LAZZARINI, Giovanni Andrea (Giannandrea)
Figlio di Carlo e Caterina Ricci di San Leo, nacque il 19 nov. 1710 a Pesaro, presso la cui cattedrale venne battezzato dal mansionario don Francesco Cardellini il giorno successivo.
Pittore, architetto, trattatista e ceramologo, il L. è figura di primo piano della cultura pesarese del Settecento. Nel 1734 divenne presbitero nella cappella di S. Agata della cattedrale di Pesaro. Nello stesso anno, superando le difficoltà economiche per intervento dell'amico Annibale degli Abbati Olivieri Giordani, intraprese il suo primo viaggio a Roma dove, pur con frequenti ritorni a Pesaro, soggiornò fino al 1749: in un primo momento presso il palazzo di Lavinia Gottifredi, madre di Annibale Olivieri, poi presso monsignor Gaetano Fantuzzi, uditore della Sacra Rota per la città di Ferrara e cugino dello stesso Olivieri. A Roma, ai molteplici interessi culturali il L. seppe unire quello per la pittura entrando nella bottega del pittore marchigiano Francesco Mancini.
Un'importante acquisizione documentaria emersa in seguito al riordino dell'Archivio diocesano di Pesaro (Calegari, 1989; I taccuini ritrovati…) permette oggi di circoscrivere con maggiore precisione la cultura figurativa del L., certamente costruita a Roma e sostanziata da un erudito classicismo derivato dal contatto diretto con l'antico, dal confronto con gli orientamenti interni alla bottega di Mancini e dalla frequentazione di villa Albani, da cui ebbe luogo il fondamentale sodalizio con Anton Raphael Mengs (Pulini, p. 520). Si tratta di cinque taccuini disegnati a matita che bene documentano le propensioni e le scelte estetiche del L. attraverso una ricca selezione di immagini espunte tanto dall'antichità classica quanto dai più noti esponenti del classicismo seicentesco (Guido Reni e Domenico Zampieri, detto il Domenichino); vi trovano spazio anche particolari di architetture turche e decorazioni egiziane, verosimilmente derivati dalla conoscenza di disegni come quelli di Ciriaco (Pizzicolli d'Ancona) o di copie conservate in codici della Biblioteca Vaticana (Calegari, 1989; I taccuini ritrovati…). Figure appena schizzate, sovrapposte o rovesciate testimoniano della ricerca, della pura invenzione sui temi religiosi, ma anche dello studio, probabilmente condotto su incisioni, dei numerosissimi dettagli decorativi provenienti da Ercolano, Stabia e Pompei.
Primo risultato compiuto dell'esperienza romana del L. furono le tre grandi pale d'altare eseguite tra il 1737 e il 1749 per la chiesa del convento di S. Maria Maddalena di Pesaro (oggi tutte nel Museo civico): La Maddalena e le Marie visitanti il S. Sepolcro per l'altare maggiore, licenziata nel 1744 e pagata 125 scudi papali; S. Benedetto accoglie i ss. Placido e Mauro, consegnata alle suore nel 1746 per 250 scudi; Il riposo durante la fuga in Egitto, terminata nel 1748 e saldata anch'essa con 250 scudi.
Si tratta di tele di grandi dimensioni, eseguite con sapienza tecnica e sicura composizione: le figure, salde e ben proporzionate, sono immerse in scenari paesistici archeologicamente studiati in cui ai dettagli in primo piano di decorazioni architettoniche antiche fanno eco sullo sfondo precise ricostruzioni monumentali liberamente disposte nello spazio aperto. Esemplare di una tale attenzione compositiva è la realizzazione di una ideale città di Ravenna quale sfondo dell'elegante tela raffigurante un Angelo che indica la via della fuga a s. Illuminata (Massa Martana, Municipio), verosimilmente databile al 1746 (Pulini, pp. 518-521).
Nel 1749, dopo brevi soggiorni a Venezia e a Ferrara, tornò stabilmente a Pesaro per assumere all'interno della locale Accademia quel ruolo di prestigio incondizionato che avrebbe mantenuto fino alla morte. In quello stesso anno condusse i lavori architettonici e decorativi del palazzo Olivieri-Machirelli (oggi sede del conservatorio) da lui già progettato nel 1747 e per il quale nel 1752 avrebbe realizzato l'affresco del soffitto sopra lo scalone con Abramo che adora gli angeli. Tra il 1752 e il 1759, insieme con importanti incarichi pittorici quali le decorazioni a grottesche per il duomo e la pieve di San Leo eseguite su commissione di Olivieri e oggi perdute, il L. dette principio a una sistematica produzione teorico-trattatistica con la lettura nel 1753 all'Accademia della dissertazione sull'Invenzione.
L'opera sarebbe stata pubblicata: a Vicenza nel 1782 con il titolo Dissertazione sopra l'arte della pittura letta all'Accademia Pesarese l'anno 1753; a Pesaro nel 1783 in appendice al Catalogo delle pitture che si conservano nelle chiese di Pesaro di A. Becci; nuovamente nel tomo I dell'edizione delle Opere (Pesaro 1806), e ancora a cura del nipote Saverio in Nozze Vaccay-Gennari, Pesaro 1883 (Calegari, 1986).
Dopo il primo intervento all'Accademia nel 1753, seguirono la pubblicazione, tra il 1756 e il 1767, delle dissertazioni, anch'esse lette all'Accademia, sulla Composizione, sul Disegno, sul Colorito, sull'Espressione e infine, stampata con le precedenti nell'edizione del 1806, sull'Architettura.
Fu di nuovo a Roma nel 1759, dopo aver lavorato alla grande pala d'altare raffigurante la Ss. Trinità (Pesaro, Museo Civico) per l'omonima chiesa dell'ospedale, terminata nel 1758 su progetto dello stesso L. e andata distrutta nel 1912-13.
La tela, di grandi dimensioni, come anche le contemporanee due raffiguranti S. Vincenzo Ferreri e La Madonna in trono e santi eseguite per la chiesa di S. Domenico a Fano, presenta un'insolita iconografia che, sommando le rappresentazioni della Deposizione, del Peccato originale e della Trinità, scaturisce in una composizione d'effetto, giocata su veloci tagli diagonali, di forte timbro devozionale, non estranea a suggestioni della tradizione marchigiana del secolo XVI.
Del 1762 è la commissione del re di Prussia Federico II, procuratagli per il tramite di Francesco Algarotti, di due dipinti raffiguranti Cincinnato chiamato alla dittatura e Presa diSiracusa e morte di Archimede rimasti poi per ragioni non chiare ai conti Algarotti, come risulta da una lettera di Pietro Bini da Venezia al L. a Pesaro del 4 maggio 1770 (Calegari, 1986, p. 474).
Le salde competenze artistiche del L., aggiornate al gusto e ai temi culturali della capitale pontificia, fecero di lui un punto di riferimento per pittori e committenti locali attratti dall'esperienza romana dell'artista, dagli esiti improntati a un raffinato classicismo dove la matrice raffaellesca si associava a un gusto antiquario. A capo di una fiorente bottega con sede a Pesaro, città che in quegli anni stava godendo di un momento di rilancio culturale ed economico, egli lavorò tra il 1763 e il 1776 in impegnativi cantieri architettonici e pittorici coadiuvato dall'intervento di allievi.
Del 1763 è la decorazione, ancora in palazzo Olivieri-Machirelli, della Galleria degli uomini e donne illustri pesaresi. Dello stesso anno è il lavoro, durante il quale fu affiancato da Tommaso Bicciagli, per la costruzione di palazzo Mazzolari, e a seguire, nel 1767, 1772 e 1776 la realizzazione, rispettivamente: della decorazione dell'abside del duomo di Osimo con il Martirio dei santi osimani, distrutta ma di cui esistono bozzetti nel Museo civico di Pesaro; del ciclo di affreschi di palazzo Olivieri-Machirelli sulla fondazione della città, secondo la Dissertazione sulla fondazione di Pesaro di Annibale Olivieri; e degli affreschi con le Fatiche di Ercole della Galleria di palazzo Bonaccorsi a Macerata con gli allievi Carlo Paolucci e Pietro Tedeschi.
Un caso a sé costituisce l'esperienza del L. in palazzo Mazzolari a motivo di una vertenza giudiziaria mossa dall'artista nei confronti di Antonio Maria Mazzolari, che aveva ritenuto esorbitante il compenso chiesto dal L. contestandone i progetti. La procedura della causa, avviata nei tribunali romani, venne seguita da monsignor Callisto Marini, archivista vaticano e nipote del L., che dal 1765 al 1768 tenne informato lo zio tramite un fitto carteggio, nucleo documentario centrale per la ricostruzione delle vicende storiche dell'edificio insieme con altre corrispondenze relative all'acquisto di materiali e a notizie di collaboratori esterni. La causa con Mazzolari ebbe termine nel giugno 1768 e vide vincitore il L. con la conseguente accettazione e realizzazione definitiva del progetto. La decorazione pittorica del palazzo si presenta come il risultato di interventi disomogenei tanto sul piano della cronologia quanto su quello stilistico, alternandosi in periodi diversi artisti di diversa qualità. Per l'individuazione e lo studio della parte spettante al L. viene in aiuto un taccuino autografo di proprietà privata (a tutt'oggi inedito: Calegari, 1999) che con i suoi 160 disegni a matita, schizzi per arredi e per decorazioni, fissa un ponte di collegamento con i motivi decorativi del palazzo stilisticamente intonati a brani raffaelleschi delle Logge Vaticane e sapientemente intessuti con l'architettura reale dell'edificio.
Canonico della cattedrale di Pesaro dal 1777, in quello stesso anno il L. vi dipinse una copia su tela dell'affresco rinvenuto nel 1752 nella cripta della chiesa di S. Decenzio (oggi al Museo civico), raffigurante I ss. Germano diacono, Decenzio vescovo, Terenzio in abiti vescoviliel'imperatore Costantino Pogonato.
Tra il 1778 e il 1796 eseguì la figura giacente di S. Terenzio da scolpire a bassorilievo cesellato per coprire il cristallo dell'urna con le reliquie del santo (l'opera è attualmente nei depositi della cattedrale, in attesa di essere esposta nel Museo diocesano di prossima apertura), e diede corso ai lavori per il palazzo del seminario, per il quale realizzò pure le tele raffiguranti S. Luigi Gonzaga, i Ss. Nicola e Caterina d'Alessandria protettori delle scuole, la Ss. Trinità (Pesaro, Seminario nuovo presso Monte Ardizio, in attesa anch'esse di essere collocate nel Museo diocesano). Sempre su tela dipinse nel 1794 una Trasfigurazione e una Madonna con santi e l'arcangelo Michele per la chiesa dell'Eremo di Monte Giove presso Fano. Nel 1796, a completamento della decorazione del palazzo Olivieri-Machirelli, realizzò per la sala dei marmi due figurazioni allegoriche, Pesaro pagana e Pesaro cristiana, eseguite a olio su tela.
Morì a Pesaro il 7 sett. 1801.
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