CIANTAR, Giovanni Antonio
Nacque a La Valletta il 4 sett. 1696, in una famiglia agiata e titolata, stabilitasi a Malta almeno dal Quattrocento. Nell'ottobre 1711compì un viaggio a Maiorca, Genova, Pisa, Firenze, Siena, Livorno. Poi si recò a Roma, per studiare al collegio "Nazareno" ove ebbe per maestro il p. Paolo Chelucci e si dedicò agli studi di giurisprudenza e, soprattutto, di letteratura, entrando tra gli arcadi col nome di Tagindo Ionide. Uscito dal "Nazareno", studiò teologia sotto la guida del p. Benedetto.Cellesi. Oltre che a Roma, soggiornò in varie città italiane, tra cui Napoli e Palermo. Qui si recò nel 1721, e nel 1722 il vicerè, J. Portocarrero gli offfi un onorevole impiego, che dovette presto abbandonare, trasferendosi a Roma. Nel 1723 era già di ritorno a Malta, donde non si mosse più, mantenendo però rapporti epistolari con illustri personaggi, tra cui L. A. Muratori e A. Mongitore.
A Malta sposò Teodora, figlia del conte Ignazio Wizzini Paleologo, anche lui pastore arcade: ne ebbe i figli Giorgio Serafino, Luigi e Guglielmina, ed altri, morti in giovane età. Divenne uno dei quattro giurati o amministratori dell'isola, segno della stima che già godeva presso autorità e popolo. Si fregiò del titolo di socio dell'Accademia degli Intronati di Siena, e della Colombaria di Firenze, nonché di corrispondente dell'Academie Royale des Inscriptions et Belles Lettres de la Ville de Paris, onore, questo, concessogli da Luigi XV nel 1745. A cinquantacinque anni perse la vista, ma continuò a dettare e pubblicare varie opere, grazie alle sue doti di ferrea memoria e ampia erudizione. Si era, infatti, formato una ricca biblioteca, e un museo, in casa propria. Il Muratori e altri studiosi dovevano tenerlo in certa stima se si rivolgevano a lui per informazioni e interpretazioni di iscrizioni antiche reperite a Malta.
Morì a La Valletta il 14 nov. 1778.
Il C. fu prolifico scrittore in latino e in italiano. L'isola di Malta, già dipendenza feudale della corona di Sicilia, concessa poi all'Ordine gerosolimitano che la governò dal 1530 al 1798, visse all'interno della sfera culturale italiana, e italiana fu quindi la sua produzione letteraria, fino all'Ottocento avanzato. Nel 1592 fu fondato, nella nuova città di Valletta. un collegio gesuitico, che portò nell'isola la ratio studiorum umanistica del Collegio Romano, e che nel 1769 diventò l'università di Malta. Nel 1642 fu introdotta la prima stamperia, e cominciarono allora le pubblicazioni locali, quasi tutte in lingua italiana, e tra le prime l'opera storica di G. F. Abela, Della descrittione di Malta, del 1647. A causa, però, di un malaugurato contrasto sorto tra l'inquisitore, il vescovo e il gran maestro dell'Ordine, ciascuno dei quali pretendeva per sé il diritto della censura preventiva sulle stampe, per un intero secolo dopo il 1656 non ci fu più alcuna attività tipografica in Malta (a parte probabilmente qualche rara ed innocua pubblicazione a partire dal 1742 circa): nel 1756, per iniziativa dell'intraprendente gran maestro dell'epoca, fu dipanata la controversia con la corte papale, e venne riattivata la stamperia dell'Ordine, che fu detta di Sua Altezza Serenissima. Questo spiega perché molte opere del C. furono stampate in Italia, mentre altre circolavano manoscritte, di cui alcuni esemplari sono oggi reperibili nella Biblioteca nazionale della Valletta.
La prima pubblicazione del C. fu un libro di epigrammi latini: Epigrammaton Libri III, Romae 1722, con un ritratto in litografia del giovane autore. Seguì il volume De B. Paulo Apostolo in Melitam Siculo-Adriatici Maris Insulam Naufragio Eiecto dissertationes apologeticae, Venetiis 1738, un'opera erudita e polemica contro il benedettino Ignazio Giorgi, il quale sosteneva che s. Paolo fosse naufragato a Meleda, nell'Adriatico, e non a Malta. Il C. - come il compatriota abate F. Agius de Soldanis, autore del Discours apologétique contre la dissertation historique et critique sur le naufrage de st. Paul dans la Mer Adriatique, pubbliée par Mr. l'Abbé Ladvocat, bibliothecaire de la Sorbonne, Avignon 1757 e, in ediz. italiana, Venezia 1758 - difese appassionatamente la tradizione maltese, e tornò sull'argomento con uno scritto espositivo e riassuntivo di tutta la questione, intitolato Critica dei critici rnoderni, che dall'anno 1730 infino al 1760 scrissero sulla controversia del naufragio di s. Paolo apostolo, descritto nei Capi 27 e 28 degli Atti apostolici, Venezia 1763. In un'altra opera erudita, De antiqua inscriptione nuper effossa in Melitae Urbe Notabili, Napoli 1749, egli, che si interessava di archeologia e aveva pure condotto degli scavi nell'isola, pubblicò e diffuse, dandone ampia e plausibile interpretazione, una interessante epigrafe latina rinvenuta nel 1748 a Malta.
Come poeta, il C. è noto soprattutto quale autore di melodrammi, di ispirazione metastasiana, sotto forma di seremate o dialoghi drammatizzati da cantarsi la sera del 30 aprile in occasione della festa popolare del Calendimaggio, che si teneva immancabilmente ogni anno a Malta per quasi tutto il Settecento. Di queste operette, scritte tra il 1727 e il 1774, le più note sono: Serenata da cantarsi l'ultimo giorno d'aprile in Malta, nella piazza del Palazzo, Torino 1727; Dialogo musicale, Napoli 1737; Proteo vaticinante, Malta 1742; Didone in Malta, ibid. 1770; Giasone in Colchide, ibid. 1771; La partenza di Ulisse dall'isola di Calipso, ibid. 1772; Dejanira, ibid. 1774.
Queste serenate, con tanto di dedica encomiastica al gran maestro dell'Ordine, che assisteva alla manifestazione con tutta la corte dei cavalieri, fanno del C. quasi il poeta cesareo della Valletta. Esse venivano musicate per lo più da musicisti locali, quali i maestri di cappella della chiesa conventuale dell'Ordine. i titoli stessi nonché i temi prescelti, con caratteri eroici mitici o personificatì, turbati da tensione morale e melodrammatica perplessità, sono indicativi della schietta appartenenza dell'autore alla poetica dell'Arcadia, come del resto confermano le numerose altre sue esercitazioni poetiche quali laudi, oratori, sonetti encomiastici e d'occasione, e azioni drammatiche varie, tra i quali è da ricordare il Dialogo da cantarsi per 14 solenne festività del s. Angelo Custode nella venerabile chiesa dei RR.pp. Gesuiti in Malta l'anno 1753, Catania 1753.
Di notevole interesse è ancora un poema sacro di vaste proporzioni, intitolato Vita della Madre santissima di Dio Maria sempre Vergine, Malta 1762 (in endecasillabi sciolti, con annotazioni in margine e a piè di pagina), in cui il poeta dimostra di aver assimilato i nuovi fermenti antiarcadici, di incipiente neoclassicismo. Nella prefazione dichiara di non intendere "formare un poema esatto secondo le regole della Epopeja", convinto che la materia stessa, che pur si appresta a esporre "con un'aria, e tuono, che non offenda gli orecchi assuefatti all'armonia del Metro", fosse capace di suscitare interesse e "meraviglia" più di quanto non facessero gli "Epici" con le loro "spiritose invenzioni". Nonostante la sua prolissità, quest'opera, frutto di notevole impegno, merita di essere studiata come significativo documento del gusto poetico dell'epoca.
Ma l'opera più importante dei C. resta la, sua storia di Malta: Malta illustrata ovvero descrizione di Malta isola del Mare Siciliano e Adriatico, con le sue antichità ed altre notizie, divisa in quattro libri, del commendatore fra Giovanfrancesco Abela, vicecancelliere della Sagra ed Eminentissima Religione Gerosolimitana, corretta, accresciuta e continovata dal conte Giovannantonio Ciantar.... Essa fu pubblicata a Malta in due volumi in folio, per un totale di 1415 pagine di testo e una quarantina di tavole, in bella veste tipografica, per espressa volontà del gran maestro dell'Ordine, cui fu dedicata. Il primo volume apparve nel 1772, mentre il secondo, per gli elevati costi di stampa, uscì postumo nel 1780.
L'opera fondamentale dell'Abela fu così dal C. corretta e aggiornata, con numerose utili aggiunte, poste sempre tra virgolette per distinguerle dal testo originale, il quale fu pure abbondantemente e intenzionalmente modificato nella forma per renderlo più chiaro e scorrevole, secondo le esigenze linguistiche dell'epoca. Del resto, la impegnativa determinazione dì rifare un'opera dì storiografia barocca quale quella dell'Abela rispondeva certo all'esigenza razionalistica, tipicamente settecentesca, di restaurazione del buon gusto, di saggezza e utilità. Per esempio, il C. diede prova di saggio giudizio affermando l'origine araba, con influssi romanzi, della lingua pgrlata a Malta, in cui altri, meno scientificamente, continuavano a, ravvisare un'origine punica.
Fonti e Bibl.: G. Ciantar, Malta illustrata..., II, Malta 1780, pp. 416-419, 594-602; V. Laurenza, Il contrib. di Malta alla letter. ital., in Civiltà maltese, Roma 1940, pp. 207 s.; E. Rossi, Lingua ital., dialetto maltese e politica britannica a Malta, ibid., pp. 44, 461.