FERRARI (Ferrari d'Agrate), Giovanfrancesco
Figlio di Antonio e di Orsolina Fatuli, nacque in Parma il 31 ag. 1489 (Pezzana, 1859, p. 165 n. 3). Appartenne alla nota famiglia di "picapreda" (scalpellini) di origine lombarda, trasferitasi a Parma sulla metà del sec. XV. Assai verosimilmente avviò la propria attività nella bottega del padre, posta sulla piazzetta di fronte alla chiesa di S. Sepolcro, nella cui vicinia mantenne la propria residenza.
Dal matrimonio con Maria Caterina Ghirarducci ebbe Castore (1514), che inizialmente seguì la professione paterna e quindi esercitò quella di notaio, Paola (1524), che si sposò con Gabriele Zatti, e Giambattista (1528).
Discretamente documentata è l'attività dei F., scultore e architetto, che dal 1541 risulta stipendiato dal Comune con 6 scudi d'oro al bimestre in qualità di ingegnere responsabile dell'Ufficio riparazioni (Mendogni, 1991, p. 29).
Fra le prime opere a lui attribuite si ricorda il monumento funebre al Canonico Bartolomeo Montini in Duomo, la cui autografia, rifiutata dal Salmi (1918, p. mo), ma riconosciutagli nelle guide e pressoché concordemente dagli studiosi (Pelicelli, 1937, p. 19; Canali, 1952, p. 51; Coliva, 1982, p. 221; Fornari Schianchi, 1989, p. 26), è stata di recente ridiscussa (Mendogni, 1991, pp. 29 s.).
Il Salmi non riteneva plausibile che il F. avesse potuto realizzare a poco più di 17 anni "un'opera che attesta una cosi matura sensibilità artistica" e ne proponeva l'attribuzione ad ignoto artista veneto. Sulla questione è tornato il Mendogni che, considerando l'attività parmense dello scultore, sulla scorta degli atti di battesimo riferisce dell'esistenza. di un altro Giovanni Francesco, figlio di un Gio. Antonio, nato nel 1476 (Mendogni, 1991, pp. 27 s.). Anche questo Giovanni Francesco esercitò la professione di scultore. Abitava nella vicinia della cattedrale ove il padre aveva bottega. A lui si deve il monumento sepolerale del canonico Vincenzo Carissimi, conservato nella cattedrale di Parma: si tratta del mausoleo in marino di Carrara (1520), posto di fronte alla cappella di S. Agata. Sono tuttavia esigue le notizie in merito all'attività del più anziano Giovanni Francesco. Il suo nome compare infatti in due soli documenti, rispettivamente del 1516 e del 1520, Oltre al citato atto di nascita del 1476. Numerose invece le citazioni del più giovane Giovanfrancesco, anche se resta tuttora aperto il problema relativo alla convenzione stipulata il 16maggio 1514 fra Io. Francesco de Grate, scalpellino, e i canonici Floriano Zampironi, Lattanzio Lalatta e il laico Nicola Bertani per l'esecuzione di colonne in marino nell'erigendo edificio di piazza Duomo (attuale seminario maggiore). Lo scalpellino, del quale non si precisano né la paternità né l'abitazione, potrebbe verosimilmente identificarsi con il più anziano Giovanni Francesco, che nel 1514 aveva 38 anni.Nel 1517 il F. ricevette un pagamento di 10 lire per avere prelevato varie pietre per la cupola della chiesa di S. Giovanni Evangelista, il cantiere benedettino all'interno del quale operò diffusamente il padre Antonio. Le decorazioni scultoree di porte e finestre e, all'interno della chiesa, di capitelli e cornici, vennero realizzate dal padre e dal Ferrari. Quest'ultimo, nel 1520, ricevette la procura dal padre per trattare alcuni affari (Mendogni, 1991, p. 30).
All'avvio del terzo decennio del Cinquecento risale l'impegno del F. nella fabbrica della chiesa di S. Maria della Steccata, consacrata il 24 febb. 1539 dal cardinal legato G. M. Ciocchi Del Monte (il futuro Giulio III).
Contemporaneamente si occupò di altri interventi nel settore dell'architettura religiosa. Il riferimento è all'oratorio della Concezione, annesso alla chiesa gotica di S. Francesco dei Prato, per il quale eseguì un modello (1521) e successivamente le parti in pietra, come risulta da un documento, privo di data, conservato presso l'Archivio di S. Maria della Steccata (cfr. Salmi, 1918, p. 140).
Il saldo di 2 scudi effettuato il 22 maggio 1521 "a Mastro Giovan Francesco pichapietra" si riferirebbe pertanto al F. e non a Giovan Francesco Zaccagni, come riteneva A. Ghidiglia Quintavalle L'oratorio della Concezione a Parma, in Paragone, IX[1958], 108, pp. 24-38). Quest'ultimo infatti non è mai appellato come "pichapietra" nei documenti della Steccata che lo riguardano. B. Adorni ha di recente sottolineato che la sagrestia della chiesa di S. Maria della Steccata, realizzata dal F. (1542) su un impianto a croce greca con bracci poco accennati e cupola impostata su ottagono, palesa un'organizzazione pianimetrica affine a quella dell'oratorio della Concezione. Lo studioso propende quindi per una attribuzione del progetto dell'oratorio allo stesso F. (Adorni, 1982, p. 75).
La presenza del F. nel cantiere della Steccata si protrasse dagli anni Venti alla metà degli anni Quaranta del Cinquecento. Il primo contratto noto con i fabbriceri data al 24 genn. 1523 (Testi, 1918, I, pp. 261-263). Si è tuttavia a conoscenza che il 21 maggio 1521 egli intervenne alla riunione convocata dai fabbriceri per discutere del progetto esecutivo elaborato da Gianfrancesco Zaccagni (Mendogni, 1991, p. 31).
In base al citato contratto del gennaio 1523 il F. si impegnava ad eseguire 4 capitelli interi, 8 mezzi capitelli e 2 capitelli d'angolo corinzi in pietra bianca di S. Ambrogio di Valpolicella. Il disegno, fornito da M. A. Zucchi, era conservato presso Paolo da Porlezza, scultore veronese (cit. in Testi, 1918, pp. 261 ss.). Il F. si impegnava a fornire anche la metà delle circa 284 braccia di architrave e di cornice del cornicione che corre tutto intorno alla chiesa, su disegno dello Zucchi.
Interessa al proposito ricordare la relazione stesa dallo Zucchi (1524): informa che in quello stesso anno, o forse nel 1523, il F. aveva già elaborato un disegno della Steccata senza "corridori", cioè senza logge esterne. Il progetto incontrò il favore dei fabbriceri, forse anche per la non eccessiva spesa che la sua realizzazione avrebbe comportato, ma segnò l'avvio dei contrasti fra gli Zaccagni - successivamente licenziati (1525) - e i fabbriceri medesimi (Adorni, 1982, pp. 57 s.). Pur non essendoci pervenuto, il progetto attesta il crescente interesse del F. alla realizzazione della chiesa.
All'indomani del licenziamento degli Zaccagni e in assenza dello Zucchi - menzionato l'ultima volta nel 1526 - è verosimile che il F. andasse assumendo un ruolo sempre maggiore, "non solamente come esecutore degli ornamenti in marmo, ma come progettista e assistente della fabbrica" (ibid., p. 65) che a lui deve la sua "massima impronta ... esterna ed interna" (Ghidiglia Quintavalle, 1973, p. 340).
All'interno tutta la parte decorativa spetta al F., che fornì i disegni per gli otto portali di accesso alle cappelle con frontone triangolare, le bifore, gli stilobati delle paraste. Nella cappella a sinistra dell'altare maggiore si conserva il monumento funebre a Sforzino Sforza, duca di Castell'Arquato, commissionato forse nel 1526. Il progetto fu presentato al duca di Milano, Francesco II, che lo approvò (1528), ma per volere della Confraternita subì varie modifiche: la costruzione si concluse nel 1538.
Il monumento sepolcrale Sforza appartiene al periodo della maturità del F., formatosi in un'area che risentiva di influenze della cultura lombarda e veneta. Nel riproporre il motivo ad arcosolio con il ritrattato giacente, secondo una tipologia diffusa nei monumenti di area fiorentina, il F. rivela un gusto affine a quello che informa gli stilemi della tecnica raffinatissima di Andrea Briosco ed i ricami dei Lombardo (cfr. Coliva, 1982, p. 221).
Negli anni in cui il F. era impegnato nel sepolcro di Sforzino Sforza era giunto a Parma Antonio da Sangallo il Giovane, che fornì un parere sui lavori della Steccata e stese un disegno relativo alla cupola (cfr. B. Adorni, Larchitettura farnesiana a Parma, Panna 1974, pp. 142-146; Id., 1982, p. 65). La costruzione di questa era iniziata nel 1526. Il F. fornì le sagome del cornicione d'imposta della cupola (1530) e nel 1532 unitamente a Paolo da Porlezza assunse l'incarico di eseguire il loggiato del tamburo in marmo bianco di S. Ambrogio di Valpolicella e in marmo rosso veronese (cfr. Dall'Acqua, 1982, pp. 255-257). Diresse inoltre i lavori di rivestimento esterno della cupola e disegnò la lanterna.
In quegli stessi anni il F. realizzò la porta del "choro con lo suo cornicione a torno et altri lavori et la porta de lo altare mazore" della chiesa di S. Giovanni Evangelista (1524). Gli vengono inoltre attribuiti i quattro stemmi (del Comune, del pontefice, del cardinal Salviati e del governatore) sul bastione di porta S. Michele (1526; cfr. Mendogni, 1991, p. 31).
Gli ultimi lavori compiuti all'interno della chiesa della Steccata riguardano la costruzione dell'altare maggiore, collocato nel nicchione di levante e della sagrestia.
Il disegno dell'altare, conservato presso l'Archivio di Stato di Parma, fu segnalato dal Ronchini (1863, p. 189; ma cfr. anche Adorni, 1982, fig. p. 86). L'8 aprile 1536 il F. ricevette un saldo per cinque pezzi di marmo veronese, altri marmi e pietre vennero acquistati sul mercato romano. Nel contratto (10 genn. 1537) il F. scultore si impegnava a fornire l'opera "per tutto il messo di luio proximo che viene 1537 aut alli 8 agosto il più ..." (Arch. di Stato di Parma, Arch. notarile ... di Parma, Notaio B. del Bono, filza 928, ad annum 1537).
Il successivo incarico fu per la costruzione della sagrestia, aperta dietro l'altare maggiore (1536). L'organizzazione planimetrica di questo ambiente - distrutto in occasione della costruzione del coro dei Cavalieri realizzato da Adalberto Della Nave (1725) - è ricostruibile sulla base di tre rilievi eseguiti dal Pedardi fra il 1714 e il 1725 (cfr. Adorni, 1982, pp. 75 n. 113, 89). Al 1538 risale il disegno per un arco trionfale in legno, eretto in collaborazione con G. F. Testa. Nel 1545 il F. eseguì la stima di una casa per il governatore A. Bernardoni. Nel 1547 realizzò due sacelli con gli stemmi del duca e della duchessa, collocati sul ristrutturato ponte in pietra. Nel 1565 ricevette un pagamento per un lavoro al ponte di Sorbolo (Mendogni, 1991, p. 31).
Alla bottega del F. e del fratello Marco sono ricondotti anche gli ornati delle finestre del palazzetto Eucherio Sanvitale, eretto all'inizio del secolo XVI nell'attuale giardino ducale di Parma (cfr. Godi, 1991, pp. 82, 88). La progettazione della sagrestia della Steccata rappresenta tuttavia l'ultimo intervento di rilievo del F., che nel 1561 è indicato quale "commissarius Ducalis Agerum, Cavamentorum, et Aquarum agri parmensis".
Nel 1570 era ancora in vita (Archivio di Stato di Parma, Autografi illustri, b. 4396, docc. in data 1 aprile e 5 apr. 1570). Non è noto l'anno della sua morte.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Parma, Autografi illustri, b. 4396, n. 10 (documenti dal 1539 al 1570); Parma, Biblioteca Palatina: R. Baistrocchi, Guida di Parma (1780), c. 53; I. Affò, Ilparmigiano servitore di piazza, Parma 1794, p. 54; A. Bertoluzzi, Pitture nelle chiese di Parma, Parma 1830, pp. 41, 72, 79, 92, 137 s., 159, 170, 177, 192; P. Donati, Nuova descrizione della città di Parma, Parma 1824, pp. 23, 31, 45, 63, 170, 179; A. Pezzana, Storia della città di Parma, V, Parma 1859, pp. 161-167; C. Malaspina, Guida del forestiere ai principali monumenti, Parma 1860, pp. 33, 44, 46, 49, 66; A. Ronchini, La Steccata di Parma. Memorie storico-artistiche, in Atti e memorie della Deputazione di storia patria per le province modenesi e parmensi, I (1863), pp. 180 ss., 185 ss., 189 s., 203; L. Testi, Parma, Bergamo 1905, pp. 60, 82, 84; M. Salmi, Bernardino Zaccagni e l'architettura del Rinascimento a Parma, in Bollettino d'arte, XII (1918), pp. 85-169 passim (recens. di L. Testi, in Archivio storico per le Province parmensi, n.s., XVIII [1918] in partic. pp. 65-69 e replica di M. Salmi, ibid., n.s., XX [1920], pp. 285 n. 1, 294 s., 297); L. Testi, S. Maria della Steccata a Parma, Firenze 1922, pp. 14 s., 21 s., 26, 29, 32 s., 37, 43-49, 51 s., 55, 58, 60, 65, 67 s., 70-73, 78, 82 s., 91, 98, 109, 111, 168-170, 185, 203, 206-208, 213, 217, 231, 252; A. Venturi, Storia dell'arte italiana, X, 1, Milano 1935, pp. 502, 507 e fig. 382; N. Pelicelli, Parma monumentale, Parma 1937, pp. 14, 18 s., 80, 86; M. C. Canali, G. F. d'Agrate, in Parma per l'arte, II (1952), pp. 51-57; G. Gonizzi, Gli scultori Ferrari-Agrati artisti parmensi poco noti, in Gazzetta di Parma, 18 nov. 1966; A. Ghidiglia Quintavalle, Parma. S. Giovanni Evangelista, Bologna 1973, pp. 396, 400; Id., Parma. S. Maria della Steccata, Bologna 1973, pp. 337, 339 s., 346, 356; Felice da Mareto, Chiese e conventi di Parma, Parma 1978, p. 282; L'abbazia benedettina di S. Giovanni Evangelista a Parma, a cura di B. Adorni, Milano 1979, pp. 71, 78, 85 nn. 38, 59; L. Fornari Schianchi, ibid., pp. 153 s.; O. Banzola, L'ospedale vecchio di Parma, Parma 1980, p. 112 n. 78; L. Farinelli-P. P. Mendogni, Guidadi Parma, Parma 1981, pp. 52, 57 s., 72, 74, 88, 90 s., 122, 135; B. Adorni, L'architettura, in S. Maria della Steccata a Parma, a cura di B. Adorni, Milano 1982, pp. 53r-58, 62, 65, 68, 71 s., 75, 78, 86, 89 nn. 113, 115, 118; A. Coliva, Le sculturetombali. G. F. d'Agrate, ibid., pp. 221-225; M. Dall'Acqua, ibid., pp. 246 s., 249, 252 s., 255-261, 263; Parma. Storia, arte e monumenti, a cura di L. Fornari Schianchi, Bologna 1989, pp. 26, 43, 53; La reggia di là dall'acqua. Il giardino e il palazzo dei duchi di Parma, a cura di G. Godi, Milano 1991, pp. 82, 88, e passim;P. P.Mendogni, Giovanfrancesco Ferrari d'Agrate: uno o due scultori?, in Aurea Parma, LXXV (1991), 1, pp. 27-33; M. O. Banzola, L 'ospedale della Misericordia, in La città latente (catal.), a cura di G. Canali (in corso di stampa); G. Zanichelli, ibid., scheda 310; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, I, p. 133, s. v. Agrate.