ANSANI (Anzani), Giovanni
Nacque a Roma nel 1744 (12 febbraio?), come può rilevarsi dalla data di morte scolpita sul suo epitaffio. Nulla si sa dei suoi studi musicali. Il probabile debutto dell'A., come tenore, avvenne il 31 genn. 1768 al teatro Comunale di Bologna nell'opera Ezio di N. Jommelli; per la fiera dell'Ascensione dello stesso anno cantò nel Demetrio di A. G. Pampani al teatro S. Benedetto di Venezia. Alcune notizie del Burney e del Sittard dimostrano quanto rapidamente l'A. raggiungesse il successo, poiché nel 1768 fu chiamato al teatro Reale di Copenaghen, dove si fermò due o tre anni, e nel 1770 ricevette dalla corte di Stoccarda per il tempo di carnevale 140 ducati di gratifica. Nel 1772 l'A. si trovava ad Amburgo - dove appunto il Burney lo udì cantare - di ritorno da Amsterdam.
Dal 1773, ormai celebre, l'A. fu di nuovo in Italia e partecipò negli anni seguenti sui maggiori teatri alle prime esecuzioni di numerose opere, protagonista in diverse: La clemenza di Tito di J. Mysliweczek (Venezia, teatro S. Benedetto, carnevale 1774), Lucio Silla di P. Anfossi (ivi, teatro S. Samuele, fiera dell'Ascensione 1774) e La disfatta di Dario di G. Paisiello (Roma, teatro Argentina, carnevale 1776; Firenze, teatro di via del Cocomero, ottobre 1776 e Livorno, teatro di S. Sebastiano, 21 genn. 1777).
Nella stagione 1777-78 l'A. venne scritturato con 700 zecchini per il teatro S. Carlo di Napoli e fu così grande il suo successo da ottenere, nel luglio 1777, di sostituire l'annunciato dramma Ifigenia di T. Traetta con il suo cavallo di battaglia La disfatta di Dario. Riconfermato con lo stesso stipendio per la stagione 1778-79, l'A. riuscì ancora a far scritturare invece della prima donna Rosa Agostini la cantante Giuseppa Maccherini, che egli aveva sposato nell'estate del 1778. Verso il 1780 si recò a Londra, rimanendovi per due stagioni, ma avendo riacceso colà una vecchia lite con il sopranista Francesco Roncaglia, l'A., che a suo dire era "sempre in guai" per la naturale irritabilità del suo carattere, ruppe il contratto e ritornò in Italia. Nel carnevale e primavera del 1780 cantò a Roma al teatro Alibert, protagonista nel Caio Mario di D. Cimarosa e nell'Antigono di J. Mysliweczek, come Sabino nel Tito delle Gallie di P. Anfossi e Lucio Vero nel Vologeso di Giacomo Rust (nel 1776 l'A. aveva interpretato la stessa parte nell'opera dal titolo uguale di G. Masi sulle scene dell'Argentina). Dopo un breve ritorno nel 1781 a Londra con la moglie, l'A. continuò a cantare ininterrottamente sui teatri italiani fino al 1794, quando si ritirò a Napoli, dedicandosi all'insegnamento del canto e alla composizione. L'A. morì a Firenze il 5 luglio 1826 e fu sepolto nel chiostro di S. Croce.
Fra le tante sue interpretazioni nel ruolo di protagonista si ricordano quelle di Giunio Bruto di L. Caruso e Mitridate re del Ponto di A. Tarchi (Roma, teatro Alibert, carnevale 1785), di Medonte re d'Epiro di G. Sarti, (Modena, teatro Rangoni, giugno 1785), ma in modo speciale quella di Arsace ne La vendetta di Nino di A. Prati (su libretto dell'abate Pietro Giovannini e non di F. Moretti; Firenze, teatro della Pergola, carnevale 1786). Quest'opera, rappresentata la prima volta a Parigi con il titolo Semiramide (erroneamente segnata dal Gerber Die Rache des Minus), fu attribuita all'A., mentre egli ne fu soltanto un interprete eccezionale e un benemerito dello spettacolo, ripetuto poi numerose volte sulle scene italiane, tanto che nel 1793 Luigi Cerretti scrisse un'ode per l'interpretazione dell'A. nel ruolo di Arsace. Un altro trionfo dell'A. fu Il Pirro di G. Paisiello al teatro della Pergola di Firenze nell'autunno 1791e al teatro Rangoni di Modena il 30 nov. 1792. In quest'ultima rappresentazione l'entusiasmo provocò due partiti, in favore dell'A. e del sopranista D. Bruni, e l'autorità intervenne per proibire le manifestazioni troppo clamorose.
Durante la terza replica dell'opera (9 luglio) fu recata all'A. da una colomba una medaglia d'oro, con il suo ritratto e iscrizioni elogiative, e un'ode scritta in suo onore dal Cerretti. Ancora la stessa opera eseguita il 30 novembre del 1792 al teatro degli Avvalorati di Livorno suscitò un vero delirio. La spiegazione di tale entusiasmo va ricercata nello speciale stile di canto dell'A. e nell'importanza delle parti tenorili che si affermavano sempre più, sostituendo quelle dei sopranisti.
Il Burney, infatti, nel 1772 scrisse che l'A. era "un cantante di primo ordine" ed aveva "una eccellente voce di tenore". "Alto, magro, di bella figura - prosegue il Burney - si accompagnò da sé sul clavicembalo in molti canti, nei quali manifestò non soltanto buon gusto ed espressione, nei movimenti lenti, ma grande nettezza nel presto [movimenti rapidi], poiché egli [era] in grado di eseguire nelle arie di bravura i più rapidi passaggi" "Il suo stile [era] serio" e lo storico inglese dichiarò che non aveva mai ascoltato "un cantante migliore nel suo genere". Aveva l'A. "una grande estensione di voce unita a molta finezza e dolcezza", ma "il suo trillo [era] un po' troppo serrato, altrimenti [egli avrebbe dovuto] osare di dichiararlo un perfetto tenore". Il giudizio del Burney fu press'a poco uguale molti anni dopo (1789), lamentando "una piccola deficienza di varietà, spirito e animazione nel cantare gli allegri, nel distinguere la gioia dal dolore" e "una certa melanconia, pathos nei suoi accenti in ogni occasione che rendeva le sue esecuzioni un po' monotone. Il suo trillo non era buono e non era un profondo musicista". Il Gervasoni lodò il perfetto metodo di canto dell'A., ripetendo quasi lo stesso giudizio del Burney.
L'A. fu conosciuto anche come compositore di duetti e trii per soprani, tenore e basso con il basso continuo e di altra musica vocale.
Fonti e Bibl.: Gazzetta Universale 1777, n. 8, p. 63; n. 9, p. 71; n. 47, p. 373; n. 61, p. 487; 1786, n. 28, p. 224; 1791, n. 12, p. 91; n. 75, p. 600; 1792, n. 56, p. 448; n. 97, pp. 774 s.; Ch. Bumey, A general history of music from the earliest ages to the present period, IV, London 1789, pp. 515 s.; Id., An eighteenth-century musical Tour in France and Italy..., a cura di P. A. Scholes, II, London 1959, pp. 221 s.; C. Gervasoni, Nuova teoria di musica, Parma 1812, pp. 83 s.; F. Caffi, Storia della musica sacra nella già ducale cappella di S. Marco in Venezia dal 1318 al 1797, II, Venezia 1855, p. 49; A. Gandini, Cronistoria dei teatri di Modena dal 1539 al 1871, I, Modena 1873, pp. 137 s., 153-155, 158 s.; L. Bignami, Cronologia di tutti gli spettacoli rappresentati nel gran Teatro Comunale di Bologna dalla sua solenne apertura 14 maggio 1763 a tutto l'autunno del 1880, Bologna 1880, p. 20; B. Croce, I teatri di Napoli secolo XV-XVIII, Napoli 1891, pp. 570, 761; J. Sittard, Zur Geschichte der Musik und des Theaters am Württembergischen Hofe. 1733-1793, II, Stuttgart 1891, p. 136; T. Wiel, I teatri musicali veneziani del Settecento, Venezia 1897, p. 271, n. 734, p. 298 s., nn. 798 e 802, p. 300, n. 803, p. 304, n. 813, p. 315 n. 833, p. 413 s. nn. 1128-1129; Poeti minori del Settecento, a cura di A. Donati, Bari 1912, pp. 281-286; G. De Dominicis, I teatri di Roma nell'età di Pio VI, Roma 1922, pp. 89, 144, 161, 163; A. De Angelis, Il Teatro Alibert o delle Dame (1717-1863), Tivoli 1951, p. 218 s., 220 s., 231; E. L. Gerber, Neues historischbiographisches Lexikon der Tonkünstler, I, Leipzig 1812, col. 121; R. Eitner, Quellen-Lexikon der Musiker, I, p. 162; X, p. 400; C. Schmidl, Diz. universale dei Musicisti, I, p. 56, e Supplemento, p.32; Grove's Dict. of Music and Musicians, I, London 1954, p. 161; Encicl. dello Spettacolo, I, col. 667.