CANINI, Giovanni Angelo
Figlio secondogenito dello scalpellino Vincenzo, nacque a Roma nel 1609 (Pio, 1724). Tutte le fonti confermano che ancora bambino conobbe il Domenichino, col quale imparò soprattutto a disegnare e, quando questi si allontanò da Roma per andare a Napoli circa il 1631, rimase sotto la guida di un altro allievo del maestro, A. Barbalonga, con cui dovette seguitare ad applicarsi al disegno, studiando le statue e i bassorilievi antichi e copiando i capolavori pittorici degli artisti più importanti. Su invito del Domenichino, fu chiamato nel 1634 a restaurare le pitture a olio su muro del Passignano, deperite per l'umidità, nella cappella di S. Sebastiano della villa Aldobrandini a Frascati (Passeri, ed. Hess, 1934, pp. 62 s.). Il lavoro lo tenne occupato, assieme all'amico (e allievo, secondo J. Hess, 1928, p.10). G. B. Passeri che egli volle con sé, dal luglio al settembre di quell'anno.
A quest'epoca risale una caricatura del C., eseguita dal Domenichino, che il Bellori conservava nella sua collezione; tali rapporti di amicizia col Domenichino, Passeri e Bellori indirizzarono in modo determinante le scelte del C. verso l'antico, lo educarono alla poetica del classicismo e al gusto dei valori formali e l'avviarono verso quella perizia tecnica del disegno che gli fu propria. Al tempo stesso condizionarono le sue capacità artistiche in senso unilaterale, sentendosi poi egli maggiormente attratto da un linguaggio grafico piuttosto che pittorico.
Stando alle fonti (Pascoli, Passeri), infatti, non si rivelò di buona qualità pittorica la sua prima opera pubblica, la tela, oggi dispersa, raffigurante la Vergine,s. Francesco,il cardinale Francesco Barberini e alcuni frati della Confraternita delle Stimmate, eseguita per l'oratorio romano dedicato alle stimmate di s. Francesco. In questi anni avrebbe spesso lavorato per privati fintantoché, essendo cresciuta la sua fama, ottenne alcune commissioni per le chiese romane (Pascoli, p. 117). Per incarico del padre Filippini, priore di S. Martino ai Monti, dipinse due tele d'altare, la SS. Trinità con i ss. Bartolomeo e Nicola (esposta il 18 luglio 1644) e il Martirio di s.Stefano, per cui ricevette pagamenti nel 1646 (Sutherland, 1964: per un disegno con lo stesso soggetto vedi Vitzthum, 1965). Contemporaneamente il C. lavorava per il fratello del suo amico cardinale Camillo Astalli, firmando e datando nel 1645 alcuni dipinti sulle pareti delle stanze del suo castello di Sambuci (nei pressi di Tivoli): sono Storie di Rinaldo e Armida, scene mitologiche e figure in chiaroscuro, affreschi con paesaggi e finte architetture di colonnati. Dipinse anche per la chiesa di quel luogo (Passeri, p. 367), restando impegnato fino al 1650 circa.
Negli stessi anni si dedicava all'incisione, come dimostrano il frontespizio per il volume di Francesco Angeloni, Historia diTerni (Roma 1646), e per l'Obeliscus Pamphilius (inciso da Cornelius Bloemart: cfr. Hollstein, 1969, p. 76 nn.210 s.), per la pubblicazione di Atanasio Kircher (Roma 1650). Già sodale dei Virtuosi al Pantheon, il nome del C. appare per la prima volta negli Atti dell'Accademia di S. Luca il 1º luglio 1642 (non nel 1650 come afferma l'Orlandi, 1704) e continua ad essere citato fino al 4 nov. 1657 (Libro delle Congregazioni, vol. 43, passim).
Si potrebbero datare intorno al 1650 gli affreschi con Martiri dell'arco trionfale della chiesa di S. Francesca Romana. Sebbene le opere condotte fino a questo momento denuncino modi accademici, di netto sapore domenichiniano, il C. fu chiamato a far parte del gruppo dei collaboratori di Pietro da Cortona per la galleria di Alessandro VII al Quirinale. Questo incarico lo ricevette probabilmente più per l'interessamento del pontefice che non per la volontà dello stesso Berrettini, come appare dai documenti (Arch. Segr. Vaticano, Sacro Pal. Apost., serie Varia, vol. 771) p. 154: vedi Wibiral, 1960, p. 161) e dalle fonti (Pascoli, p. 118).
Oltre ad alcune figure e ornati in chiaroscuro, dipinti col Cesi e col Chiari, distrutti dai lavori di restauro compiuti in tempi diversi, il C. eseguì un solo riquadro a fresco, il Sacrificio di Abramo, al quale già lavorava nel 1656, mentre il compenso complessivo di 215 scudi lo ottenne il 27 luglio 1657 (Arch. di Stato di Roma, Camer. I, Reg. Mandati, vol. 1025, ff. 35, 165, 203, 257; Wibiral, 1960, p. 161). Due disegni preparatori si trovano a Düsseldorf (I. Budde, Beschreibender Katalog der Handzeichnungen in der Kunstakademie..., Düsseldorf 1930, p. 22 n. 133; E. Schaar, Meisterzeichnungen der Samml. L. Krahe [catal. della mostra], Düsseldorf 1969, p. 47 n. 81). È un'opera di gusto decisamente anticortonesco, inserita anzi in un contesto compositivo di tipo classicistico con echeggiamenti dal Cavalier d'Arpino; i colori un po' freddi e duri racchiusi entro un disegno nitido definiscono compiutamente la sua poetica di stampo manieristico alla Domenichino.
Nel 1657 il Mola proponeva il C. quale suo collaboratore, insieme con il Cozza, per la decorazione del palazzo Pamphili a Valmontone (Montalto, 1955, pp. 268, 287). Caratteri vicini alla concezione classicheggiante del Cozza si riscontrano anche nei due affreschi dipinti nel 1659 per la chiesa di S. Marco a Roma: Abdon e Sennen si rifiutano di adorare gli idoli pagani e S.Marco approva il progetto per la costruzione della chiesa, che occupano rispettivamente il secondo riquadro a destra e a sinistra della navata centrale. Per tali opere, che secondo il Pascoli (p. 118) furono commissionate all'artista per interessamento del cardinale Astalli, egli ricevette un pagamento a saldo il 15 ott. 1659 (Dengel, 1911 p. 93 nota 1). In questo stesso periodo dipinse la Disputa di s. Caterina per la cappella Cesi in S. Maria Maggiore. Datati 1659 e 1663 sono i due riquadri della cappella Baccelli in S. Giovanni dei Fiorentini ove raffigurò la Conversione di s. Paolo (il disegno preparatorio è nella Royal Library di Windsor: vedi The Connoisseur, CLXI [1966], 647, pp. 20 s.) e la Apparizione di Gesù risorto agli Apostoli sul lago Tiberiade. Della notorietà acquisita testimoniano le relazioni del C. con la corte di Savoia (lettera del 1658, in G. Claretta, I reali di Savoia..., Torino 1893, pp. 9 s.) e - tra il 1655 e il '60 - i rapporti di stima con la regina Cristina di Svezia. Presentato alla sovrana dal Bellori, il pittore ricevette una commissione per quattro dipinti (Pascoli, pp. 119-123), dei quali non è traccia nella collezione reale di Stoccolma, dove si conservano, tuttavia, alcuni disegni del C.: uno di questi è lo studio del frontespizio all'edizione bolognese del 1647 delle Vite del Vasari (Hollstein, 1969, p. 79 n. 281), con la prefazione del Bellori.
Èin questo tipo di attività volta alle cose rare, ai temi letterari (il C., tra l'altro, componeva versi, come testimoniano Pascoli e Passeri), al gusto per gli oggetti preziosi (lavorava cammei e incideva pietre dure), che l'artista rivela la sua natura più estrosa e le doti più interessanti della sua personalità, curiosa della natura come delle "anticaglie", attenta a registrare i dettagli rari secondo il gusto degli amatori d'arte e dei colti accademici. Con questo spirito si era messo a comporre un libro, che fu pubblicato, postumo (1669), da suo fratello Marcantonio: Iconografia cioè disegni d'Imagini de' famosissimi Monarchi,Regi,Filosofi,Poeti e Oratori dell'Antichità. Ilprogetto dell'Iconografia - premiato dallo stesso Luigi XIV - fu dal C. presentato al Colbert in occasione di un viaggio in Francia (marzo-ag. 1664)quando, su invito del card. Flavio Chigi, accompagnò il porporato per disegnare i luoghi di maggiore interesse e annotare da intenditore oggetti e cose di particolare riguardo. A memoria di questo viaggio, esiste un gruppo di diciannove fogli con disegni in gesso nero su carta bianca (Biblioteca Apostolica Vaticana, Fondo Chigiano F VIII 191) riproducenti paesaggi o monumenti classici; un altro gruppo di disegni nella stessa raccolta (Fondo Chigiano G VIII 224: vedi Hess, 1934, p. 342)riproduce una collezione di armi, a firma del C., con dedica a Flavio Chigi. Ancora allo stesso periodo appartengono un disegno con l'Allegoria della Francia e dell'Italia (Roma, Acc. di S. Luca) e un'incisione molto fine con il ritratto del Cardinale Mazarino.
A Roma continuò a lavorare per i Chigi, decorando con pitture, nel 1665, la volta della camera del cardinale Flavio nel suo palazzo ai SS. Apostoli; così come nel 1666 dipingeva a guazzo piccole scene con i Miracolidi s. Francesco di Sales nella chiesina di villa "Versaglia" presso Formello, ed eseguiva a olio una storia su uno sfondo di paesaggio sul portone della villa (Golzio, 1939). Negli ultimi tempi della sua vita il C. si dedicò quasi esclusivamente ai suoi interessi dotti e antiquari. Morì a Roma nel 1666.
Tra le altre opere dipinte dal C. per le quali non si hanno indicazioni precise circa la datazione, ricordiamo i due affreschi nella galleria delle carte geografiche, nel Palazzo apostolico vaticano, ove è raffigurato su un garbato sfondo paesaggistico il Trasporto della miracolosa immagine della Vergine al Monte della Guardia e due Monaci che si avviano al monastero di San Michele in Bosco;le quattro tele, distrutte, per S. Cosimato con il Seppellimento di s. Andrea, la Flagellazione del santo, la Deposizione del santo dalla croce, il Santo che adora la Croce;infine la tela con la Consegna delle chiavi, ancora sull'altare della sagrestia di S. Angelo Magno ad Ascoli Piceno, eseguita prima del 1662 (Mariotti, 1920).Della sua attività incisoria o, comunque, di disegnatore per incisioni, che indubbiamente dovette impegnarlo più continuativamente di quanto non si sappia, non conosciamo altre opere oltre a quelle citate; tuttavia un'indicazione più ampia ci è data dallo Heinecken che segnala, tra l'altro, un frontespizio per un libro dedicato all'imperatore Ferdinando III, inciso da F. Poilly; due soggetti sacri, uno dei quali inciso dal fratello Marcantonio; infine, un frontespizio allegorico recante l'iscrizione "La scuola della Verità aperta ai principi", e una allegoria con Minerva e le Muse, incisa da C. Bloemart il quale fu assiduo interprete di disegni del C. (Hollstein, 1969).
Oltre a quelli già nominati, suoi disegni si trovano in collezioni private, nel Gabinetto degli Uffizi di Firenze, nella collezione reale del castello di Windsor e nel British Museum di Londra. Una notizia del 1688 (Accad. di S. Luca, Libro delle Congregazioni, vol. 45, c. 141v) ci informa dell'esistenza di alcuni disegni dell'artista che l'Accademia di S. Luca si preoccupava di far stimare, certamente in rapporto alla notorietà che il C. aveva come disegnatore. Secondo il Pascoli (II, p. 124) il C. aveva cominciato a scrivere le Vite degli artisti a lui contemporanei, ma di questo scritto non si è trovata traccia.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Roma, Camerale I,Registro di Mandati della Reverenda Cam. Apost.ca, vol. 1025, ff. 35, 165, 203, 257; Roma, Arch. dell'Acc. di S.Luca, Libro delle Congregazioni, XLII a, cc. 43v, 47v, 51r; XLIII, cc. 45r, 74r, 76v, 90r, 91r, 92v, 95r, 96v, 97v, 98r, 100r, 101r, 108v, 115v; XLV, c. 141v; G. B. Lezana, Annales Sacri Prophetici et Eliae Ordinis Beat. Mariae de monte Carmeli, Romae 1652, pp. 571-579; G. B. Mola, Roma l'anno 1663, a cura di K. Noehles, Berlin 1966, ad Indicem;[G. P. Bellori], Nota delli Musei,Librarie,Galerie,et ornamenti di Statue e Pitture ne' Palazzi... di Roma, Roma 1664, p. 16; F. Titi, Studio di pittura, Roma 1674, pp. 164, 197, 271, 272, 304 (si vedano anche tutte le edizioni posteriori); P. Mandosio, Bibliotheca Romana, I, Romae 1682, p. 49 n. 69; P. A. Orlandi, Abecedario pittorico, Venezia 1704, p. 203; Bibl. Apost. Vat., cod. Capponi 257: N. Pio, Le vite di pittori... (Roma 1724), pp. 125 s.; O. Pancirolo-F. Posterla-G. F. 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