GARISENDI, Giovanni Andrea
Nacque a Bologna da Cristoforo tintore, probabilmente, secondo L. Frati (in Rimatori), intorno al 1470, essendo stato immatricolato notaio nel 1490, e aggregato alla società dei notai il 20 dic. 1493. Dallo stesso Frati (ibid.), il maggiore studioso del G., sappiamo che egli ebbe il cognome del padre; rileviamo tuttavia la testimonianza di G. Casio (G. Pandolfi da Casio de' Medici) il quale, nel sonetto CLI dei suoi Epitaffi (Bologna 152), scrive: "Hebbe per Madre, Gioan Andrea il cognome".
Gli atti notarili del G. risultano rogati dal 1495 al 1527. Sappiamo che il G. esercitò il notariato nello studio di B. Zani, poi in quelli di L. da Sala (1491-1500), di M. Zanetti e di M. Gessi. Fu correttore dei notari dal 1510 al 1521, nel 1523 e nel 1525. Il 3 dic. 1506 il G. fu eletto cancelliere del Senato, ufficio che tenne sino alla morte. Il 16 genn. 1516 G.B. Franchi cedeva al G. l'ufficio di capitano di Crespellano. Il 2 genn. 1517 era con A. Bocchiardi regulator punctationum dello Studio bolognese.
Ebbe un figlio e una figlia: il primo, di nome Teodoro, nacque il 23 marzo 1509 e morì il 10 febbr. 1533 lasciando un figlio di nome Gio. Andrea, il quale fece testamento il 25 sett. 1553, istituendo erede il figlio maschio che sarebbe nato da Giacoma di Cristoforo Boncompagni, vedova di Teodoro Garisendi e moglie di Angelo Michele di Girolamo Guastavillani, con l'obbligo di nominarsi Gio. Andrea Garisendi e di usare il suo stemma. Così il nome e lo stemma dei Garisendi passò alla famiglia Guastavillani. La figlia, di nome Elena, sposò il 19 febbr. 1525 Girolamo di Giovanni Ranuzzi. Fra le persone legate al G. figura A. Bocchi, che gli indirizzò una delle sue elegie intitolate Lusus (cfr. Diz. biogr. degli Italiani, XI, p. 69), con la quale lo pregava di collaborare all'opera che aveva intrapreso, la Storia di Bologna. Fu anche amico di G.F. Achillini, che lo menziona nel suo Viridario.
Il Crescimbeni (p. 178) cita il G. tra i letterati che fiorirono negli anni Novanta: erudito nella lingua latina e volgare, poeta, "spiritoso, e bizzarro Rimatore ma nulla culto". Dell'opera del G. ci è rimasto poco. Nel codice 2618, appartenuto al p. G.C. Trombelli, e ora conservato nella Biblioteca universitaria di Bologna, si leggono sei sonetti del G. in morte di fra Mariano da Genazzano (morto nel 1498), acerrimo nemico di G. Savonarola (pubblicati da E. Lamma, pp. 267, 269, 274-276, 280 s.). Del G. rimangono pure, contenuti nello stesso codice: alla carta 61r un sonetto dedicato al senatore G.F. Aldrovandi: Non già perché della brutta opra orrenda; a cc. 7r e 66r un altro dedicato a un certo Traiano Aretino: Fratel, s'io non donai prima a te il core. A questo seguono cinque adespoti che, secondo il Frati, sembrano appartenere allo stesso G.: c. 66r Ad Scribanarium e Ad vasculum; c. 66v Dialogus inter auctorem et cor; c. 67r Dialogus inter auctorem et affinem mortuum e Iacobo Mantuano R. loquitur affini suo. Inoltre nelle Collettanee grece latine vulgari per diversi auctori moderni nella morte de lardente Seraphino Aquilano, raccolta di versi promossa dall'Achillini dopo la morte di Serafino Ciminelli (Bologna, C. Bazaleri, 1504), si leggono altri sonetti del G.; quattro volgari: Quel Seraphin che dal celeste nido; Vedendo Giove tanti casi adversi (questo sonetto si trova anche nel cod. Add. mss. 25596 della British Library a Londra, cc. 7v, 12v), Se brami viator saper mia sorte, Non passar viator che tu non piagni; tre latini: Forte tot adversos casus dum iuppiter altis; Si mea qui legis haec discere fata cupis; Adsta nec lachrymis qui legeris ista viator; e la prima quartina di un quarto sonetto latino che comincia: Siste Seraphini ad tumulum spectaque viator. Ma la poesia più degna di nota del G. è il Dialogo, overo Contrasto de amore. Interlocutori: Antiphilo, et Philero, e temporalmente cantati, contenuta in due codici, entrambi del XVI secolo, della Biblioteca nazionale Marciana di Venezia, Mss.ital., cl. XI, 17 (=7223), cc. 1-40 e Mss.lat., cl. XIV, 249 (=4684), cc. 31-70. Questo poema composto di centocinquantuno ottave, dedicato alla marchesa Lucrezia d'Este moglie di Annibale (II) Bentivoglio, evidenzia il grado di cultura del Garisendi.
In questo dialogo, pervaso di reminiscenze dantesche, in cui si insulta e difende l'amore, il G. menziona oltre Dante e Petrarca, il poema Di Paulo e Daria di Gasparo Visconti, le rime di V. Calmeta, A. Tebaldeo ferrarese e celebra le lodi di Lorenzo de' Medici e di B. Accolti.
Nel Vaticano latino 2836 (sec. XVI), cc. 316r, 317r vi è una lettera del G., datata Bologna, 4 ott. 1501, indirizzata a un certo Vincenzo Romano, a cui inviava due epitaffi.
Il G. morì nel 1525 e fu sepolto nel chiostro del convento di S. Domenico a Bologna.
Fonti e Bibl.: G.N. Pasquali Alidosi, Li proconsoli e correttori de' notari della città di Bologna dal loro principio fino all'anno 1616, Bologna 1616, pp. 18, 20; G.M. Crescimbeni, Commentarj intorno alla sua istoria della volgar poesia, II, 2, Roma 1710, p. 178; III, ibid. 1711, p. 199; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, IV, Bologna 1784, pp. 72-74; G. Guidicini, Cose notabili della città di Bologna, II, Bologna 1869, p. 139; IV, ibid. 1872, pp. 284-286, 288; Id., Miscellanea storico-patria bolognese, Bologna 1872, pp. 165 s.; E. Lamma, I codici Trombelli della R. Biblioteca universitaria di Bologna, in Il Propugnatore, n.s., VI (1893), 2, pp. 243, 245-247, 267, 269, 274 s., 280; F. Cavicchi, Una raccolta di poesie italiane e latine per la morte di fra Mariano da Genazzano, in Giorn. stor. della lett. italiana, XL (1902), pp. 158, 160, 163, 168; L. Frati, G.A. G. e il suo contrasto d'amore, ibid., XLIX (1907), pp. 73-82; Rimatori bolognesi del Quattrocento, a cura di L. Frati, Bologna 1908, pp. 275-334; P.O. Kristeller, Iter Italicum, Cumulative Index to volumes I-VI, p. 227.