ARCHINTO, Giovanni
Nacque a Milano verso il 1732 (così il Forte; mentre la data dei 10 ag. 1736, indicata nel Carteggio di Pietro e di Alessandro Verri, p. 55, è senz'altro da respingere), dal conte Filippo e da Giulia Borromeo-Arese. Egli completò probabilmente i suoi studi nella università di Pavia, seguendo l'esempio della maggior parte dei suoi celebri parenti. Entrato in prelatura - nel 1749 divenne abate commendatario di S. Antonio di Milano - dovette buona parte della sua fortuna, per lo meno inizialmente, all'interessamento e alla protezione del potente zio, il cardinale Alberico, segretario di stato di Benedetto XIV. Venne così, nel 1758, a Roma dove il pontefice Clemente XIII lo nominò cameriere segreto e, nello stesso anno, lo inviò in Francia, latore della berretta cardinalizia all'abate F. j. de Pierre de Bemis, che sarà poi ambasciatore di Francia a Roma. A Parigi l'A. seppe guadagnarsi la stima e la simpatia di Luigi XV, con risultati altamente remunerativi, in quanto ìl re gli assegnò le rendite dell'abbazia benedettina di Saint-Faron nella diocesi di Meaux.
L'anno seguente, alla carica di referendario delle Due Segnature si aggiunse quella, di gran lunga più impegnativa, di vicelegato di Bologna. Qui rimase fino al 1766, ed evidentemente l'opera da lui svolta dovette soddisfare in pieno il pontefice, che, nominandolo arcivescovo in partibus di Filippi, volle affidargli la nunziatura di Firenze. Ma in questi primi anni di governo di Pietro Leopoldo nessuna importante questione impegnò l'Archinto. Nel 1769 Clemente XIV credette opportuno richiamarlo dalla Toscana, per insignirlo di cariche di rilievo nell'ambito della famiglia pontificia, spianandogli così l'ascesa nella vita ecclesiastica romana. In tal modo, all'ufficio di segretario dei memoriali si aggiunse, il 2 ott. 1772, quello di maggiordomo del pontefice e di prefetto del Palazzo apostolico. Sì che, alla morte del papa, avvenuta nel settembre 1774, l'A. era giunto a tal grado di dignità e considerazione nell'ambiente di curia che i cardinali lo designarono governatore del conclave, da cui doveva uscire il nuovo pontefice Pio VI.
Questi non solo lo confermò maggiordomo, ma - con un breve del 22 giugno 1775 - rinnovò ed aumentò i privilegi econornici delle cariche che l'A. rivestiva. Inoltre, in seguito al conferimento della porpora cardinalizia, che l'A. ottenne il 17 marzo 1776, a queste si aggiunsero quella di prefetto della Congregazione dei Riti, nel 1781, di protettore degli olivetani e degli agostiniani e, nel giugno 1795, di vescovo della diocesi suburbicaria di Sabina.
La storia della sua vita si riduce in tal modo a un lungo elenco di ricche dignità ecclesiastiche, cui si aggiungevano quelle della diocesi di Milano, con cui egli - benché fosse vissuto quasi sempre a Roma - aveva mantenuto stretti legami. Così, divenuto nel 1766 abate di S. Maria di Brera a Milano, uno dei pochi meriti (oltre quelli di pietà e devozione) che gli vengono riconosciuti è quello di avere incoraggiato l'eruditissimo Tiraboschi a scrivere la storia della Congregazione degli Umiliati, cui quella abbazia era appartenuta. Fu ancora abate di S. Lanfranco di Pavia e, nel 1793, di S. Girolamo di Como.
Con l'invasione francese dello Stato pontificio e la proclamazione, nel 1798, della Repubblica romana, all'A. toccò destino analogo a quello di quasi tutti gli altri cardinali: scacciato da Roma, si ritirò a Milano, ove visse ancora per poco, fino al 9 febbr. 1799.
Fonti e Bibl.: Arch. Segreto Vaticano, Firenze, voll.154, 155; Carteggio di Pietro e di Alessandro Verri, a cura di F. Novati, E. Greppi e A. Giulini, IV, Milano 1919, p. 55; P. Litta, Fam. cel. ital., Archinto,t av. IV; J. Gendry, Pie VI, I, Paris 1905, pp. 13, 59, 170, 455; L. Karttunen, Les nonciatures apost. Permanentes de 1650 à 1800, Roma 1912, p. 231; F. Forte, Archintea laus , Milano 1932, pp. 191-195; L. v. Pastor, Storia dei Papi, XVI, 2, Roma 1933, p. 83; XVI, 3, ibid. 1934, p. 27; Dict. d'Hist. et de Géogr. Ecclés., III, coll. 1553 s.