SCOPELLI, Giovanna beata
– Nacque a Reggio Emilia nel 1439, da Simone e da Caterina de Oleo, in una famiglia socialmente modesta ma di discreto livello economico, e di profonda religiosità. Furono dunque i genitori a indirizzare la figlia alla pietà e alla carità.
Secondo gli stereotipi agiografici, sin da tenera età Scopelli trascorse il tempo – se non impegnata in mansioni domestiche – nella preghiera e nella meditazione; e gli stessi stereotipi prevedono anche il contrasto tra i progetti e le ingiunzioni matrimoniali della famiglia e i reiterati rifiuti della giovane, desiderosa di essere sponsa Christi, nel disdegno per le cose materiali.
Dopo il matrimonio delle due sorelle, Scopelli poté dedicarsi al perfezionamento spirituale, perseguito attraverso orazioni e meditazioni, e rimanendo appartata dalla vita mondana. Ottenne in prosieguo di tempo dal priore dei carmelitani di Reggio Emilia (presenti in città sin dal 1373) l’autorizzazione a vestire l’abito della beata Vergine del Carmelo come ‘mantellata’, pur continuando a risiedere nella casa dei genitori.
Lo stile di vita dei laici (uomini e donne) ‘mantellati’ imitava quello dei religiosi, e permetteva loro di partecipare alla vita liturgico-religiosa senza prendere i voti, restando inseriti nelle strutture temporali della società.
Incontrò ancora l’opposizione dei genitori – essendo Giovanna l’unica figlia rimasta convivente con loro – il successivo passo della crescita spirituale di Scopelli, ovvero l’intenzione di fondare un monastero femminile. In ogni caso, alla loro morte (1455 o 1458) ella rinunciò all’eredità e convisse (secondo le fonti, portando con sé soltanto un crocifisso) dapprima con una povera donna, ricca di virtù, e successivamente con una cognata (nella parrocchia dei Ss. Giacomo e Filippo). La svolta si ebbe nel 1480, quando una vedova madre di due figlie offrì alla Scopelli la propria casa (nella parrocchia di S. Pietro). Le tre donne divennero suore carmelitane, sotto la guida spirituale di Giovanna, che andò ad abitare con loro, insieme ad altre compagne. La piccola comunità era denominata «le Bianche» in conseguenza del mantello bianco portato sulla tonaca; l’abito era completato da scapolare marrone, velo nero, crespo e bavero bianco. Il gruppo visse in povertà e preghiera per quattro anni fino al 1484, quando Scopelli poté fondare un monastero.
Da tempo aveva prescelto il convento e la chiesa umiliata di S. Bernardo, ubicata in città ma relativamente appartata, che aveva ottenuto dal generale degli umiliati grazie al vescovo di Comacchio Filippo Zoboli, e che acquistò grazie all’aiuto finanziario di Cristoforo Zoboli, fratello del vescovo, e al concorso di altri cittadini reggiani. Alla chiesa, costruita nel 1485 sotto la direzione di Scopelli, venne assegnato il nuovo titolo di S. Maria del Popolo; il monastero di clausura, affiliato alla Congregazione mantovana della beata Vergine del Carmelo nel 1487, raggiunse presto i 22 effettivi.
Stando alla narrazione agiografica, l’esperienza spirituale di Scopelli in questi anni fu segnata da estasi e visioni, ma non le fu estranea l’altra dimensione della preghiera, fatta di sforzo, di fatica fisica, nell’impegno di dare il massimo di sé nella concentrazione e nell’abnegazione.
Nel monastero Giovanna visse serenamente con le proprie sorelle, seguendo la regola carmelitana, fino al 1491, quando fu colpita da una grave malattia.
Morì il 9 luglio, dopo aver informato le consorelle di un’apparizione e lasciando un testamento spirituale che sollecitava alla preghiera, alla fedeltà ai voti, all’unità nel praticare la carità, insomma a uno stato di perfezione sempre maggiore.
L’anno successivo, con l’esposizione del corpo, ebbe ufficialmente inizio il culto della beata Scopelli (invocata come tale già nel 1497, come si apprende dal processo di beatificazione del XVIII secolo). Si instaurò la tradizione di una solenne celebrazione nella data della sua morte, ovviamente nella chiesa di S. Maria del Popolo.
Fondatrice del secondo monastero femminile carmelitano in Italia, prima monaca carmelitana ad avere un proprio culto, Giovanna Scopelli fu tra le precorritrici, nella spiritualità e nella vita, di alcune tra le figure più importanti del Secondo Ordine. Per Reggio Emilia fu, nei secoli, un punto di riferimento; le sue venerate reliquie contribuirono a fare della città una meta di pellegrinaggio.
Nel 1625, a seguito dei decreti emanati da Urbano VIII (che vietò di venerare coloro che non erano beatificati dalla S. Sede), l’inquisitore mise in dubbio la legittimità del culto di Scopelli; la festa del 9 luglio fu momentaneamente soppressa e con essa altre pratiche legate alle reliquie. Ma la devozione rimase localmente viva, anche grazie alla mediazione del duca di Modena e Reggio Emilia Francesco I d’Este; e nel XVII secolo il culto era già diffuso (anche iconograficamente) a livello mondiale, grazie alle missioni dei carmelitani, persino in Paesi d’Oltreoceano. Dopo la metà del XVIII secolo, i carmelitani della Congregazione mantovana concretizzarono l’idea di intraprendere le pratiche per il riconoscimento della santità di Giovanna Scopelli presso la congregazione dei Riti di Roma. Clemente XIV approvò il culto il 17 agosto 1771, emanando pochi giorni dopo il decreto di beatificazione. Con l’approvazione (1930) da parte della congregazione dei Riti del nuovo calendario carmelitano, la festa di Giovanna Scopelli fu ripristinata nella data del 9 luglio. Anche a seguito della riforma del calendario liturgico, avvenuta dopo il Concilio Vaticano II, la celebrazione rimase, con il grado di memoria facoltativa.
Fonti e Bibl.: P. Batini, Discorso divoto sopra la vita della beata G. S. da Reggio..., Reggio Emilia 1661; B. Mutti Reggiano, Vita della beata G. S. da Reggio..., Reggio Emilia 1674; Ristretto della vita della beata G. S. da Reggio..., Modena 1772.
L. Saggi, Giovanna S., in Id., Santi del Carmelo, Roma 1972, p. 319; G. Agosti - G. Borziani Bondavalli, Beata G. S. vergine reggiana (1439-1491), Reggio Emilia 2006; S. Possanzini, S. G., in Dizionario carmelitano, Roma 2008, pp. 787 s.; E. Ambrosetti, Iconografia di una beata: G. S., tesi di laurea in storia dell’arte moderna, Università di Bologna, a.a. 2008-09.