BANDINI, Giovanni
Penultimo figlio di Pierantonio e di Cassandra Cavalcanti, nacque a Firenze nella seconda metà del sec. XVI. Suo padre, ricco commerciante, vissuto lungamente a Roma, investì ingenti capitali in proprietà terriere, tra cui il marchesato di Antrodoco, ed ebbe numerosa famiglia: cinque femmine e sette maschi, due dei quali, il primogenito Francesco, e l'ultimo, Ottavio, raggiunsero eminenti posizioni nella carriera ecclesiastica: l'uno presidente della Camera apostolica, l'altro prolegato in Bologna, arcivescovo di Fermo e cardinale.
Il B., dapprima destinato alle armi, si diede poi alla vita ecclesiastica, ottenendo da Enrico III di Francia l'abbazia di Villars. Il nipote di Clemente VIII e segretario di stato, cardinal Pietro Aldobrandini, si servì temporaneamente di lui tra il 1598 e il primo semestre del 1599, dopo che il nunzio pontificio in Francìa, cardinale de' Medici, conclusasi la pace di Vervins, venne richiamato a Roma. Il B. trattò allora gli affari della Curia presso la corte di Enrico IV mantenendosi in continui rapporti epistolari col cardinale Aldobrandini, fino a che non fu nominato il titolare della nunziatura in Francia nella persona del vescovo di Modena, Gasparo Selingardi. Infine il B., essendo tutti i suoi fratelli o morti senza prole o destinati a non averne perché ecclesiastici, per provvedere alla successione della propria famiglia rinunciò alla carriera ecclesiastica, non avendo ancora ricevuti gli ordini, e sposò una contessa Martelli, trasferendosi a Firenze all'inizio del nuovo secolo. Con lui tuttavia la famiglia Bandini si estinse perché egli dal matrimonio ebbe solo prole femminile; il marchesato di Antrodoco, di cui nel frattempo il B. era divenuto titolare, passò alla figlia Cassandra la quale lo portò in dote al balì Niccolò Giugni. Il granduca Ferdinando I lo ammise fra i gentiluomini della sua corte e il 26 sett. 1608 lo inviò ambasciatore straordinario alle repubbliche di Lucca e Genova ad annunziare ufficialmente il matrimonio del principe Cosimo, suo figlio, con Maria Maddalena d'Austria. Eletto senatore nel 1622, fu inviato a Parma per le condoglianze a Odoardo Farnese per la morte del duca Ranuccio.
Morì a Firenze il 29 apr. 1624.
L'unica missione diplomatica veramente importante compiuta dal B. fu quella svolta in Francia nel periodo di vacanza della nunziatura. Conforme alle istruzioni impartitegli da Roma, fece di tutto per opporsi alla pubblicazione dell'editto allora in progetto e che fu detto di Nantes. Enrico IV, una volta conclusa la pace di Vervins con la Spagna, si disponeva a mantenere le promesse fatte agli ugonotti: garanzia di sicurezza e libertà di culto a conferma del provvisorio editto di pacificazione del 1577. Ilpunto di divergenza più profondo e sostanziale, tra i cattolici da un lato e il re e gli ugonotti dall'altro, era quello riguardante il progetto di istituzione in seno ai Parlamenti di una Camera, o Consiglio, di quattordici membri, sei ugonotti e otto cattolici: troppo tenue e quasi illusoria maggioranza, ove si pensi che a eleggere i giudici cattolici avrebbe contribuito anche il voto degli ugonotti. La decisa opposizione del clero francese e di molta parte del Parlamento di Parigi e di quelli delle province, spalleggiata da Roma attraverso il B., per impedire la pubblicazione dell'editto, era destinata ad infrangersi di fronte alla volontà di Enrico IV, che, disposto solo a lievi modifiche, seppe abilmente guadagnarsi i più ostinati oppositori cattolici e qualche esponente dello stesso clero (come il Villiers che fu inviato ambasciatore a Venezia per allontanarlo).
La corrispondenza del B., relativa a tale periodo, che il Canestrini pubblicò nel 1845 (Lettere di G. B. al Cardinal Pietro Aldobrandini relative alla pubblicazione dell'Editto di Nantes 1598-1599, a cura di G. Canestrini, in Arch. stor. ital., Appendice, II [1845], pp. 409-460), è fonte di primaria importanza per intendere quali fossero le aspirazioni della Riforma, la tenace resistenza dei cattolici e gli interessi della Curia nel corso dei due anni che la commissione impiegò per discutere le basi e le condizioni dell'editto di Nantes.
Fonti e Bibl.: Firenze, Bibl. Naz. Centrale, ms. 158 bis, C. Passerini, Notizie sulla famiglia Bandinì, Carte Strozziane, Catalogo inventario, I serie, CLXXXI b, n. 21, cc. 300, 303; M. Del Mazzo, Gli ambasciatori toscani del Principato, Roma 1952, p. 129.