MIGLIORATI, Giovanni Antonio
– Nacque a Genova il 2 maggio 1825 da Elia Giovanni Battista, nobile, patrizio di Prato e di Firenze, e da Ersilia Raggi, sposata in seconde nozze.
Il 21 marzo 1846 entrò come volontario al ministero degli Esteri sardo. Nel 1848 prese parte alla prima guerra d’indipendenza come volontario nella brigata «Guardie», sotto il comando del duca di Savoia Vittorio Emanuele, e l’8 maggio fu nominato sottotenente nel 3° reggimento di fanteria della brigata «Piemonte»: congedato il 10 ott. 1848, rientrò al ministero mantenendo il grado e l’uso dell’uniforme. Nel dicembre 1848 iniziò la carriera diplomatica come addetto di legazione a Costantinopoli. Da lì, durante la guerra che seguì alla rivoluzione ungherese, il M. si occupò, nel marzo del 1849, della missione del colonnello A. Monti e delle sue vicende di comandante della Legione italiana. Il 5 maggio 1849 fu promosso segretario di legazione di seconda classe mantenendo come sede quella di Costantinopoli, dove restò fino al 1852, quando, il 27 novembre, fu trasferito a Roma con il grado di segretario di legazione di prima classe, divenendo poi reggente di legazione dal 3 sett. 1854 al 15 genn. 1858.
I difficili rapporti con la Chiesa, causati dalla politica ecclesiastica di C. Benso conte di Cavour – con misure quali l’abolizione del foro ecclesiastico, la limitazione delle feste religiose e, nel 1855, la soppressione delle comunità religiose –, avevano reso Roma sede poco gradita ai diplomatici sardi che per tale motivo vi restavano per brevi periodi e facendo vita ritirata: quello del M. fu, invece, uno dei mandati più duraturi e più proficui alla causa italiana; fu, infatti, nel periodo del M. «che, fra la legazione sarda e il partito liberale romano, cominciarono i primi affiatamenti, e corsero le prime intelligenze» (De Cesare, p. 197). Il M. fu coadiuvato in questo senso dal cancelliere della delegazione, D. Silvagni, noto liberale romano che molto si diede da fare per favorire i contatti con l’ambiente cittadino.
A Roma il M. ebbe un ruolo di rilievo in due questioni che riguardavano la diffusione di notizie sulle condizioni dello Stato papale: nella prima difese F.A. Gualterio che, per aver scritto – alla vigilia del congresso di Parigi e nella sede della legazione sarda – un memorandum sul «dominio di casta» che era all’origine dei mali che affliggevano lo Stato pontificio, era stato invitato a lasciare Roma onde evitare il carcere; l’altra questione, più seria, coinvolse nel 1857 l’ambasciatore di Francia A. de Rayneval che fu richiamato da Roma in seguito alla diffusione di un rapporto che presentava in modo molto edulcorato le condizioni dello Stato e il rapporto del papa con i suoi sudditi. Mentre grazie all’intercessione del M. il caso riguardante Gualterio si risolse positivamente, la questione riguardante Rayneval mantenne alcuni lati oscuri. Il M. fu, infatti, accusato di avere abusato delle confidenze del rappresentante di Parigi per diffonderne lo scritto in altri paesi europei come l’Inghilterra e la Francia e richiamare l’attenzione delle Potenze su una situazione non più sostenibile. In realtà egli, che si era limitato a informarne Cavour, si dichiarò fino alla fine amareggiato per l’accusa di slealtà verso il collega.
Da Roma il M. fu inviato nel novembre del 1857 a reggere la legazione de L’Aja fino all’ottobre del 1859. In realtà dal giugno del 1859 fu posto a disposizione del commissario generale delle Romagne ricoprendo dal mese di luglio l’incarico di regio commissario a Ferrara per venire poi nominato dal governo provvisorio delle Romagne intendente generale della provincia di Ferrara , ruolo che ricoprì fino al mese di ottobre. Era un ruolo in cui non si trovava a suo agio, anche perché, come ebbe a rilevare Cavour, non era fra gli «Italianissimi ardents» (Cavour e l’Inghilterra, Bologna 1933, I, p. 25); quindi fu ben lieto di riprendere il 29 dic. 1859 la carriera diplomatica come segretario di legazione di prima classe e con l’incarico di reggere le legazioni di Stoccolma e Copenaghen. Accreditato a Copenaghen dal 16 genn. 1860 al 22 nov. 1863 e a Stoccolma dal 9 febbr. 1860 al 24 sett. 1862 (e promosso ministro residente il 29 ott. 1863), ebbe in particolare il compito di osservare come la Svezia reagisse all’avvenuta unificazione italiana e di ottenere, come poi effettivamente avvenne, un rapido riconoscimento del nuovo Regno.
Da allora il M. divenne il portavoce delle varie manifestazioni di simpatia da parte della Svezia: fra queste, in segno di ammirazione verso il neonato esercito italiano, l’esplicita richiesta del re Carlo XV di inviare truppe italiane presso un campo militare che si stava organizzando per l’estate del 1862 e dove sarebbe intervenuta anche la Francia. L’unico inconveniente riscontrato durante la missione a Stoccolma riguardò una questione di natura spirituale: volendo, infatti, il M. fare le «devozioni per la Pasqua», gli fu risposto dal vicario apostolico di avere avuto ordine da Roma di negare l’assoluzione a chiunque dipendesse dal governo regio; si trattò nei fatti di una questione che riguardava personalmente il M. per i suoi trascorsi di membro del governo provvisorio dell’Emilia e deputato all’Assemblea di Bologna del 6 sett. 1859 in cui il governo temporale pontificio in quelle province era stato dichiarato decaduto. Fu questa una delle rare occasioni in cui il M., noto per la sua moderazione, manifestò con fermezza, in un documento ufficiale, il proprio pensiero: «Credevo mio dovere ripetergli i miei principi, esser, cioè, io pronto a versare il mio sangue per la Santissima Religione, ma prontissimo, pure, a darlo tutto per sollecitare la finale decadenza del Potere Temporale» (dispaccio n. 267, in Docc. diplomatici italiani, s. 1a, II, p. 308).
Il 13 marzo 1864 fu destinato a Lima e accreditato presso diverse Repubbliche dell’America del Sud, nel periodo in cui il Perù, alleato con Ecuador, Bolivia e Cile, era in guerra contro la Spagna che aveva occupato le isole Chinchas. Nel 1865 sposò a Lima Clorinda Canevaro dei duchi di Zoagli, figlia del console di Sardegna, da cui non ebbe eredi.
Fu con il regio decreto del 27 genn. 1867 che il M. ottenne un nuovo avanzamento di carriera come inviato straordinario e ministro plenipotenziario di seconda classe e fu chiamato a reggere la legazione superiore per gli affari commerciali al ministero; alla fine dello stesso anno – dopo avere ottenuto le funzioni di direttore superiore delle legazioni – fu promosso inviato straordinario e ministro plenipotenziario di prima classe con regio decreto del 30 dic. 1867. Con il titolo di ambasciatore venne dunque inviato a Monaco di Baviera, dove restò per quattro anni. A Monaco seguì le reazioni della cattolica Baviera di fronte alla presa di Roma e alla decisione di portarvi la capitale del Regno. Il M. trasmise le posizioni del governo bavarese che propendeva per la cautela e per il rinvio del trasferimento della sede governativa a Roma, consigliando di prendere tempo per risolvere alla radice il conflitto e trovare la giusta soddisfazione alle aspirazioni del cattolicesimo.
Per le sue note qualità di abile e cauto mediatore nel maggio del 1871 fu destinato ad Atene dove era in atto un contenzioso fra il governo greco e una società mineraria a compartecipazione italo-francese.
La vertenza, detta del «Laurium», riguardava lo sfruttamento di miniere in territorio greco e necessitava di un accordo con quello Stato. Di fronte al rifiuto della Grecia di accettare la proposta, avanzata per ben due volte, di un arbitrato presieduto dalla Gran Bretagna, i rapporti si fecero sempre più tesi, tanto da indurre i due governi, italiano e francese, a minacciare la sospensione dei rapporti diplomatici e da coinvolgere nell’affare le altre Potenze europee. Fu, infine, l’intervento dell’Austria-Ungheria a far propendere la Grecia verso il compromesso dell’arbitraggio: dopo circa due anni, la vertenza si chiuse con la cessione dei diritti alla Banca ottomana.
Non fu questo il solo incidente diplomatico che il M. si trovò ad affrontare: sorse, infatti, nel 1874, un’altra questione riguardante un progetto di riforma giudiziaria in Egitto, proposto da vari Stati – tra cui la Germania, l’Inghilterra e la Russia, coinvolte per i loro interessi coloniali – che fu affidato a una commissione internazionale riunitasi a Costantinopoli. Il M. ebbe il compito di intervenire, associandosi con il ministro tedesco, presso il gabinetto di Atene, che rifiutava di ratificare l’accordo raggiunto, avanzando tardive richieste. La Grecia, infatti, si era disinteressata ai lavori preparatori, rifiutando di inviare un proprio rappresentante in commissione, ma, quando la stesura del nuovo codice fu ultimata, sollevò questioni che avrebbero interrotto l’applicazione e invalidato il lavoro degli esperti.
Collocato a riposo nel 1876, il M. fu nominato senatore il 12 marzo dello stesso anno, una settimana prima della caduta del governo della Destra. Entrò alla Camera alta l’11 maggio e rimase in carica dalla XII alla XX legislatura. Poco presente alle sedute per motivi di salute, sostenne il disegno di legge per l’istituzione di depositi franchi nelle principali piazze marittime del Regno.
Il M. morì a Firenze il 29 maggio 1898.
Fonti e Bibl.: Le scritture della segreteria di Stato degli Affari esteri del Regno di Sardegna, a cura di R. Moscati, Roma 1947, ad ind.; Le legazioni sarde a Parigi, Berna, L’Aja, Lisbona e Madrid, a cura di F. Bacino, Roma 1951, ad ind.; Le scritture del ministero degli Affari esteri del Regno d’Italia dal 1861 al 1867, a cura di R. Moscati, Roma 1953, ad ind.; Docc. diplomatici italiani, s. 1a: 1861-1870, I, II, IV, XIII; s. 2a: 1870-1896, I-V, ad indices; La formazione della diplomazia nazionale (1861-1915), Roma 1987, ad nomen; Atti parlamentari, Senato, Discussioni, legislature XII-XX, ad indices; C. Cavour, Epistolario, a cura di C. Pischedda et al., XIII, 2, XIV, 2, XVI, XVIII e Appendice, 1, Firenze 1992-2009, ad indices; F. Bettoni Cazzago, Gli italiani nella guerra d’Ungheria, 1848-49, Milano 1887, pp. 181, 186, 215-220, 223-230; P. Pirri, Pio IX e Vittorio Emanuele II dal loro carteggio privato, I, La laicizzazione dello Stato sardo, 1848-56, Roma 1944, ad ind.; G. Massari, Diario dalle cento voci, 1858-1860, a cura di E. Morelli, Bologna 1959, ad ind.; N. Roncalli, Cronaca di Roma, a cura di D.M. Bruni, III, 1852-1858, Roma 2006, ad ind.; A.M. Ghisalberti, Momenti e figure del Risorgimento romano, Milano 1965, ad ind.; F. Bartoccini, La «Roma dei Romani», Roma 1971, pp. 24, 137; R. De Cesare, Roma e lo Stato del papa dal ritorno di Pio IX al XX settembre, Roma 1975, pp. 197-206; V. Spreti, Enciclopedia storico-nobiliare italiana, IV, p. 588.
P. Bernasconi