ARAGONA, Giovanna d'
Nacque nel 1502 dal conte Ferdinando di Castellana, figlio illegittimo di Ferrante I d'Aragona, re di Napoli, e da Castellana Cardona. Donna di straordinaria bellezza, fu una delle dame unanimemente più lodate nel Cinquecento e i suoi lineamenti furono fissati da mano raffaellesca in un ritratto del 1518, commissionato dal cardinale Bibbiena e donato poco dopo al re di Francia, Francesco I, tuttora conservato al Louvre. Pochi anni più tardi andò sposa ad Ascanio Colonna con un fastoso matrimonio celebrato a Roma il 5 giugno 1521. L'unione, determinata da motivi di convenienza politica - la convergenza d'interessi tra gli Aragona e i Colonna - ebbe uno sviluppo infelice soprattutto a causa del carattere di Ascanio. Dal matrimonio nacquero sei figli, tre femmine, Vittoria, Agnese e Girolama, e tre maschi, Fabrizio, Prospero e Marcantonio. Subito dopo la nascita di quest'ultimo, l'A. si ritirò il 26 febbr. 1535 al castello di Ischia, abbandonando la vita in comune con Ascanio. A Ischia trascorse larga parte della sua vita successiva nel circolo che comprendeva, intorno alla principessa Costanza d'Avalos, anche Vittoria Colonna, sua cognata e intima amica. La separazione dell'A. da Ascanio costituì, dato il rango dei due sposi e i loro intimi legami con l'imperatore Carlo V e il papa Paolo III, un evento di notevole importanza, che suscitò interessamento e preoccupazione in molti ambienti dell'alta nobiltà italo-spagnola. Si deve collocare in questi anni il contatto, diretto o indiretto è ancora impossibile dire, che l'A. ebbe certamente con lo spiritualismo del circolo che si raccoglieva a Napoli intorno a juan de Valdès (cfr. P. Tacchi-Venturi, Storia della Compagnia di Gesù in Italia, I, Roma 1910, p. 453, e contro Domingo de Sta Teresa, Juan de Valdés, Roma 1958, p. 148). L'amicizia con la Colonna fu, quanto meno, il tramite di rapporti col mondo degli zelatori di una riforma della Chiesa e di una vita cristiana più interiore e profonda. La mancanza di scritti o almeno di un carteggio dell'A. impedisce di valutare la profondità di tali influssi sul suo animo e sulla sua religiosità.
Dopo vari tentativi di indurre la moglie a tornare con sé, Ascanio Colonna ottenne che il compito di persuaderla fosse affidato ad uno dei primi membri della nuova Compagnia di Gesù. Nell'autunno del 1539 il P. Bobadilla fu inviato da Ignazio di Loyola a Napoli a tale scopo.
Tramite per questo contatto potrebbe essere stata anche una dama di compagnia dell'A., Catharina di Badajoz (Mon. Hist. S. I., Epp. Mixtae,17-19, e Mon. Bobadilla, 16, 17, 618). Malgrado le speranze del gesuita, neppure questa volta si giunse ad un ricongiungimento della coppia principesca. L'A. non solo lamentava il carattere dei marito, ma ancor più la sua improvvida amministrazione dei beni di famiglia e la politica eccessivamente arrischiata che egli conduceva. Rientrata a Roma alla fine del 1540, l'A. se ne allontanò nuovamente nel 1541 quando esplose l'urto tra Paolo III e i Colonna. Da Ischia l' 8 aprile scrisse una lettera supplichevole, ma nobile e ferma, al pontefice e un'altra al cardinal-nepote, invocando la cessazione del contrasto e annunciando di aver inviato come parlamentare il vescovo di Ischia, il servita Agostino Pastori. Negli anni successivi il Loyola continuò ad interessarsi a questo matrimonio sfortunato e non desistette dalla speranza di ottenere una ricomposizione. Nel 1541 e di nuovo nel 1543 inviò a Ischia il P. Araoz, come testimonia anche una lettera di ringraziamento indirizzata dall'A. al Laynez da Castel dell'Ovo il 1° sett. 1543. Ma i tentativi non ebbero successo. La posizione dell'A. infatti si era nel frattempo consolidata per la completa solidarietà stabilitasi tra lei e il figlio Marcantonio, che andava assumendo un atteggiamento sempre più nettamente ostile al padre.
Nel 1549, comunque, l'A. chiese ad Ignazio, attraverso il cardinale Gian Pietro Carafa, di poter avere il conforto spirituale di uno dei padri della Compagnia. Malgrado essa avesse manifestato una preferenza per il Laynez o il Salmerón, le fu inviato nuovamente il Bobadilla, come le annunciò lo stesso Ignazio da Roma con una lettera del 18 genn. 1549. Si può valutare la risonanza di questo caso nell'alta società internazionale cattolica della metà del Cinquecento, quando si apprezzi convenientemente l'iniziativa presa da Ignazio di Loyola di recarsi di persona dall'A., nel novembre del 1552, mentre essa risiedeva ad Altovito presso Sora, nel castello dei Cardona. La visita non ottenne migliore esito dei tentativi precedenti, sebbene il fondatore della Compagnia di Gesù la facesse seguire da una lunga lettera inviata da Roma nello stesso novembre all'A. per ribadirle tutte le ragioni spirituali, morali e pratiche per le quali avrebbe dovuto riprendere la convivenza con Ascanio. Non sappiamo se i ventisei punti del Loyola ebbero una risposta epistolare, certo non trovarono eco concreta.
Qualche anno più tardi la vita di questa donna fu segnata da un episodio clamoroso, che la portò ancora una volta alla ribalta della cronaca politico-mondana. Alla fine del 1555 essa abitava con le figlie a Roma nel palazzo Colonna ed era tenuta quasi come ostaggio da papa Paolo IV, che sviluppava una politica aspramente antispagnola. L'A. decise di sottrarsi alla scomoda situazione e vi riuscì abbandonando Roma con tutti i familiari per la sicura Tagliacozzo il 31 dic 1555. Infranse così gli asseriti propositi del papa di maritare qualcuna delle sue figlie con propri nipoti. Alla fine del pontificato del Carafa, il ritorno a Roma dell'A., il 4 giugno 1560, fu celebrato come un trionfo.
Nel frattempo, il 24 marzo 1557, Ascanio Colonna era morto a Napoli, prigioniero del viceré cardinale Pacheco. La sua scomparsa contribuì a dare ancora maggior risalto alla figura dell'A., tutta impegnata a fiancheggiare le crescenti fortune del figlio Marcantonio. A tale proposito è da ricordare il matrimonio che uni Fabrizio, figlio di Marcantonio, ad Anna Borromeo, sorella di s. Carlo e nipote di Pio IV. Sempre in rapporto con molti degli ecclesiastici più in vista, dal cardinale Seripando al Laynez e al Borgia, successori del Loyola, l'A. volle sottolineare le proprie simpatie per il rinnovamento religioso fondando insieme a Marcantonio, il futuro vincitore di Lepanto, il noviziato dei gesuiti a S. Andrea al Quirinale in Roma nel 1566.
Dopo aver assistito al trionfo del figlio prediletto morì l'11 sett. 1575; il suo corpo venne sepolto a Paliano.
Il rango e soprattutto la straordinaria bellezza suggerirono a umanisti e poeti di dedicarle opere, tra le quali vanno ricordati il De Amore di Agostino Nifo, con accurate descrizioni delle perfette proporzioni di Giovanna, e il Tempio della divina signora donna Giovanna d'Aragona fabbricato da tutti i più gentili spiriti, e in tutte le principali lingue del mondo, una singolare miscellanea curata da G. Ruscelli, e pubblicata a Venezia nel 1565.
Bibl.: Biblioteca Apostolica Vaticana, Barb. lat.5053, ff. 1-27, vita inedita di Filonico Alicamasso (= Costantino Capriota); lettere dell'A. o a lei dirette sono in A. v. Reumont, Di Vittoria Colonna..., in Arch. stor. ital., s. 2, V, 2 (1857), pp. 143-145; Mon. Hist. Soc. Iesu, Mon. Ign., I,12, pp. 363. s.; I, 2, pp. 311 s.; I, 4, pp. 506-511; Mon. Laynez, IV,pp. 30-32 e 55-56; Mon. Borgia, pp. 636-638; M. Paléologue, Une patricienne de la rénaissance Jeanne d'Aragon,i n Revue de Paris, III, 2 (1896), pp. 576-594; D. Morellini, G d'A..., Cesena 1906; G. Schurhammer, Franz Xaver, I, Freiburg 1955, pp. 502-504; H. Rahner, Ignatius von Loyola. Briefwechsel mit Frauen, Freiburg 1956, pp. 158-172; per il rapporto con i Colonna: A. v. Reumont, Beitrage zur italienischen Geschichte, V, Berlin 1857, pp. 3-117; A. Coppi, Memorie colonnesi, Roma 1855 (con il testo dell'iscrizione tombale, pp. 312 s.); A. Bertolotti, La Prigionia di Ascanio Colonna (1553-1557), Ricerche e studi, in Atti e Mem. d. R. Deputazione di storia Patria per le provincie modenesi e Parmensi, III, 2 (1883), pp. 109-181.