VISCARDI, Giovanni Antonio
Nacque a San Vittore, piccolo borgo della Mesolcina (Grigioni), da Bartolomeo e da una non meglio nota Barbara e fu battezzato il 27 dicembre 1645 (Zendralli, 1930, pp. 116 s.; Id., 1958, p. 146; Lippert, 1969, p. 136; Schmidle, 2014, p. 27). Il padre, di professione architetto e discendente da una famiglia di mastri costruttori, era attivo dal 1630 in Baviera, dove operò per la corte monacense e per alcuni ordini religiosi, svolgendo anche il ruolo di perito. Il rifacimento della chiesa e del monastero premonstratense di S. Salvatore a Bad Griesbach im Rottal (distrutti nel 1703) e la costruzione del convento agostiniano di Ranshofen (Braunau am Inn, Austria) rientrano fra i suoi lavori più rilevanti (Zendralli 1930, pp. 115 s.; Id., 1958, pp. 145 s.).
Quando egli morì, intorno al 1654, Giovanni Antonio aveva appena nove anni, e perciò l’apprendimento dei rudimenti dell’architettura per via paterna gli fu precluso. Sulla formazione professionale del giovane Viscardi si possono avanzare solo ipotesi, non essendo pervenuta alcuna informazione puntuale o documentazione a riguardo. Non è improbabile, tuttavia, che egli frequentasse la cerchia di qualche capomastro o costruttore ticinese, fra i diversi originari della vicina Roveredo, che, come il padre, facevano la spola fra la Baviera e la terra d’origine (Lippert, 1969, p. 128).
A quegli anni o al decennio successivo, gli anni Sessanta del Seicento, si deve far risalire l’avvio dei rapporti fra Giovanni Antonio e gli Zuccalli, una delle più importanti e influenti dinastie di mastri costruttori dell’epoca. Nel 1674 lo ritroviamo nel cantiere del santuario di Altötting, a fianco di Enrico, come direttore dei lavori (Lippert, 1969, p. 136; Heym, 1996).
All’epoca Viscardi, come tutti i lavoratori stagionali, trascorreva i mesi primaverili ed estivi in Baviera, per rientrare, durante l’inverno, a San Vittore.
Qui, nel 1675, l’architetto sposò Maria Maddalena Tognola, che diede alla luce sette figli, nati fra San Vittore e Monaco; il primogenito, Bartolomeo, nato in quell’anno, fu tenuto a battesimo da Giovanni Zuccalli, padre di Enrico, a dimostrazione degli stretti legami instauratisi fra le due famiglie (Zendralli, 1958, p. 151; Lippert, 1969, p. 128).
La conoscenza di lunga data e la collaborazione con gli Zuccalli favorì l’inserimento di Viscardi nell’ambiente della corte monacese dei Wittelsbach. Fu su espresso invito del principe elettore Ferdinando Maria, infatti, che Viscardi si trasferì definitivamente con la famiglia a Monaco nel 1676. Per il maestro ticinese iniziò, dunque, l’ascesa professionale. Nel 1678, dopo che nel biennio precedente aveva diretto il restauro e la ricostruzione secondo forme barocche del castello di Blutenburg su incarico del barone Anton von Berchem, Giovanni Antonio fu chiamato a sostituire l’allora scomparso Gaspare Zuccalli come capomastro di corte. Successivamente, nel 1682, il principe reggente Massimiliano Emanuele, figlio primogenito di Ferdinando Maria e di Enrichetta Adelaide di Savoia, gli affidò l’ampliamento del Josephspital, per poi promuoverlo ad architetto di corte nel 1685.
Occasionalmente Viscardi si dedicò alla realizzazione di apparati effimeri per cerimonie, per festività e per rappresentazioni teatrali, mentre la commissione di corte più prestigiosa, riguardante il complesso del castello di Schleißheim, rimase di competenza di Enrico Zuccalli; all’architetto ticinese fu concesso di supplire il collega, durante le assenze di questi, per ispezionare il prosieguo dei lavori.
Nonostante il ruolo di secondo piano, Viscardi godette di crescente successo e di fiducia da parte dei committenti e ciò accrebbe in Zuccalli un sentimento di invidia, che presto si trasformò in rivalità (Münchener Architektur…, 1892; Zendralli, 1958, p. 146; Lippert, 1969, p. 129). Sfruttando il pretesto di un contenzioso circa un appezzamento di terra di comune proprietà nei pressi dello Schwabinger Tor, Enrico riuscì a sfiduciare Giovanni Antonio, tanto da provocarne, nel 1689, la sospensione dall’incarico di architetto di corte.
Seguirono, dunque, dodici anni di sospensione condizionale, durante i quali Viscardi s’impose come libero professionista, accumulando una cospicua serie di commesse da parte sia di ordini religiosi, sia della nobiltà gravitante attorno alla corte dei Wittelsbach. Come imprenditore edile gestì la costruzione del liceo dei gesuiti di Landshut (1688-93), cui seguì la costruzione del santuario della S. Croce di Loh (nei pressi di Deggendorf in Baviera), per l’abate benedettino di Metten.
Furono probabilmente le positive referenze landshutiane a convincere un altro abate, Balduin Helm, ad affidare all’architetto ticinese la prestigiosa progettazione del nuovo complesso monastico dei cistercensi a Fürstenfeld, che si protrasse dal 1691 al 1699, mentre solo nel 1700 si pose la pietra di fondazione dell’annessa chiesa. A fianco di Viscardi comparve, come collaboratore, Martin Gunetzrhainer; questo sostegno consentì a Giovanni Antonio di sottoscrivere altri contratti (ad esempio con le salesiane di Monaco di Baviera, per l’edificazione del convento in città, sulla Damenstiftgasse, o per l’erezione della residenza estiva degli abati di Fürstenfeld a Ried am Ammersee).
Nel 1692 l’architetto ticinese ebbe modo di riavvicinarsi agli ambienti della corte, poiché padre Agostino Spinelli, sovrintendente all’edificazione della Theatinerkirche, di fondazione principesca, lo pose a capo del cantiere dell’annesso complesso monastico. Da questo ruolo Giovanni Antonio fu costretto a dimettersi tre anni dopo, a causa delle persistenti e ostacolanti interferenze del rivale Zuccalli.
Fortunatamente l’accaduto non ebbe ripercussioni sulla carriera di Viscardi, dato che continuò a essere impegnato in diversi progetti, soprattutto per edifici profani, in tutta la Baviera. All’incalzante susseguirsi di impegni Giovanni Antonio riuscì a sopperire grazie a una squadra di fidati e competenti collaboratori, organizzati in una sorta di vera e propria impresa edile; fra questi, oltre al già menzionato Gunetzrhainer, si annoverano il compaesano Antonio Andreota, Johann Georg Ettenhofer, Georg Martin Puchtler e Vittore Toni (Lippert, 1969, p. 130).
Nel 1695 il duca Massimiliano Filippo di Baviera-Leuchtenberg commissionò a Giovanni Antonio la costruzione del cosiddetto Kleines Schloß («piccolo castello») a Türkheim im Allgäu, mentre il conte Franz von Haunsperg lo coinvolse nella ricostruzione del complesso dello Schloss Hofberg a Oberköllnbach presso Landshut, che si protrasse per cinque anni.
Fra i mecenati di Viscardi si annovera il conte Ferdinand Franz Lorenz Xaver von Tilly zu Breitenegg – discendente del più noto Johann T’Serclaes von Tilly, comandante delle truppe imperiali durante la guerra dei Trent’anni – che dapprima gli affidò compiti d’ispezione presso i suoi possedimenti nell’Alto Palatinato e nell’Alta Austria, per poi nominarlo responsabile della riprogettazione, secondo forme barocche, dello Schloss Helfenberg presso Lengenfeld (Velburg). Del rigoglioso complesso residenziale, cui parteciparono, per le decorazioni ad affresco e a stucco, gli Asam, nota dinastia di frescanti e pittori bavaresi, e Nicolò Perti, non restano oggi che rovine.
Fra il 1693 e il 1697 sono documentati diversi soggiorni invernali di Giovanni Antonio a San Vittore, dove egli ottenne le cariche onorifiche di «ministrale», «landamanus» e «praeses» (Zendralli, 1958, p. 152; Lippert, 1969, p. 130). Qui ampliò, inoltre, palazzo Viscardi, eretto dal padre e oggi sede del Museo Moesano.
A partire dall’anno 1700 s’infittirono i progetti di edifici ecclesiastici, ambito nel quale Viscardi si affermò come protagonista indiscusso sul territorio bavarese. Egli avviò la costruzione della chiesa parrocchiale a Steindorf presso Mering e quella annessa al monastero di Neustift (Freising), terminata nel 1713 e consacrata nel 1722. Alla decorazione di quest’ultima parteciparono il frescante Johann Baptist Zimmermann, lo stuccatore Franz Xaver Feichtmayr e lo scultore Ignaz Günther. Il culmine artistico di questa rigogliosa fase è rappresentato dal santuario di Maria Ausiliatrice di Freystadt, considerato una pietra miliare della storia dell’architettura sacra del XVIII secolo (Schmidle, 2014, pp. 131-172). Ottenuto l’incarico dal conte von Tilly, Viscardi edificò la chiesa adattando noti prototipi italiani di chiese a pianta centrale, sormontate da cupola (Schütz, 2000), sviluppati da Gian Lorenzo Bernini, Francesco Borromini, Carlo Rainaldi e Carlo Fontana, ma anche esempi lombardi o nordici, come quelli di Guarino Guarini (Hubala, 1972; Heisner, 1971, p. 2). A questo proposito negli studi non si escludono soggiorni di studio e ricerca a sud delle Alpi, tenutisi forse nel corso degli anni Novanta del Seicento, come prosecuzione delle tappe a San Vittore (Heisner 1971, p. 2); si tratta, tuttavia, di ipotesi prive di appigli documentari. Ancora impresso, inoltre, doveva essere il ricordo della collaborazione con Zuccali ad Altötting, per cui il collega si era ispirato alle berniniane S. Maria dell’Assunzione ad Ariccia e S. Andrea al Quirinale a Roma.
Il 1702 coincise con un evento importante per Viscardi, ossia l’attesa riassunzione alla corte dei Wittelsbach, nonché con l’ottenimento del diritto di cittadinanza e di maestranza. L’architetto si rioccupò della costruzione dei due padiglioni laterali del castello di Nymphenburg e delle gallerie di collegamento al corpo centrale, su progetto di Zuccalli, e fu attivo nella palazzina di Lustheim (Schloss Schleißheim).
Nel frattempo imperversava in Europa la guerra di successione spagnola, con risvolti nefasti per la Baviera, soprattutto dopo la battaglia di Höchstädt (13 agosto 1704), nella quale le truppe franco-bavaresi furono sconfitte rovinosamente dagli anglo-olandesi e dagli imperiali. Il conseguente ritiro in esilio a Bruxelles del principe elettore Massimiliano Emanuele e il subentro dell’amministrazione austriaca ebbero ripercussioni negative anche sulle imprese architettoniche di Viscardi, che subirono rallentamenti. Sul piano professionale, invece, per lui si verificarono accadimenti inaspettati e positivi: dopo il 1704, mentre Zuccalli e Giovanni Andrea Trubillo furono licenziati, Viscardi fu elevato all’incarico di kaiserlicher Hofbaumeister («perito edile di corte imperiale»), titolo che nelle fonti ricorre dal gennaio del 1708 (Zendralli, 1958, p. 149; Lippert, 1969, p. 131; Schmidle, 2014, pp. 168-170). Fra i diversi impegni, il suo precipuo compito fu quello di ispezionare fortificazioni e caserme fra Ingolstadt, Starnberg, Burghausen, Landshut, Straubing e Rain am Lech.
Non mancarono, inoltre, ulteriori incarichi nell’ambito civile ed ecclesiastico, come la Bürgersaal e Bürgersaalkirche (1709-11) per le riunioni della congregazione maschile mariana devota all’Annunciazione di Maria, fondata nel 1610, e la Maximiliankapelle nel duomo di Frisinga (1710), al cui progetto prese parte anche Johann Andreas Wolff. Il 1710 coincise anche con la consacrazione del santuario di Freystadt, impreziosito dagli stucchi di Pier Francesco Appiani e dagli affreschi di Georg Asam e dei figli.
L’anno successivo, nel 1711, venne posata la pietra di fondazione della chiesa della SS. Trinità, gioiello della Monaco settecentesca, che, dopo il santuario di Freystadt, costituisce l’altro punto culminante del percorso professionale di Viscardi (Schmidle, 2014, pp. 173-294). Eretto come ex voto da parte degli Stati provinciali bavaresi per la protezione della città dalla distruzione durante la guerra di successione spagnola, l’edificio è ricco di rimandi all’architettura tardo-barocca italiana, soprattutto borrominiana, per la movimentata facciata concavo-convessa. La chiesa, che reca nella volta gli affreschi di Cosmas Damian Asam (1714-15), fu portata a compimento solo nel 1718, da Johann Georg Ettenhofer, dato che il suo architetto era già scomparso.
Alle ultime imprese di Viscardi vengono ascritti la costruzione del campanile dell’abbazia premonstratense di Schäftlarn (1710-12), l’erezione della collegiata dei Ss. Martino e Castulo a Landshut e il palazzo per la contessa Maria Adelheid Theresia von Rivera (nata von Preysing) a Erding presso Monaco (1712).
Morì in un giorno della tarda estate del 1713 e fu seppellito il 9 settembre successivo nel cimitero francescano, nei pressi della Residenz elettorale a Monaco, dopo che nel luglio precedente gli erano stati conferiti i titoli di Hofober- und Landbaumeister (Zendralli, 1958, p. 150; Lippert, 1969, p. 131). A lui è dedicato, con il nome di Viscardigasse, il passaggio pedonale fra la Residenzstraße e la Theatinerstraße nella sua città d’adozione.
Fonti e Bibl.: Münchener Architektur des 18. Jahrhunderts, a cura di O. Aufleger - K. Trautmann, München 1892, p. 2; A.M. Zendralli, Graubündner Baumeister und Stukkatoren in deutschen Landen zur Barock- und Rokokozeit, Zürich 1930, pp. 115-126; N. Lieb, V., G.A., in U. Thieme - F. Becker, Allgemeines Lexikon der bildenden Künstler, XXXIV, Leipzig 1940, pp. 401-403; A.M. Zendralli, I magistri grigioni. Architetti e costruttori, scultori, stuccatori e pittori – dal 16° al 18° secolo, Poschiavo 1958, pp. 144-152; K.L. Lippert, G.A. V.: 1645-1713. Studien zur Entwicklung der barocken Kirchenbaukunst in Bayern, München 1969; B.F. Heisner, G.A. V.'s Mariahilfkirche at Freystadt: an analysis of ist forms, sources, and significance, tesi di dottorato, University of Michigan 1971; E. Hubala, Guarineskes an der Fassade der Münchener Dreifaltigkeitskirche, in Das Münster, XXV (1972), 2-3, pp. 165-172; M. Pfister, Baumeister aus Graubünden, Wegbereiter des Barock: die auswärtige Tätigkeit der Bündner Baumeister und Stukkateure in Süddeutschland: Österreich und Polen vom 16. bis zum 18. Jahrhundert, Chur 1993, pp. 66-74; S. Heym, G.A. V., in The Dictionary of Art, New York 1996, XXXII, pp. 602 s.; S. Heym, Henrico Zuccalli und der Kreis der Graubündner Baumeister am kurbayerischen Hof in München, in Graubündner Baumeister und Stukkateure, a cura di M. Kühlenthal, Locarno 1997, pp. 111-163; B. Schütz, Die kirchliche Barockarchitektur in Bayern und Oberschwaben, 1580-1780, München 2000, p. 122; K. Schmidle, Die Wallfahrtskirche Maria Hilf bei Freystadt und die Dreifaltigkeitskirche in München: zwei Hauptwerke des Architekten G.A. V. (1645/47-1713), München 2014.