MOLINERI, Giovanni Antonio
MOLINERI (Molinari, Mulinari), Giovanni Antonio (Antonino). – Nacque a Savigliano da Gabriele e Lucrezia Dolce, figlia del pittore Pietro, e fu battezzato il 12 ott. 1577 (Schede Vesme, IV, p. 1500).
Le fonti seicentesche ricordano un apprendistato presso lo studio dello zio Giovanni Angelo Dolce, figura chiave nella cultura tardomanierista del Piemonte meridionale, e un successivo soggiorno di perfezionamento a Roma, probabilmente a partire dai primi anni del 1600.
Nel 1609, infatti, il M. veniva interpellato dal saviglianese Ercole Biga, probabile autore della prima biografia del pittore (Goria, 1999, pp. 47-49), con la mediazione del giurista e protonotario apostolico Scipione Muratore, al fine di cercare un maestro per il figlio, Giacomo Antonio, futuro architetto. Dalla corrispondenza intercorsa emerge come lo stesso M. si proponesse di offrire ospitalità al giovane. La permanenza a Roma del M. è documentata sino al 1615.
Ritornato in patria per risolvere contenziosi relativi all’eredità dello zio Giovanni Angelo (Id., 1998, p. 154), nel 1616 fu di nuovo a Roma per poi fare ritorno a Savigliano entro la fine dello stesso anno. Un documento testimonia, infatti, che il 2 genn. 1617 rogava in Savigliano una procura a nome di Giovanni Francesco Giubarengo per la riscossione di un prestito a favore del pittore caravaggesco Bartolomeo Manfredi (Id., 1996, p. 185).
Il documento ha permesso di confermare un diretto rapporto con ambienti legati a Michelangelo Merisi. La critica, a più riprese, ha posto in luce l’adesione a modelli caravaggeschi, seppur mediata da influenze classiciste, specialmente nelle opere eseguite immediatamente dopo il ritorno in patria, come la Madonna con il Bambino e i ss. Giuseppe e Carlo Borromeo (1615-18) e l’Orazione di Gesù nell’orto (1618-19) della chiesa di S. Maria della Pieve di Savigliano, nel quartiere in cui il M. aveva fissato la residenza.
Non è emerso, invece, alcun attestato di commissione, né alcuna opera romana del M., né sono stati rintracciati documenti che motivino l’utilizzo del soprannome Carraccino, con chiaro riferimento a un alunnato presso i Carracci a Roma, o eventualmente a Bologna, riportato dalle fonti locali settecentesche e diffuso nei repertori del XIX secolo, sulla base di una ipotetica cronaca manoscritta (Schede Vesme, IV, pp. 1498 s.) del monastero benedettino di S. Pietro di Savigliano, per il quale il M. eseguì diverse opere tra cui gli affreschi con il Martirio dei ss. Pietro e Paolo, firmati e datati al 1621.
Il 12 dic. 1618 venne battezzato il primogenito del M., Gabriele.
Dal 1619 è documentata l’attività per la corte torinese, con pagamenti per lavori in palazzo ducale. Negli inventari di corte sono indicati vari dipinti tra i quali è stato rintracciato il Martirio di s. Paolo (Torino, Galleria Sabauda; Gabrielli, p. 174).
Priva di opere certe è la produzione del M. come ritrattista. Espunte da F. Clivio (pp. 15-18) alcune tele tradizionalmente riferitegli, le uniche testimonianze attendibili sono costituite dalle incisioni eseguite da Giovenale Boetto e dalla lettera encomiastica pubblicata dal letterato di corte e storiografo Valeriano Castiglione (1642; Goria, 1998, p. 156).
Controversa per datazione, ma sicura attestazione del credito goduto dal pittore, è la Madonna del Rosario (Reano, parrocchiale di S. Giorgio) per Amedeo Dal Pozzo nelle cui collezioni si trovavano altre opere del M. a oggi non identificate (Cifani - Monetti, pp. 224-226). A Torino eseguì il Trasporto di Cristo al sepolcro nella chiesa di S. Dalmazzo, su committenza di Ludovico Tesauro (1623-24).
L’agiatezza raggiunta dal M. è certificata, a partire dal 1620, dagli acquisti di terre e di edifici in Savigliano, nei quartieri di Pieve e S. Giovanni, contemporaneamente a una ascesa sociale che lo portò a ricoprire varie cariche comunali (Goria, 1998, p. 156). Nel 1620 nacque Lucrezia e nel 1622 Giovanni Battista, cui seguirono Gioannina e Ludovica (Id., 1996, p. 189). Gli anni successivi sono caratterizzati da una continua attività, spesso con il reimpiego degli stessi modelli compositivi e tipologici nelle province di Cuneo e di Torino. In S. Agostino di Carignano il M. eseguì tre pale d’altare: Immacolata Concezione, Battesimo di Cristo e S. Nicola da Tolentino (Id., 1998, p. 156). Da quest’ultima deriva la tela per la chiesa agostiniana di S. Giovanni di Alba. Nel territorio della diocesi albese si ricorda la Madonna con il Bambino, i ss. Bernardino da Siena, Carlo Borromeo e due confratelli per la Confraternita di S. Bernardino, risalente al 1620 (Accigliaro, pp. 102 s.).
Di particolare impegno fu la commissione per la chiesa di S. Sebastiano di Cuneo.
Tra il 1625 e il 1626 eseguì l’ancona del coro, Cristo crocifisso con i ss. Sebastiano, Rocco e due disciplinanti in orazione (i quadretti laterali e la cimasa con lo Spirito Santo, sono perduti) e nel 1628-29 affrescò gli Evangelisti nei pennacchi (Moccagatta, pp. 59, 79-81). Assai simile è il S. Francesco in adorazione del Crocifisso (firmato e datato 1625) dipinto per il convento di S. Caterina di Savigliano (ora in S. Bernardino, Saluzzo).
Nel 1627 eseguì la Deposizione della chiesa di S. Bernardino a Villafranca Piemonte e la Coena Domini in S. Maria della Pieve a Savigliano (Goria, 1998, p. 157), su commissione di Petrino Biga, parente di Ercole. Dovette a Scipione Muratore la commissione della Pentecoste in S. Andrea a Savigliano (1629-30). Lo stendardo dipinto per la festa della traslazione da Roma delle reliquie dei santi martiri Benedetto, Giusto e Taddea nel monastero di S. Pietro in Savigliano fu tra le ultime opere eseguite dal M. (Castiglione, 1630). Databili tra il 1630 e il 1631 le pale per i cappuccini di Torino e il S. Marziano di Genola. Nell’aprile 1631 il M. fece testamento ed era già deceduto il 16 giugno, quando fu stilato l’inventario dell’eredità (Goria, 1996, pp. 186 s.).
Nel primo documento figurano come testimoni i pittori Giulio Ellena e Costanzo Arbaudi, molto probabilmente collaboratori o soci del M., dal momento che lo stesso predispose che il figlio Giovanni Battista dovesse prestare il materiale di bottega all’Arbaudi, qualora questi ne facesse richiesta.
Giovanni Battista continuò l’attività paterna ed è ricordato nei documenti sino al 1665; ebbe un figlio, Emilio (1663-1731), anch’egli pittore (Schede Vesme, II, p. 711).
Fonti e Bibl.: V. Castiglione, Sacre pompe saviglianesi nella traslatione de’ santi martiri Benedetto, Giusto, e Tadea, Torino 1630, p. 17; Id., Lettere di ringratiamento, e di lode, Torino 1642, p. 29; F. Durando di Villa, Ragionamento pronunciato il 18 aprile 1778 per servire all’istituzione dell’Accademia di pittura e di scultura di Vittorio Amedeo III, premesso ai regolamenti della R. Accademia, in Regolamenti della Reale Accademia di pittura e scultura di Torino, Torino 1778, p. 27; G. Della Valle, Notizie degli artefici piemontesi in Vasari: La vita de’ più eccellenti pittori, scultori e architetti (Siena 1794), a cura di G.C. Sciolla, Torino 1990, pp. 30, 32, 34, 39; L. Lanzi, Storia pittorica dell’Italia dal risorgimento delle belle arti fin presso la fine del XVIII secolo, III, Bassano 1798, pp. 246 s.; G.F. Galeani Napione, Ragionamento intorno alle pitture di G.A. M. che sono in Savigliano al signor conte Giuseppe Franchi di Pont, in Vite ed elogi d’illustri italiani, Pisa 1818, pp. 225-228; C. Novellis, Biografia di illustri saviglianesi, Savigliano 1840, pp. 1191-1228; C. Turletti, Storia di Savigliano, II-III, Savigliano 1885, ad ind.; A. Bonino, G.A. M., pittore di Savigliano, Torino 1930; Prima mostra del pittore saviglianese G.A. M. (1577-1645?) (catal.), a cura di A. Olmo, Borgo San Dalmazzo 1958; V. Moccagatta, Avvio ad una revisione critica delle opere di G.A. M., in Bollettino della Società piemontese di archeologia e belle arti, n.s., XII-XIII (1958-59), pp. 42-82; Schede Vesme …, II, Torino 1966, pp. 708-714; IV, ibid. 1982, pp. 1498-1502; N. Gabrielli, Galleria Sabauda, Torino 1971, ad ind.; A. Olmo, Iconografia molineriana: il pittore G.A. M. detto Antonino da Savigliano, Savigliano 1974; F. Clivio, «L’immagine è di gran principe come le maniere di gran pittore»: G.A. M. saviglianese, in Bollettino della Società per gli studi storici, archeologici ed artistici della provincia di Cuneo, LXXXVI (1982), pp. 15-19; La pittura in Italia, Il Seicento, Milano 1989, I, ad ind.; II, pp. 819 s.; A. Cifani - F. Monetti, Novità per il pittore G.A. M. di Savigliano, in Arte cristiana, n.s., LXXXIV (1996), pp. 224-226; C. Goria, Nuovi documenti sul pittore G.A. M., in Bollettino della Società per gli studi storici, archeologici ed artistici della provincia di Cuneo, CXIV (1996), pp. 185-191; Id., G.A. M. (Savigliano 1577-1631), in Realismo caravaggesco e prodigio barocco: da M. a Taricco nella grande provincia (catal.), a cura di G. Romano, Savigliano 1998, pp. 154-157; W. Accigliaro, Testimonianze dall’Albese per la mostra «Realismo caravaggesco e prodigio barocco da M. a Taricco nella grande provincia», in Alba Pompeia, n.s., XX (1999), 1, pp. 100-104; C. Goria, Le lettere di Ercole Biga ai «pittori eccellentissimi» G.A. M. e Carlo Vacca, in Studi piemontesi, XXVIII (1999), 1, pp. 47-62; Id., G.A. M., in Percorsi caravaggeschi tra Roma e Piemonte, a cura di G. Romano, Torino 1999, pp. 305-342; Id., G.A. M. da Savigliano e il naturalismo nella «grande provincia», in Proporzioni, n.s., I (2000), pp. 132-149; Id., L’immagine della città ducale tra tarda maniera e naturalismo moderno, in Cantieri e documenti del Barocco. Cuneo e le sue valli (catal.), a cura di G. Romano - G. Spione, Cuneo 2003, pp. 46-49; C. Goria Coluccia - M.F. Palmiero, Per una storia figurativa saviglianese del Sei e Settecento, in Una gloriosa sfida. Opere d’arte a Fossano, Saluzzo, Savigliano 1550-1750 (catal.), a cura di G. Romano - G. Spione, Savigliano 2004, pp. 121, 125-130; C. Goria, Gli anni del rinnovamento tra naturalismo romano e modelli figurativi genovesi, in La carità svelata. Il patrimonio storico artistico della confraternita e dell’ospedale di S. Croce in Cuneo (catal.), a cura di G. Galante Garrone - G. Romano - G. Spione, Cuneo 2007, pp. 209-212; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXV, p. 36.