GIOVANNA d'Inghilterra, regina di Sicilia
Settima dei figli (terza femmina) di Enrico II, re d'Inghilterra, e di sua moglie Eleonora, duchessa d'Aquitania, nacque nell'ottobre del 1165 ad Angers (attuale dipartimento del Maine-et-Loire). Fu allevata presso l'abbazia di Fontevrault (diocesi di Poitiers), abbazia legata da profondi vincoli alla famiglia dei duchi d'Aquitania, per essere educata in maniera adeguata al rango di futura sovrana. Già nel 1168, infatti, il padre Enrico aveva progettato, ma senza ottenere un riscontro effettivo, di offrirla in sposa al re d'Aragona o al re di Navarra, in modo da rafforzare la sua rete di alleanze con un'attenta politica matrimoniale, perseguita anche riguardo agli altri suoi figli. Nel 1169 iniziarono le trattative relative al fidanzamento con Guglielmo II, il re normanno di Sicilia. Tuttavia, quel progetto di fidanzamento fu in un primo tempo messo in discussione dato che, nel 1172, il sovrano normanno era maggiormente interessato a un'alleanza matrimoniale con la famiglia dell'imperatore bizantino Manuele Comneno, al fine di fronteggiare la persistente e comune minaccia di Federico I Barbarossa. Così nella primavera del 1172 Guglielmo attese invano l'arrivo di una figlia del Comneno, a lui promessa sposa, perché, intanto, l'imperatore bizantino si era riavvicinato al Barbarossa.
Solo allora riprese corpo il progetto del matrimonio tra G. e Guglielmo II. Dietro suggerimento di papa Alessandro III, interessato a scongiurare ogni unione e alleanza tra la dinastia normanna e quella sveva, Guglielmo, nel maggio del 1176, si decise a chiedere formalmente la mano di G., e inviò in Inghilterra un'ambasceria composta da Elia, vescovo eletto di Troia, Arnolfo, vescovo di Capaccio, e Florio da Camerota, giustiziere regio. La principessa, che già nel 1174 si era recata in Inghilterra e si trovava all'epoca a Winchester, fu giudicata da quegli ambasciatori idonea al matrimonio e il 20 maggio, a Londra, anche Enrico II formalizzò la sua approvazione in un Parlamento di ecclesiastici e notabili del Regno. Il corteo nuziale, alla fine di agosto, si imbarcò a Southampton su sette navi, e il fratello di G. Enrico, detto il "re giovane", ne assicurò il transito attraverso la Normandia e l'Angiò; poi Riccardo, un altro fratello di G., garantì il suo arrivo a Saint-Gilles-du-Gard. Lì l'aspettava una flotta di 25 navi, guidata da Alfano, arcivescovo di Capua, Riccardo, vescovo di Siracusa, e Roberto, conte di Caserta, che doveva scortare la regina fino in Sicilia e salpò il 9 novembre. Ma il cattivo stato di salute di G., determinato dalle fatiche della traversata, costrinse la flotta a fermarsi a Napoli. Celebrata lì la festività del Natale, il corteo proseguì il viaggio via terra e giunse a Palermo alla fine di gennaio del 1177, dove G. fu accolta solennemente e festosamente dal re e dal popolo. Finalmente, le nozze furono celebrate dall'arcivescovo di Palermo, nella cappella reale, il giorno 13 febbraio, di domenica. La sposa ebbe in dote la signoria di Monte Sant'Angelo, le città di Siponto e di Vieste, i castelli di Alesina, Pesco, Capracotta, Barano, Sirico e numerosi altri possedimenti. Il diploma di donazione fu firmato dal vicecancelliere di Sicilia, da 12 prelati e da 15 notabili del Regno.
Il cronista Roberto di Torigny, riportando una notizia diffusa in Normandia, ci fa sapere che nel 1181 G. ebbe un figlio, che fu battezzato col nome di Boemondo, e che fu subito investito del Ducato di Puglia. La notizia appare però piuttosto dubbia, dato che nessun'altra fonte, neanche quelle più vicine geograficamente e cronologicamente, la riporta. Comunque, se pure il bimbo nacque, morì sicuramente molto presto e quando Guglielmo II morì, nel novembre 1189, la coppia non aveva figli. Si aprì allora la delicata questione della successione al trono di Sicilia, del quale fu in un primo tempo investito il nipote di Guglielmo, Tancredi, che prese sotto custodia G. e si rifiutò di riconoscerle i beni dotali.
Nel settembre del 1190 giunse a Messina Riccardo I (Riccardo Cuor di Leone), re d'Inghilterra, fratello di G., che, fidando sulla forza dell'imponente flotta che guidava, insieme con il re di Francia Filippo II, verso la crociata in Terrasanta, chiese perentoriamente la liberazione della sorella e la restituzione dei suoi domini, nonché un ingente legato lasciato a suo tempo da Guglielmo a Enrico II. G. fu liberata e venne scortata a Messina, dove prese alloggio presso l'ospedale di S. Giovanni e dove, il 29 settembre, ricevette la visita di Filippo II, il quale rimase tanto affascinato dalla donna che si favoleggiò che la volesse prendere in moglie. Il 12 ottobre, poi, G. attraversò lo stretto e giunse al castello di Bagnara Calabra, che era stato appena conquistato da Riccardo, e, con ogni probabilità, vi rimase fino a quando, in novembre, dopo giorni di scontri armati e di trattative, fu posto termine alla contesa con un risarcimento monetario pagato da Tancredi. Quando la flotta inglese, il 10 apr. 1191, riprese il viaggio, G. partì con essa, accompagnando Berengaria, figlia di Sancio VI di Navarra, che Riccardo avrebbe sposato in maggio. A causa di una tempesta, la nave su cui viaggiavano G. e Berengaria fu costretta a deviare verso Cipro, ma Isacco Doukas Comneno, imperatore di Cipro, impedì alla nave di entrare nel porto: fu questa la causa ufficiale che spinse Riccardo a conquistare l'isola. Finalmente, G. giunse ad Acri il 1º giugno e la sua custodia, nonché quella di Berengaria, fu affidata a Bertrando di Verdun.
Durante la sua permanenza in Palestina, G. assunse notevole rilievo nell'ambito della gestione diplomatica della crociata. Infatti, le fonti arabe ci fanno sapere che, nel settembre del 1191, Riccardo propose al Saladino di porre termine agli scontri per il possesso della Terrasanta con un trattato matrimoniale. Quindi offrì G. in sposa al fratello del Saladino, Safadino: essi, poi, avrebbero assunto la corona di Gerusalemme. In realtà dovette essere solo un espediente escogitato da Riccardo per prendere tempo, poiché, quando Saladino accettò le condizioni di pace che gli erano state offerte e anche, in nome del fratello, la proposta matrimoniale, Riccardo si tirò indietro, affermando che alla vedova di un sovrano, quale era G., doveva essere concessa la dispensa per le nozze - con un infedele, per di più - direttamente dal papa. Per il disbrigo delle pratiche, sarebbero occorsi sei mesi; in cambio della sorella, Riccardo offrì in sposa a Safadino Eleonora di Bretagna, per la quale non sarebbe stata necessaria alcuna dispensa. A quel punto Saladino ruppe definitivamente le trattative.
G. fece, dunque, ritorno in Occidente verso la fine del 1192 e, sempre insieme con Berengaria, giunse nel 1193 a Roma, dove rimase per circa sei mesi. Probabilmente G. visse insieme con la cognata fino al 1196, ossia fino a quando si sposò, per volontà di Riccardo, con Raimondo VI conte di Tolosa. Il matrimonio ebbe luogo a Rouen in ottobre e da esso, nel luglio 1197, nacque, a Beaucaire, un figlio, che venne battezzato con il nome di Raimondo. Poco dopo G. ebbe modo di dimostrare la sua forza d'animo e il suo deciso temperamento, messo in rilievo anche dai cronisti contemporanei, quando, in assenza del marito, guidò un assalto contro il castello di un vassallo ribelle.
I rapporti con il fratello Riccardo furono sempre molto intensi e continuarono a essere piuttosto frequenti anche dopo il suo secondo matrimonio: nel 1198, infatti, trascorse la Pasqua a Le Mans insieme con lui e con il marito. Nella primavera successiva, poi, G., decise di recarsi presso la corte di Riccardo per chiedergli di sostenere e proteggere il marito che si trovava in difficoltà a causa della sua simpatia per la fede albigese, ma, durante il viaggio, le giunse la notizia della tragica morte di Riccardo. Stando gli Annales Wintonienses, anche in quest'occasione G. dimostrò il suo forte temperamento. Fu lei stessa a ordinare di torturare, accecare e bruciare il soldato che aveva ferito a morte suo fratello. In seguito fece tappa a Fontevrault, per onorarne la tomba e, poi, proseguì il viaggio per la Normandia, dove si trovava il nuovo re d'Inghilterra, Giovanni (Senzaterra), anch'egli fratello di G., a cui chiese l'aiuto che già aveva sperato di ottenere da Riccardo. Ma sembra che non sia riuscita a ottenere nient'altro che una rendita annua di 100 marchi d'oro.
Morì poche settimane dopo, a Rouen, nel settembre del 1199, dando alla luce un figlio che le sopravvisse per pochi giorni. Nei momenti precedenti alla morte chiese di prendere il velo monacale. Fu sepolta a Fontevrault, nella tomba posta ai piedi di quella del padre, a fianco del fratello Riccardo.
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