LECCHI, Giovanni Antonio
Nacque a Milano il 17 nov. 1702 da Giacomo Antonio ed Elena Crivelli; studiò nel collegio dei gesuiti di Brera, dove vestì l'abito clericale il 20 ott. 1718; qui professò i quattro voti il 15 ag. 1736. Dopo aver insegnato eloquenza nel collegio di Milano, poi in quelli di Pavia e Vercelli, tornò a Brera per insegnare filosofia.
Qui diede alle stampe una newtoniana Theoria lucis, opticam, perspectivam, catoptricam, dioptricam complectens (Mediolani 1739); prova della competenza teologica del L. fu la sua seconda opera a stampa, in difesa del probabilismo gesuita, Avvertenze contrapposte alla Storia del probabilismo scritta dal padre Daniello Concina e indirizzate a un erudito cavaliere (Einsiedlen [Einsiedeln] 1744). La seconda opera matematica, Arithmetica universalis Isaaci Newtonisive De compositione et resolutione arithmetica, perpetuis commentariis illustrata et aucta (Mediolani 1752), trattò l'analisi secondo il metodo newtoniano, ma solo nella parte più elementare. Il L. stampò poi le sue lezioni di matematica in Brera dal 1752 al 1758: Elementa geometriae theoreticae et practicae… ad usum Universitatis Braidensis (I-II, ibid. 1753-54; ristampa Colonia 1758); Elementa trigonometriae theorico-practicae et sphaericae (Mediolani 1756); De sectionibus conicis (ibid. 1758). Fornì così un corso completo di geometria, algebra, trigonometria e analisi elementare, di intento didattico, benché non vi manchino citazioni dei fondatori dell'analisi; per rendere la materia "facile e familiare" arricchì i volumi di molte spiegazioni ed esercizi, anziché "esser conciso e breve" secondo lo stile assiomatico dei trattati avanzati. Secondo G. Ferrari, suo primo biografo, il L. avrebbe avuto come maestro di matematica il conte Lorenzo Taverna e non i matematici della Compagnia a Milano e Pavia, come G. Saccheri o V. Brusati. Ben documentata, sulla base delle Litterae annuae della Compagnia, risulta la sua lunga docenza a Brera, prima di matematica (1738-60), poi di matematica e idraulica (1760-73). Invece la notizia (riportata da diversi biografi) di un suo ventennale insegnamento nell'Università di Pavia nasce da un equivoco con quella di Brera.
Dal 1757-58 gli interessi del L., ormai più che cinquantenne, si orientarono verso l'attività che costituì fino alla morte la sua seconda carriera, quella di ingegnere idraulico. Ne furono forse all'origine consulti in questioni di acque forniti al collegio di Brera, documentati nelle sue prime raccolte a stampa (Milano, Biblioteca nazionale Braidense, Scritture d'acque, C.XIII, 9089-9093), tra cui la Dissertazione idrostatica di partizione d'acque della Roggia Caccesca per la costruzione de' modelli ne' territorj di Granozzo, e di Robbio, s.l. né d. [ma 1743], su una questione che interessava terre del collegio.
La perizia, stesa a tutela del collegio, riferisce di esperimenti fatti dal L. quell'anno e si vale di stime quantitative, citando D. Guglielmini e le tavole paraboliche di G. Grandi, per misurare il "corpo d'acqua" che il collegio doveva restituire, secondo antiche convenzioni, una volta derivata l'acqua d'irrigazione. Nelle prime memorie il L. fece sfoggio di applicazioni della matematica alla dibattuta questione della misura della velocità e della portata delle acque, illustrando le perizie con figure geometriche, sezioni coniche e ricorsi al calcolo; si occupò anche di questioni di idraulica teorica, come nella Lettera intorno alla scelta della qualità del terreno per iscavare nuove inalveazioni; ed intorno al problema se alle diversioni de' fiumi più convenga un canale rettilineo, oppure tortuoso, e serpeggiante a norma dell'alveo vecchio (s.l. 1757); tali tendenze alla matematizzazione cederanno però il posto a una impostazione più pratica nelle opere maggiori. Sempre al servizio della Compagnia fu la Dissertazione idrostatica delle rovine, alle quali di continuo è sottoposta la levata, o sia sostegno nel canale di Muzza in vicinanza di Lodi Vecchio, diretta al gesuita Giuliano Rospigliosi, procuratore del collegio Germanico (Lodi Vecchio, 7 ott. 1760); seguì la più ufficiale Relazione dello stato presente del canale di Muzza e piano delle riparazioni, eseguite su indicazione del L., in disputa con l'ingegnere camerale Robecco. La rapida diffusione della sua fama come idraulico è documentata anche dai pareri richiestigli dal 1757-58 dal presidente del Magistrato camerale, L. Maraviglia Mantegazza; a lui sono dedicate due perizie sulle riparazioni in un sito cruciale del sistema idrografico lombardo, la derivazione del Naviglio grande dal Ticino (Riflessioni spettanti a' ripari necessarj per mantenere l'imboccatura del Ticino nel canale detto Naviglio grande, Milano s.d. [ma 1757]), e sul rafforzamento degli argini del Po a Cremona (Del riparo de' pennelli sulle rive del Po di Cremona, Milano, 28 dic. 1758; ristampa Cremona 1980).
Gli impegni di ingegnere idraulico non gli impedirono di assistere come confessore, nel 1758, il governatore di Milano Beltrame Cristiani, della cui morte lasciò un'edificante relazione manoscritta in più copie (Memorie della malattia, e preziosa morte del sig. conte Cristiani scritte dal padre Antonio Lecchi della Compagnia di Gesù, Milano, Biblioteca nazionale Braidense, Mss., AD.XV.8, n. 5). Forse frutto di una collaborazione con Cristiani era stata una perizia che riguardava anche i confini: le Considerazioni intorno alle nuove arginature del Po ne' confini del Piacentino, e del Milanese (s.l. né d.). Alla protezione di Cristiani fu certamente dovuto un invito a Vienna, dove il L. si recò nel 1759 per ricevere il titolo di regio matematico (Arch. di Stato di Milano, Autografi, 137, f. 19); il conseguente salario di 300 fiorini dovette esonerarlo dall'insegnamento, se nel 1767 il L. risulta nel corpo docente di Brera solo come "Matematico delle Loro Imperiali Maestà" (Ibid., Culto, p.a., 1737).
Le sue perizie continuarono a essere numerose negli anni 1760-62, con un nuovo saggio sul canale Muzza, un progetto di sistemazione dei torrenti della brughiera di Tradate, dedicato a Francesco III (Piano della separazione, e sfogo de' tre torrenti di Tradate, del Gradeluso, e del Bozzente, Milano, 23 giugno 1762; anche in Arch. di Stato di Milano, Acque, p.a., 102); affrontò una polemica con A. Litta e l'ingegnere F. Carpani sullo spurgare con la sola forza dell'acqua il canale urbano Redefossi. Nel 1765 il permesso di stampa a un suo trattato di idrostatica, dedicato a Maria Teresa, fu temporaneamente sospeso dalla censura, a causa di una critica alle tavole di Grandi, adottate da Vienna nel trattato confinario con Mantova (Arch. di Stato di Milano, Studi, p.a., 104, f. 27). Benché in forma di trattato, l'Idrostatica esaminata ne' suoi principi, e stabilita nelle sue regole dalla misura delle acque correnti (Milano 1765) era in gran parte dedicata a una questione, la misura della portata, su cui vale la risposta di Ruggero Boscovich al censore: "siamo lontani dall'avere nulla di sicuro in questo genere".
Dal 1765 il L. entrò da protagonista nella secolare controversia tra Ferrara e Bologna riguardo al corso del Reno. Il torrente bolognese era stato disalveato dal Po nel 1604, per favorire il Ferrarese dopo la reversione allo Stato pontificio, riattivando il porto di Ferrara interrato; ma il Reno, immesso nelle valli tra Ferrara e Comacchio con i torrenti paralleli e confluenti, tendeva a esondare più a monte sui fertili terreni del Bolognese. Di qui l'insistenza del "partito" felsineo per ritornare all'assetto cinquecentesco. Sin dal 1757-58 erano state commissionate diverse perizie sulla linea da seguire per ritornare all'antico assetto, riportando il Reno nel Po di Primaro o Volano, da un lato per proteggere le colture del Bolognese, dall'altro senza mettere in pericolo di rotte il Ferrarese. Nel 1765 la congregazione alle Acque decretò il silenzio sull'annosa disputa, e il 12 marzo Clemente XIII, per riesaminare la questione ab ovo, creò una commissione di periti forestieri e imparziali, costituita, oltre che dal L., dal veneto T. Temanza e dal toscano G. Verace. La commissione compì la visita nell'ottobre-novembre 1765 e spettò al L. (giunto da Firenze, dove era stato delegato da Francesco III a trattare con i ministri toscani per una nuova strada di Pistoia) il compito di stendere, anche a nome dei due colleghi, una Relazione della visita alle terre danneggiate dalle acque di Bologna, Ferrara, e Ravenna (Roma 1767). Il 2 giugno 1767 Clemente XIII approvò ufficialmente il piano del L., che prevedeva sia l'inalveamento del Reno in Po, tramite il cavo Benedettino (creato da Benedetto XIV), da riscavare e riattivare, sia l'arginatura della riva destra del Primaro; affidò quindi "l'autorità suprema" di commissario alle acque al vicelegato I. Boncompagni Ludovisi e la direzione dei lavori allo stesso L., che per quasi sei anni fu a capo di cospicue manovalanze, costituite anche da 2000 operai.
La bonifica per colmata delle valli, la sistemazione dell'Idice e - con soluzione particolarmente innovativa - l'unione tra questo fiume e la Savena nei pressi di Bologna, progettata dal L. nel 1768-69, inserirono gli interessi bolognesi in una prospettiva di più ampio riassetto del territorio; la necessità di finanziare lavori per un'area assai vasta fu tra le motivazioni che portarono Boncompagni Ludovisi ad avviare le operazioni del suo celebre catasto. Nell'inverno 1772 il successo dell'innovativa opera di riassetto parve compromesso da una piena che diede luogo, come da sempre temevano Ferraresi e Ravennati, alla rotta dell'argine sinistro del Primaro. I danni sembrarono ridare fiato agli avversari del L., come risulta da un "Sonetto caudato fatto in Ferrara contro il Padre Gesuita Lecchi" (Martinola, pp. 160 s.). Fu chiamato a Roma, dove gli venne riconfermata la fiducia, e nel 1772 i lavori si intensificarono. Tuttavia la morte di Clemente XIII, con la successione di Clemente XIV Ganganelli, ostile ai gesuiti, aggiungendosi all'opposizione di Ravennati e Ferraresi, segnò la fine della direzione del L., che nel giugno 1773 fu sostituito dal tenente colonnello G.A. Boldrini; come scrisse il suo confratello toscano L. Ximenes, dovette lasciare in tronco le operazioni e far ritorno in patria. Qui si accinse a stendere un'ampia e circostanziata difesa del suo operato, le Memorie idrostatico-storiche delle operazioni eseguite nell'inalveazione del Reno di Bologna, e degli altri minori torrenti per la linea di Primaro al mare (I-III, Modena 1773). Il permesso di stampa gli fu negato dalle autorità milanesi, forse perché troppo a lungo egli si era posto al servizio d'altro sovrano, e l'esemplare inviato al governo fu seccamente respinto (Arch. di Stato di Milano, Studi, p.a., 104). Nel terzo volume delle Memorie compaiono tuttavia numerose perizie d'acque eseguite dal L. su commissione di Vienna; inoltre fu marginalmente coinvolto nelle perizie per la costruzione del canale di Paderno per la navigazione dell'Adda (1775-76). La sua ultima opera, il Trattato de' canali navigabili (Milano 1776), oltre ad affrontare leggi e fenomeni generali, dà largo spazio a esempi tratti dalla sua lunga pratica di lavori idraulici. Diversi degli scritti di idraulica del L. (soprattutto di quelli peritali) furono inclusi, dal tardo Settecento, nelle successive edizioni della classica Raccolta d'autori che trattano del moto dell'acque.
Il L. morì a Milano il 24 maggio 1776.
Fonti e Bibl.: Milano, Biblioteca Ambrosiana, Mss., Y.148, sup. (6 lettere inedite a P. Frisi, 1763-65); G. Martinola, Documenti lombardi nel Canton Ticino, in Arch. stor. lombardo, LXIX (1942), pp. 160 s.; G. Ferrari, Opuscolorum collectio, editio prima Italica, Lugani 1777, pp. 108-116 (la prima biografia del L.); A. Fabroni, Vitae Italorum doctrina excellentium, XVIII, Pisis 1799, pp. 229-245; F.L. Bertoldi, Memorie per la storia del Reno di Bologna, Ferrara 1807, pp. 125-145, 217-225 (sui lavori al Reno); G. Bruschetti, Istoria dei progetti e delle opere per la navigazione interna del Milanese, Milano 1821, p. 81 (sulle perizie per il canale di Paderno); G.A. Lecchi, Trattato de' canali navigabili, Milano 1824 (contiene una biografia anonima del L. con ritratto); G. Arrigoni, in Biografie degli italiani illustri, a cura di E. De Tipaldo, V, Venezia 1837, pp. 160-162; P. Riccardi, Biblioteca matematica italiana, Modena 1870, I, coll. 23-28 (elenco delle opere a stampa); C. Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, IV, Bruxelles-Paris 1893, coll. 1633-1638 (elenco delle opere a stampa); A. Masotti, Matematica e matematici, in Storia di Milano, XVI, Milano 1962, pp. 767 s.; G. De Marchi, Idraulica, ibid., pp. 856-858; A. Giacomelli, Le aree chiave della bonifica bolognese, in Problemi d'acque a Bologna in età moderna, Bologna 1983, pp. 155-158; Id., Appunti per una rilettura storico-politica delle vicende idrauliche del Primaro e del Reno e delle bonifiche nell'età del governo pontificio, in Mostra documentaria. La pianura e le acque tra Bologna e Ferrara. Un problema secolare, Cento 1983, pp. 247-254; K.A.F. Fischer, Jesuiten-Mathematiker in der französischen und italienischen Assistenz bis 1762 bzw. 1773, in Archivum historicum Societatis Iesu, CII (1983), pp. 82 s. (sul L. come gesuita); Ideologia e scienza nell'opera di Paolo Frisi, a cura di G. Barbarisi, Milano 1987, II, p. 622; D. Bigazzi, La provincia delle acque. Ambiente, istituzioni e tecnici in Lombardia tra Sette e Ottocento, Milano 1995, ad ind.; A. Fiocca, Ferrara e i gesuiti periti in materia d'acque, in Gesuiti e Università in Europa (secoli XVI-XVIII), a cura di G.P. Brizzi - R. Greci, Bologna 2002, pp. 353-357.