FLAMINIO, Giovanni Antonio
Discendente da una famiglia di cui alcuni componenti svolsero ambascerie per conto di Francesco Sforza, nacque nel 1464 ad Imola dal cavaliere Lodovico Zarrabini di Cotignola, ma fu noto con il cognome di Flaminio (forse dal nome dell'antica provincia imolese), ereditato definitivamente dal figlio Marcantonio e dai nipoti Giulio Cesare e Benedetto, giurisperiti, Sebastiano e Onorio, filosofi e medici, Gabriele, poeta e medico.
Condiscepolo di Raffaello Riario, dopo i primi insegnamenti dì M. Faello, proseguì brillantemente gli studi a Bologna con l'insigne docente e commentatore Filippo Beroaldo il Vecchio. Lasciata la città a causa di un'epidemia, si ritrovò giovane e spaesato a Venezia; ma grazie alla presentazione di un parente riuscì a sistemarsi presso B. Plateo, a casa del quale fu per un triennio maestro dei figli e di un nipote, mentre frequentava le lezioni di Benedetto da Legnago e G. Merula, in seguito sostituito da G. Valla. Cominciò anche a studiare il greco sotto la guida di frate Urbano Bolzanio Dalle Fosse. A vent'anni entrò all'Accademia di Venezia e qui assunse il nome Flaminio. A ventuno venne richiesto con lauto compenso nella Marca trevigiana, a Serravalle, dove rimase quattro anni; qui sì sposò con la nobildonna Veturia (il cognome non è noto), da cui ebbe una figlia, e poi Giulio, Fausto e Marcantonio. Dopo aver insegnato per nove anni a Montagnana, nel Padovano, preferì ritornare a Serravalle nonostante le offerte venutegli da Vicenza, presso la cui università avrebbe potuto occupare la cattedra lasciata da F. Maturanzio. A Serravalle, dove erano confluiti molti giovani attratti dalla sua fama, morirono Giulio e Fausto e, a causa del perdurare dei tentativi espansionistici di Massimiliano d'Asburgo e della sconfitta inferta ai Veneziani dalla Lega di Cambrai, il F., perduti i suoi beni, decise di rientrare dopo una così lunga assenza nella città natale, dove erano rimasti genitori e parenti.
Alla fine del conflitto, i Serravallesi gli offrirono anche l'aggregazione al Consiglio della città, consentita solo ai nobili, ma il F. non volle interrompere l'insegnamento iniziato pubblicamente ad Imola; allo stesso modo non accolse le richieste di papa Giulio II che lo aveva chiamato a Roma. Tuttavia nel 1517 lo troviamo di nuovo docente a Serravalle dove fu anche notaio, ambasciatore ed esponente politico investito di varie cariche. Qui tenne a convitto, fra gli altri, Alfonso, figlio del nobile bolognese Gaspare Fantuzzi, a casa del quale, su consiglio del domenicano Leandro Alberti, si trasferì definitivamente nel 1520, preferendo dedicarsi all'educazione di Alfonso, del fratello Rodolfò e di pochì altri nobili giovani, piuttosto che sostenere i disagi di una pubblica cattedra. Vedovo da tempo, prese gli ordini sacri ed ottenne tramite l'amico cardinale A. Pucci il priorato di S. Prospero presso Faenza. Morì a Bologna nel 1536 e fu sepolto nel chiostro di S. Domenico.
La sua corrispondenza lo pone in relazione, appena ventiduenne, con Giovanni Pico della Mirandola; con lui egli cercò di instaurare rapporti d'amicizia e di studio domandandogli, fra l'altro, di collazionare alcuni passi virgiliani incerti (Epistolae familiares, III, 16); per lo stesso fine chiederà ad Alessandro VI il permesso di accedere alla Biblioteca Vaticana (I, 1), mentre ad Ermolao Barbaro (III, 10) si rivolge per ottenere un manoscritto. Un paio di lettere (111, 6 e 7) testimoniano i tentativi d'approccio con Poliziano, lamentandone la scarsa frequenza epistolare; nel 1492 il F. domanda amicizia anche a Pomponio Leto (III, 11) e, dunque, non fu nella sua accademia, come scrissero i primi biografi, che assunse ventenne il nuovo nome. A Matteo Bandello, che non conobbe se non di fama, dedicò la sua biografia del beato Giacomo Salomoni e a Sannazaro (VI, 1), come spesso ai fratelli Bentivoglio, a Giovan Battista Pio, al Castiglione, scrive una missiva compiacendosi di evidenziare le capacità dell'unico figlio rimastogli, Marcantonio, la cui fama in effetti lo sopravanzò.
Nel 1514 il F offrì a Marco Corner, cardinale di S. Maria in via Lata, il suo volume di selve ed epigrammi latini, avvertendolo che ricorda il padre Giorgio, anch'egli suo benefattore, nei distici sulla guerra di Trieste (alla cui conclusione Venezia ebbe la meglio su Massimiliano d'Asburgo, schemito dal F. in tre epigrammi del Marciano latino XIII, 210).
Il primo libro delle Silvae è di carattere politico. Il F. si rivolge fra gli altri a Leone X. Il secondo ha una prima sezione religiosa seguita dal citato poemetto per la vittoria veneziana su Massimiliano, e raccoglie componimenti indirizzati agli amici. I tre libri degli Epigrammata si aprono con due preghiere alla Vergine per tornare poi su temi politici. Diversi epigrammi sono rivolti a serravallesi, alcuni - e siamo così al secondo libro - a montagnanesi, a G. Gazoldi, al serravallese G. Raccola, uno (più l'epitaffio) a Pietro Soderini ed un paio all'amico Marco Antonio Sabellico. Nel terzo libro il F. si congratula con il Castiglione creato conte di Novellara ed elogia Filippo Beroaldo il Giovane (l'autore dell'elogio è appunto lui e non il figlio, come risulta alla voce F. B. iunior, IX, p. 384). Da questo volume F. M. Mancurti trae il gruppetto di testi che rappresenta la produzione poetica del F. nei Flaminiorum... carmina (Patavii 1743; poco più ricco il Delitiae CC Italorum poetarum..., Francofarti 1508), a cui fa seguire l'indice delle opere edite ed inedite.
Nel 1516 il F. tradusse in latino il manuale di musica, De institutione harmonica di P. Aaron, molto criticato dal maestro di cappella Franchino Gaffurio (Epistolae familiares, XI, 28). Nel 1517 vedono la luce i frutti della sua collaborazione con Leandro Alberti che presiedeva alla stesura del De viris illustribus. Il F. cura nel terzo libro la vita di Alberto Magno e di altri domenicani nel quinto e sesto, rivestendo cronache e biografie medievali di un latino umanistico assai elogiato dall'Alberti. Nel 1522 volse in latino un opuscolo della beata Caterina Vigri. Nello stesso anno pubblicò una grammatichetta molto concisa, inviata al Fantuzzi per i figli. Due anni dopo il Dialogus de educatione liberorum vede il Fantuzzi e l'Alberti interlocutori del F. che ribadisce la necessità di una lenta assimilazione della grammatica e, per contro, le difficoltà cui è esposto il maestro spesso mal pagato da genitori avari e ignoranti. Ancora a Fantuzzi è dedicato un opuscolo sulle origini della filosofia che si limita a cenni storici. Del 1529 è un'altra raccolta pia: le Vitae patrum (biografie di s. Domenico, s. Tommaso e altri domenicani) in cui l'"ornatum orationis" è ancora al servizio di un avvicinamento del lettore e dello scrittore colti ad un genere che deve riacquisire la sua dignità letteraria. Il F. scrisse altre biografie rimaste inedite: quelle delle beate Osanna e Colomba, di s. Caterina, di Benedetto XI e quella del beato Teodoro, citata dall'autore nelle vite dei quattro santi protettori di Faenza, pubblicate nei Rerum Italicarum Scriptores, mentre la lettera di elogio alla città, divenuta residenza estiva del F. dopo l'acquisizione del priorato, fu pubblicata dal Mittarelli. Le ultime opere date alle stampe tornano all'attualità con i resoconti di alcuni eventi di portata storica: in quella del 1531, oltre all'incoronazione della regina di Francia, dedicata a F. Guicciardini, si descrivono le incoronazioni del 1519, 1529 e 1530 di Carlo V, al quale il F. rivolge anche un'orazione salutandolo come atteso pacificatore di un'Italia devastata dai barbari passati e presenti (i Turchi). In quella del 1536, anno di morte dell'autore, si pubblicano l'epistola a Paolo III, invitato a favorire la concordia dei principi cristiani contro i pericoli che venivano da oriente, e tre descrizioni: la prima ripercorre le azioni militari dell'imperatore condotte contro i pirati ottomani fra il maggio e il luglio 1535 sulle coste africane; la seconda riferisce da una lettera di Michele da Porretta le abitudini degli indigeni incontrati dai missionari in Nicaragua e Perù; l'ultima, sulla vittoria turca in Ungheria, è l'estremo appello a guardarsi da questi nuovi barbari poiché potrebbero, come i loro antenati, invadere l'Italia.
L'eterogeneità, la scarsa originalità o l'occasionalità degli scritti inducono a tracciare il profilo di un letterato che fu un grammatico competente quanto bastava per accedere all'insegnamento da una cattedra universitaria, benché avesse fermato il suo interesse scientifico e pedagogico all'apprendimento della grammatica latina, preferendo poi innestare sulla sua formazione classica interessi storico-religiosi ed una sincera quanto involuta preoccupazione per i mutamenti politici che attraversavano la Cristianità.
Manoscritti: Mantova, Bibl. comunale, Mss. H 128: lettere del F. a Marco Comer e viceversa, a Leone X, Silvae, Epigrammata, sec. XV-XVI; Bologna, Bibl. univ., Mss. 1998: dodici libri di epistole del F., cc. 575, sec. XVI; 2948 (Misc. Tioli): il F. è presente nel vol. XI e una sua lettera è compresa nel vol. XV; Brescia, Bibl. civ. Queriniana, Mss. BVI 7: Imolae historia; Venezia, Bibl. naz. Marciana, Marc. lat. XIV 262 (4719); lettera e poesia a Girolamo Bologni, sec. XV-XVI; XII 210 (4689), c. 89: tre epigrammi sulla sconfitta di Massimiliano d'Asburgo, sec. XVI; Marc. lat. XIV 221 (4632), c. 8r: versi per Paolo Canal, sec. XVIII; London, Robinson Trust, Berkeley, UCB 77 (già Mss. Phillips 8124): De suspicienda adversus Turcos... expeditione e poesie, sec. XVI; Leyden, Bibl. der Rijksuniversiteit, cod. BPL 2767, forse autografo (P.F. Obbema, Quaestiones Leidenses, Leiden 1975, pp. 209-226), cod. di 80 cc.: Dialogus de educatione..., De philosophis antiquis et eorum sectis libellus, sec. XVI; Ravenna, Bibl. Classense, Mss. 200, cc. 395-398: due poesie: Illustri principi 10. Francisco Mirandolae. Suspendi calamum e Bernardo Rubeo Bononiae legati vicerrigerenti. Querebam tacitus, sec. XVI; Bibl. apostolica Vaticana, Vat. lat. 7754: lettera ad Adriano VI.
Opere a stampa: Silvarum libri II. Eiusdem epigrammatum libri III, Bononiae, de Benedictis, 1515; Libri tres de institutione harmonica editi a Petro Aaron..., interprete I.A. F., ibid. 1516; L. Alberti, De viris illustribus Ordinis praedicatorum libri sex, in unum congesti, Bononiae, in aedibus Hieronimi Platonis, 1517, c. 23r: lettere; cc. 105r-114v: vita di Alberto Magno; c. 152v: Dialogus dell'Alberti; cc. 155v-174v: Divi Vincentii Valentini... vita ... ; c. 175r: dedica di Alberti al F.; cc. 205r-217r: Beati Iacobi Feneti vita... e lettera all'Alberti; cc. 238r-247r: Beati Venturini Bergomensis ... vita ... ; cc. 262rv: Beati Iacobi Alemani vita ... ; Divinum b. Gatharinae Bononiensis opusculurn in latinum a I.A. Flaminio ... ex vernaculo sermone conversum, cum eiusdern sanctae virginis vita ab eodern Flaminio contexta, Bononiae, de Benedictis, 1522; Grammaticae institutiones, ibid. 1522; Dialogus de educatione liberorum ac institutione, ibid. 1524; De origine philosophiae ac philosophorum sectis opusculum, ibid., 1524; Vitae patrum inclyti Ordini praedicatorum..., ibid. 1529; Oratio ad Carolum Quinturn Romanorum imperatorem..., ibid. 1531; Epistola ad Paulum III... initio pontificatus. Eiusdem belli recentis Aphricani descriptio..., De quibusdarn memorabilibus novi Orbis..., Conflictus ille Pannonicus cum Turcis in quo Pannoniae rex interiit, ibid., Bonardus, 1536; Delitiae CC Italorum poetarum, huius superiorisque aevi illustrium, a cura di I. Gruter, Francofurti 1608, pp. 972-984; Marci Antoni, Ioanni Antoni et Gabrielis Flaminiorum Forocorneliensium Carmina, a cura di F. Mancurti, Patavii 1743, pp. 441-453; Epistolae familiares..., a cura di D.G. Capponi, Bononiae 1744; G.B. Mittarelli, Ad Scriptores Rerum Italicarum cl. Muratorii accessiones historicae Faventinae, Venetiis 1771, coll. 832 ss.,: lettera di elogio a Faenza; B. Ziliotto, L'assedio di Trieste (1508) nella poesia, in Archeografo triestino, XXXV (1913-14), p. 375: epigrammi, pp. 378-382: poemetto dalle Silvarum ... (precede un'introduzione storica); Rerum Italicarum Scriptores, a cura di G. Carducci e A. Fiorini, 2 ediz., XXVIII, 3, pp. 337-387: vite dei quattro protettori di Faenza e lettera ai canonici e al Magistrato di Faenza.
Bibl.: Oltre ai dati raccolti nelle edizioni del Mancurti, del Capponi e del Nlittarelli vedi G. Lioni, Della patria di Marcantonio Flamminio… in Giornale de' letterati d'Italia, XXXI (1718), pp. 29-33; G.A. Gradenigo, Se Giannantonio e Marcantonio Flaminii si possano chiamar serravallesi, in Raccolta d'opuscoli scientifici e filologici, XXIV, Venezia 1733, pp. 9-57; G.G. Liruti, Notizie delle vite ed opere scritte da' letterati del Friuli, Udine 1780, III, pp. 148, 150, 153 s., 156 s., 159-197; L. Angeli, Memorie biografiche di que'uomini illustri imolesi le cui immagini sono locate in questa nostra iconoteca..., Imola 1828, pp. 154-156; G. Tiraboschi, Storia della lett. ital., Milano 1833, III, pp. 309 s.; IV, pp. 245-246; E. Cuccoli, Marco Antonio Flaminio. Studio ... con documenti inediti, Bologna 1897, pp. 19, 23-29e passim; C. Godi, Per la biografia di Matteo Bandello, in Italia medievale e umanistica, XI (1968), pp. 273 s.; E. Billanovich, Incertezze di Romolo Amaseo, ibid., XXII (1979), pp. 535 s.; A. Pastore, Di un perduto e ritrovato "Compendio di la volgare grammatica" di Marcantonio Flaminio, ibid., XXVII (1984), pp. 349 s., 352 s., 355: lettera volgare dell'Alberti a Giovanni Antonio.