ALBICANTE, Giovanni Alberto
Letterato milanese del sec. XVI, ebbe larga fama ai suoi tempi ed ha lasciato traccia di sé in alcune aspre polemiche con i più famosi avventurieri della penna del Cinquecento, l'Aretino e il Doni. Fu chiamato dai suoi avversari "il Meschino" e "il Furibondo",ed egli stesso amò firmarsi "il Bestiale", quasi a testimoniare la violenza della sua indole.
Nel 1538 diede alla luce la sua prima opera, La Notomia d'Amore (Brescia; altra ediz. Venezia 1539), dedicandola al suo protettore Alfonso d'Avalos, marchese del Vasto, da quell'anno governatore di Milano: ne fu ripagato con la concessione della corona poetica. Si tratta di un breve poemetto in ottava rima, in cui viene svolta la peregrina vicenda del fanciullo Amore, catturato e dilaniato dagli uomini che ha fatto soffrire, e risuscitato dalla madre Venere. Dello stesso anno èil poemetto storico in ottava rima Historia della Guerra del Piamonte (Milano; altra ediz. ibid., 1539), dedicato al duca di Maritova: vi è descritta la guerra tra Francesi e Spagnoli, che devastò in quegli anni le regioni subalpine.
Tale opera fu presa particolarmente di mira da Pietro Aretino, preoccupato forse che l'A. estendesse troppo il cerchio delle sue influenze, oppure convinto, come altri suppongono, che l'A. fosse l'anonimo falsificatore di due lettere scritte rispettivamente contro Carlo V e Cesare Fregoso, che portavano il suo nome. Contro l'A. egli indirizzò nel 1539 un capitolo ingiurioso, in cui fra l'altro lo gratificava dei titoli di "pincerna e patriarca delle Muse, aguzzino e amostante di Parnaso"; l'A. replicò in maniera non meno irruenta con un altro capitolo, intitolato Apologia del Bestiale Albicante contro il divino Aretino.Ma la polemica si sgonfiò presto; ed è notabile che il primo ad offrir pace fu proprio il maggiore tra i due contendenti, cioè l'Aretino. Si è sospettato con qualche ragione che tale arrendevolezza fosse da attribuire ad un segreto interesse dell'Aretino, il quale desiderava che la stampa postuma dell'Orlando innamurato del Boiardo, corretto e rifatto dal Berni, suo acerrimo nemico, allora in atto presso gli editori Calvo di Milano, fosse purgata di ogni malevolo accenno alla sua persona: e si dà il caso che proprio l'A. avesse eritrature presso tali editori e curasse lui di persona tale stampa (come testimoniano i due sonetti premessi all'Orlando nell'edizione milanese del 1542, l'uno indirizzato a Guglielmo di Lange, l'altro di lode al Berni).
Come che sia, la pace fra i due durò, sia pure con qualche screzio: e, ne è singolare testimonianza un opùscolo,nel quale fu raccolto il materiale della disputa, secondo una consuetudine tipicamente cinquecentesca: l'Abbattimento poetico del divino Aretino e del Bestiale Albicante, occorso sopra la guerra del Piamon te, e la pace loro celebrata nell'Accademia degli Intronati a Siena,s.l. 1539, dove l'accenno all'Accademia senese si riferisce a un sonetto di A. Nardi, composto per l'occasione della pace e letto in quella Accademia.
Altra polemica non meno violenta ebbe l'A. con A. F. Doni, e fu quando questi, nel 1545, in una lettera al conte M. Stampa, parlando di padelle ed altri arnesi, lodò l'A. come perfettissimo cuoco. L'A., indignatissimo, non si limitò a rispondere da solo all'avversario, ma volle sollevare contro di lui i suoi non pochi e potenti amici, fra i quali per l'occasione possiamo annoverare il Contile e il Caro. Le loro lettere all'A. ci dimostrano, sia pure con qualche tratto ironico, che la sua fama di polemista era temuta e stimata negli ambienti letterari del tempo; e lo stesso Doni probabilmente dovette venire a più miti consigli, se già nel 1546,ristampando le sue Lettere,lasciò l'accenno agli arnesi da cucina ma vi tolse il nome dell'Albicante. Nel 1547 uno scambio di lettere fra l'A. e il Doni testimonia che i loro rapporti erano tornati amichevoli (A. F. Doni, Chiacchiere, baie e cicalamenti della zucca,s.l. [ma Venezia] 1551,pp. 52-53).
Altre opere dell'A.: Trattato de l'intrar in Milano di Carlo V, Ces. sempre Aug., con le proprie figure de li archi, et per ordine li nobili vassalli, et Principi, et signori Cesarei,Milano 1541 (poema in ottava rima); Selva di pianto sopra la morte dell'Ill.mo ed Eccellentissimo Sig. Don Antonio d'Aragona,Milano XX ottobre 1543; Intrada in Milano di Don Filippo d'Austria Re di Spagna,Venezia 1549; Il sacro e divino sposalizio del gran Philippo d'Austria...,Milano 1555.
Un'ultima opera, Le gloriose gesta di Carlo V,Roma 1567,da molti a lui attribuita, è invece di un altro Albicante, di nome Giulio Cesare, forse figlio dell'A., monaco olivetano, autore anche di Essercitii spirituali,Roma 1580; ma l'affinità dei motivi con altre opere dell'A., e altre ragioni cronologiche, fanno sospettare che almeno lo spunto iniziale o una prima redazione fossero suoi.
É ignota la data della morte.
Fonti e Bibl.: Per tutte le sue polemiche, oltre le voci già cit., v. P. Aretino, Lettere,a cura di F. Nicolini, Bari 1916, II, 1, pp. 130, 148, 214, 228; A. F. Doni, Lettere,Venezia 1545, p. XC; L. Contile, Lettere,I, Venezia 1564, C. 96; A. Caro, Lettere famigliari,a cura di A. Greco, I, Firenze 1957,pp. 338-339; F. Argelati, Bibliotheca scriptorum Mediolanensium,Mediolani 1745, I, 2, col. 17-18; II, 2, col. 1934; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia,I, 1, Brescia 1753, pp. 326-330; G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana,IV, Milano 1844, p. 172; V. Lancetti, Memorie intorno ai poeti laureati,Milano 1839, pp. 412-416; S. Bongi, Vita di A. F. Doni,premessa ai Marmi dello stesso, Firenze 1863, p. LVII; .A. M [anno], La guerra del Piamonte, Poemetto dell'A.,in Curiosità e ricerche di storia subalpina,I (1874), pp. 75-81; A. Virgii, F. Berni,Firenze 1881, pp. 533-544; Id., Notomia d'Amore di G. A., in Il Fanfulla della Domenica,IV (1882), n. 39; A. Luzio, Isabella d'Este e rorlaizdo Furioso,in Giorn. stor. d. letter. ital.,II (1883), pp. 166-167; A. Bertolotti, Il poeta A. e il duca di Mantova,in Il Bibliofilo.VI (1885), pp. 53-55; C. Bertani, P. Aretino e le sue opere,Sondrio 1901, pp. 129-134; A. Salza, Luca Contile, uomo di lettere e di negozi del sec. XVI,Firenze 1903, pp. 46-48, 65.