di presiedere ai regolamenti sanitari, per preservare la città dal contagio del colera scoppiato in quel tempo a Livorno.
Quando nel febbraio del 1808, riapertosi il conflitto fra Napoleone e la Santa Sede, il generale Miollis occupò di nuovo Roma, il B., che già due anni prima era stato accusato da una nota ministeriale del Talleyrand di alimentare il brigantaggio antifrancese, sebbene si fosse appena rimesso da una grave malattia, venne per la seconda volta arrestato e condotto a Castel Sant'Angelo. Essendo stato liberato, dopo quaranta giomi, specie per l'interessamento della principessa Borghese, fu relegato a Spoleto, mentre la sua famiglia era sloggiata dalla propria abitazione nel palazzo di governo. Dopo due anni gli fu concesso di rientrare a Roma, dove visse come privato cittadino, occupandosi particolarmente d ^ eh'educazione del figlio Andrea, fino al crollo dell'impero napoleonico. Nel maggio del 1814 monsignor A. Rivarola, giunto da Cesena a Roma con la carica di delegato apostolico per ristabilire il dominio temporale del pontefice, lo nominò membro della Commissione di Stato. Durante la successiva occupazione di Roma da parte delle truppe di Gioacchino Murat, il B. fece parte, nella vacanza di ogni potere civile, di una improvvisata Giunta di stato.
Ma con il definitivo ritorno di Pio VII, e soprattutto dopo quello del cardinale Consalvi da Vienna, il B. non solo riprese l'antica carica di fiscale generale del govemo, ma gli fu anche affidata la presidenza della commissione incaricata di compilare, dopo l'abrogazione della legislazione napoleonica e la restaurazione del diritto canonico, i nuovi codici penale e di procedura penale. Nello stesso periodo di tempo ebbe anche l'incarico di dirigere la repressione del brigantaggio e dell'opposizione politica nello Stato pontificio, nonché quello di compilare un nuovo codice sanitario. Durante una momentanea assenza del cardinale B. Pacca, nel 1816, ricoprì per breve tempo la carica di governatore di Roma. Nell'esercizio di tali compiti non fu privo di una certa umanità, pur nei ristretti limiti in cui questa era compatibile con l'odiosità della sua funzione.
Colpito da una violenta malattia, il B. morì, nel giro di quarantotto ore, il 14 agosto 1821.
Fonti e Bibl.: Cenni biogr. intorno a Mons. G. Barberi fiscale generale del Governo, scritti dall'avv. cav. Andrea Barberi, Collaterale di Campidoglio, accademico di religione cattolica, poeta arcade' e socio di altre Accademie, Roma 1837; D. Spadoni, Un patriota romano morto in S. Leo, l'avv. Tommaso Lamberti, in Rassegna storica del Risorgimento, XXV (1938), pp. 1075-1109.