GIOVANNA (Vanna) da Orvieto
Nata nel 1264 nella diocesi di Orvieto, presso il castello di Carnaiola, da una famiglia di nobili decaduti e impoveriti dalle guerre, G. rimase orfana di padre a tre anni e di madre a cinque. Venne accolta presso alcuni parenti e ben presto avviata all'apprendimento di un mestiere che le permettesse di non gravare sul bilancio familiare: iniziò così a frequentare la casa di una sarta, dalla quale imparò il lavoro che la sostenne per tutta la vita.
Religiosissima e fortemente attratta dalla verginità come condizione preliminare a una più intensa vita di perfezione, anche a seguito di un paio di tentativi violenti di avvicinamento da parte di uomini, decise di fare voto di castità perpetua. Messi al corrente della cosa, i parenti la promisero in matrimonio contro il suo volere, suscitando la forte reazione di G., che fuggì a Orvieto.
Qui maturò l'idea di sottrarsi in modo più evidente e definitivo al mondo entrando a far parte del Terz'Ordine della penitenza di S. Domenico, che proprio in quegli anni si andava strutturando in città. Accolta presso persone particolarmente vicine ai predicatori, e forse nella casa privata della stessa priorissa delle penitenti domenicane della città, G. continuò a mantenersi con il suo lavoro, che considerava un buon mezzo per tenersi lontana dai vizi che l'inattività porta con sé.
Intorno ai vent'anni ricevette l'abito della penitenza, nel quale perseverò sino alla morte, avvenuta a Orvieto il 23 luglio 1306. Fu sepolta nella chiesa di S. Domenico.
Secondo la Legenda anonima (sec. XIV) - che costituisce l'unica fonte sulla vita di G. - tra il lavoro diurno e la preghiera delle ore notturne ella sviluppò una profonda vita interiore, tutta incentrata su un'intensa mistica sponsale e nutrita dall'orazione, che considerava la sua principale attività. A difesa di questa intima vicenda amorosa G. chiese con insistenza alla priora di non rendere pubbliche le sue estasi, nelle quali spesso il corpo si associava allo spirito (come accadeva durante le meditazioni sulla passione dei martiri o di Cristo) sino a perdere il controllo di sé e ritrovarsi rigida e sofferente come sulla croce. A meditazioni gioiose, quali quelle dell'assunzione della Vergine, erano invece legate le sue levitazioni.
Un'intensa pietà eucaristica è l'altro elemento caratterizzante della sua spiritualità tutta interiore, che tuttavia non le impedì un preciso, anche se contenuto, impegno apostolico: nel corso degli anni G. affinò infatti l'eloquio e la capacità di sostenere e incoraggiare le persone che si rivolgevano a lei per consigli e consolazioni spirituali: si trattava per lo più di donne vicine all'ambiente domenicano, che talvolta decidevano di entrare in religione dietro suo diretto consiglio.
Quanto ai rapporti certamente intercorsi con i frati di S. Domenico, non è possibile avanzare il nome di un padre in particolare: il legame con l'allora famoso Giacomo Bianconi di Bevagna, noto per la sua santità, anche se proposto dalla Legenda, non può essere accettato per evidenti sfasature cronologiche (cfr. Paoli, 1996, p. 26).
La Legenda si presenta come un testo composito: a una prima stesura, realizzata a sostegno del culto locale sviluppatosi con la morte di G. e oggi perduta, fece seguito una seconda versione, che proponeva una nuova disposizione del materiale disponibile e, forse, l'aggiunta di alcuni miracoli post mortem occorsi nel frattempo. È probabile che il lavoro di revisione eseguito dai domenicani di Orvieto sia da collocarsi intorno all'ultimo decennio del Trecento - e comunque non prima del 1348 -, come conseguenza delle richieste avanzate da fra Tommaso da Siena, che proprio in quel periodo, da Venezia, si stava adoperando per la creazione di un corpus di leggende da volgarizzare che presentassero la vita di alcune sorores de poenitentia, la cui santità potesse sostenere l'approvazione della Regula del Terz'Ordine. Nel 1396 il frate aveva infatti ricevuto una copia della Compendiosa legenda di G., cui si aggiunse poi quella di Margherita di Città di Castello: accanto a Caterina da Siena e Maria da Venezia, le due donne avrebbero costituito il gruppo delle prime sante del Terz'Ordine domenicano. Nel 1400 le due Legende sarebbero state volgarizzate dallo stesso fra Tommaso, a uso delle terziarie dell'Ordine. Quanto all'autore del testo latino, si deve pensare a un domenicano tuttora non identificato: l'attribuzione del testo all'orvietano Giacomo Scalza, lector sententiarum e visitator della provincia romana dei frati predicatori, non pare più sostenibile (ibid., pp. 5-16). La Legenda latina fu edita per la prima volta da A. Mareddu, Legenda latina della b. G.… scritta dal p. Giacomo Scalza orvietano, Orvieto 1853, poi in edizione critica a cura di L.G.G. Ricci: Legenda beate Vanne seu Iohanne virginis de Urbeveteri, in E. Paoli - L.G.G. Ricci, La "Legenda"…, pp. 137-172; il volgarizzamento di Tommaso da Siena fu edito da L. Passarini, Leggenda della beata G. (detta Vanna) d'O., suora dell'Ordine della penitenza di S. Domenico. Scrittura inedita del 1400, Roma 1879, pp. 195-241.
Come si è accennato, la prima fase del culto di G. fu eminentemente locale: già nel 1307 le autorità cittadine stabilivano l'offerta di un cero di 20 libbre, da offrirsi annualmente alla chiesa di S. Domenico in occasione della celebrazione dell'officio per Giovanna. Nello stesso anno il corpo della beata veniva traslato in un sarcofago, più adatto al crescere della sua fama. Nonostante ciò, il culto dovette affievolirsi progressivamente sia in seno alla comunità locale, sia presso l'Ordine, dove l'immagine di una nuova santità tutta incentrata su una vita di preghiera e contemplazione aveva suscitato non poche resistenze. Una parziale rinascita della fama e della devozione si ebbe in occasione dell'istituzione del processo per il riconoscimento del culto ab immemorabili, conclusosi con il decreto emanato l'11 sett. 1754.
Fonti e Bibl.: Arch. segr. Vaticano, Congr. Ss. Rituum, Processus, 3327; S. Razzi, Vita della b. G. da O., cavata del detto libro de' santi, e beati dell'Ordine di S. Domenico, in Vite de' santi e beati toscani de' quali insino à hoggi comunemente si ha cognizione, Fiorenza 1593, pp. 434-443; La bienheureuse Jeanne d'Orvieto, vierge du Tiers-Ordre de St-Dominique (1264-1306), in Année dominicaine, VII (1895), pp. 601-614; M.L. Fiumi, Le mistiche umbre, Firenze 1928, pp. 95-118; G. Kaftal, Joan of O., in Id., Saints in Italian art, II, Iconography of the saints in Tuscan painting, Firenze 1952, coll. 537 s.; Vanna da O., in Scrittrici mistiche italiane, a cura di G. Pozzi - C. Leonardi, Genova 1988, pp. 193-203; E. Menestò, G. da O.: la santità tra un fuso, un ago e un rocchetto di filo, in E. Menestò - R. Rusconi, Umbria sacra e civile, Torino 1989, pp. 125-134; A. Vauchez, La santità nel Medioevo, Bologna 1989, ad ind.; A. Benvenuti Papi, In castro poenitentiae. Santità e società femminile nell'età medievale, Roma 1990, ad ind.; E. Paoli, Pulcerrima vocor ab omnibus et non vanna: Vanna da O. dalla storia alla agiografia, in E. Paoli - L.G.G. Ricci, La "Legenda" di Vanna da O., Spoleto 1996, pp. 1-75; Id., Agiografia e strategie politico-religiose, Spoleto 1997, pp. 170-173; E. Menestò, G. (Vanna) da O., in Il grande libro dei santi, a cura di C. Leonardi - A. Riccardi - G. Zarri, II, Milano 1998, pp. 832-836; M. Lehmijoki Gardner, Wordly saints. Social interaction of Dominican penitent women in Italy. 1200-1500, Helsinki 1999, ad ind.; Enc. Italiana, XVII, p. 223; Enc. cattolica, VI, col. 482 (poco affidabile); Bibliotheca sanctorum, VI, coll. 556 s.; Dict. d'hist. et de géogr. ecclésiastiques, XXVII, coll. 946 s.