BOSSI, Giovanni Angelo
Nato nel 1590 da nobile famiglia milanese, ebbe al secolo il nome di Bonaventura. Avviato a studi umanistici, di filosofia e di giurisprudenza, entrò nell'Ordine dei barnabiti nel novembre 1609 durante il generalato di Cosma Dossena, che lo destinò come oratore presso il collegio di S. Paolo di Bologna. Dopo il 1623 ebbe a svolgere varie funzioni nell'ambito dell'Ordine a Milano, quindi a Tortona, prima di portarsi a Pisa dove fu preposto del collegio di S. Frediano, entrando in dimestichezza con l'arcivescovo Giuliano de' Medici e il successore Scipione Pannocchieschi, dei quali fu teologo ed esaminatore sinodale, e con lo stesso granduca Ferdinando II, che di lui si avvalse come consigliere in materie giuridiche.
A quel tempo il B. era già noto per alcuni saggi di teologia e di morale cristiana, il primo dei quali, il Tractatus de triplici Iubìlei privilegio..., aveva visto la luce a Pisa nel 1635 con dedica all'arcivescovo Giuliano de' Medici (una seconda edizione uscirà a Milano nel 1670); ma, soprattutto, per una controversia sostenuta con il cisterciense Giovanni Caramuel, autore di un'Apologia pro doctrina probabili, a sostegno delle tendenze lassiste, cui il B. aveva ritenuto di replicare personalmente aprendo una polemica che si trascinerà a lungo negli anni successivi (non ultimo atto della disputa sarà ancora l'Epistola Bossii ad Caramuelem, stampata a Lione nel 1653, in cui il barnabita milanese finirà per intervenire pure sul problema della "distinzione" dei peccati contro natura).
Gli studi di morale e di diritto canonico del B. e anche il suo impegno di esponente delle correnti più ortodosse e "rigoriste" avevano riscosso tuttavia più ampi consensi e trovato pure più adeguata elaborazione critica nell'opera pubblicata a Lione fra il 1649 e il 1651, in tre tomi, dal titolo Moralia varia ad usum utriusque Fori. Dedicata all'arcivescovo di Corinto Paolo de Gondi, l'opera costituisce una delle prime sistemazioni organiche in materia di teologia morale, specialmente nella prima parte in cui il B. affronta i temi della "coscienza erronea", della "coscienza dubbia" e della "coscienza scrupolosa".
Quest'ultimo tema aveva del resto costituito già l'argomento di uno specifico Tractatus de scrupolis et eorum remediis, dedicato al vescovo di Pavia-G. B. Sfondrati e comparso a Venezia nel 1647. Ma anche altre opere di morale cristiana o sulla disciplina dei sacramenti, dalle Disceptationes morales de iurisdictione Episcoporum... (Mediolani 1639) al De matrimonii contractu tractatus (Venetiis 1643), oltre a certe sue "comparse", come quella sostenuta con successo in difesa del cardinale Teodoro Trivulzio (schieratosi con gli Spagnoli contro il duca di Parma e perciò minacciato di scomunica da Urbano VIII), avevano procurato al B. solida fama di trattatista e di interprete autorevole di diritto canonico.
Eletto nel giugno 1653 generale dei barnabiti, il B. doveva poi dimostrare altrettanta fermezza anche nel governo dell'Ordine, cercando di stabilire un più severo controllo sui rapporti dei suoi soggetti con gli ambienti di corte italiani e di restaurare l'osservanza dello spirito religioso e della regola sia nelle case delle varie province della Congregazione, sia nell'ambito dello stesso collegio di S. Paolo.
Non sempre tuttavia con successo o senza difficoltà, ché - se non era agevole di per sé imporre il rispetto delle costituzioni e la disciplina dei costumi nelle comunità periferiche- inframmettenze e remore ben più pesanti insorgevano quando si trattava di riportare all'osservanza delle prescrizioni del capitolo generale singoli membri dell'Ordine protetti da cardinali o in familiarità con esponenti della Curia romana. In questo senso, anzi, il B. ebbe a sostenere più di uno scontro personale all'interno della Congregazione per il suo zelo di restauratore della disciplina regolare e degli uffici religiosi e di riforma del noviziato; ma, all'occorrenza, fu anche abile patrocinatore degli interessi del suo Ordine, cui assicurò, pur avendo rivali domenicani e gesuiti, una nuova fondazione in Genova con l'insediamento nella chiesa di S. Bartolomeo, già dei basiliani occidentali.
Dimessosi nel maggio 1656 per ragioni di salute dall'ufficio di generale dell'Ordine, in cui era stato assistito sin dall'inizio dal Falconi, e successivamente (dal 1654) da un vicario generale, il B. ritornò ai suoi studi di teologia, che d'altra parte non aveva interrotto del tutto avendo pubblicato nel 1654 a Lione un trattato De effectibus contractus matrimonii (poi ristampato postumo nel 1667 e nel 1676) e curato la riduzione di un'opera di padre Alfonso da Madrid, Methodus serviendi Deo..., stampata a Milano nel 1656. Tra le ultime opere del B. va ricordato il Tractatus de peculiari effectu contractus matrimonii nempe de dote filiabus danda... (Lugduni 1662), che vedrà ancora, dopo la ristampa del 1674, una terza edizione a Firenze nel 1839.
Il B. morì a Roma il 27 genn. 1665.
Bibl.: F. Argelati, Bibliotheca scriptorum Mediolanensium, Mediolani 1745, I, col. 217; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 3, Brescia 1762, p. 1856; A. M. Ungarelli Bibliotheca scriptorum e Congregatione... S. Pauli, Romae 1836, I, pp. 340-47, 493-95; O. Premoli, Storia deibarnabiti nel Seicento, Roma 1922, pp. 238 s., 258-65, 268; G. Boffito, Scrittori barnabiti, Firenze 1933, I, pp. 315 ss.; Dict. de théol cath., II, p. 1049.