GHIDONI, Giovanbattista
Figlio di Galeazzo e di Giustina Berni, nacque il 2 dic. 1599 a Firenze, dove il padre, originario di Cremona, era attivo come pittore. Seguì le orme paterne e si inserì saldamente nel contesto artistico del primo Seicento fiorentino, nonostante vi abbia ricoperto una posizione decisamente secondaria. Formatosi presso S. Coccapani, realizzò la sua prima opera nota nel 1615-17 quando, insieme con altri allievi, affiancò il maestro nella decorazione del soffitto della galleria di casa Buonarroti.
Nella tela con la Pietà cristiana il G. dimostra stretti rapporti con lo stile di Coccapani per ciò che riguarda la tipologia del viso e la plasticità delle forme; mentre risente dell'influenza di Artemisia Gentileschi, contemporaneamente impegnata nella decorazione, per il trattamento della figura "come un bel marmo lucido, ma sfiorato e sensibile alla luce" (Gregori, 1962). L'esperienza nel cantiere di casa Buonarroti consentì al giovane G. di lavorare a stretto contatto con i più aggiornati pittori della tradizione fiorentina e di stringere una proficua amicizia con i pittori B. Salvestrini e F. Tarchiani ai quali sarà successivamente legato per lo svolgimento di alcuni incarichi.
Agli inizi degli anni Venti fu attivo nella bottega di G. Bilivert; viene menzionato in un documento mediceo del 1624 (Contini, 1985) come uno degli allievi del pittore ai quali era concesso di eseguire copie da quadri, conservati nel casino di S. Marco, posseduti dal cardinale Carlo de' Medici. Il terzo decennio fu un periodo di intensa e prestigiosa attività: l'intervento del G., unitamente a quello di altri discepoli della scuola di Bilivert, Cecco Bravo e Salvestrini, si può infatti rintracciare nella sala delle eroine bibliche nella villa di Maria Maddalena d'Austria (Poggio Imperiale); inoltre, si deve riconoscere come autografa la lunetta con Cristo che resuscita un bambino annegato nel chiostro della chiesa di Ognissanti.
Tradizionalmente assegnata, sulla scorta di Richa, al padre del G., l'opera è stata giustamente ricondotta alla mano del figlio, nonostante la presenza del monogramma paterno (due G intrecciate). Ulteriore conferma per tale attribuzione è fornita dal confronto tra un disegno (Studio di figura) firmato dal G., conservato nel Gabinetto dei disegni e stampe degli Uffizi, e la figura ammantata di un giovane, posta sulla destra dell'affresco di Ognissanti, che rivolge il volto verso il riguardante. La presenza del monogramma paterno induce a circoscrivere l'esecuzione della lunetta - la data sul dipinto non è completamente leggibile - entro il 1625, anno in cui il G. riscattò la matricola del padre all'Accademia del disegno, rendendosi dunque definitivamente autonomo.
In stretta relazione con l'iscrizione all'Accademia fiorentina deve considerarsi l'esecuzione di un dipinto, ricordato dalle fonti ma di cui si è persa ogni traccia, che il G. realizzò in occasione della festa di S. Luca dipingendovi "un giovanetto con tre ghirlande" (Barsanti), simbolo dell'Accademia del disegno.
Sin dai primi anni Venti l'attività del G. si estese probabilmente anche oltre i confini della città di Firenze. La Sacra Famiglia firmata e datata 1623 del Museo di palazzo Taglieschi ad Anghiari, la cui provenienza non è nota, potrebbe infatti essere identificata con il dipinto del G., ricordato da Mancini (1832) nella chiesa di S. Antonio Abate a Sansepolcro, del quale Giglioli nel 1921 annotò la datazione 1623. Il dipinto mostra chiaramente l'interesse del G. per gli effetti luministici caravaggeschi, tuttavia mutuati dalla visione in chiaro operata dagli artisti toscani. D'altronde, l'interesse luministico del G., costante in tutta la sua produzione, è evidente anche nei suoi disegni (conservati in numero di tre agli Uffizi), dove "il segno è sottolineato dall'effetto della biacca nella carta preparata grigia" (Proto Pisani, 1993). Per analoghe considerazioni stilistiche possono ipoteticamente datarsi agli anni Venti due tele firmate, destinate alla chiesa di S. Martino alla Scala di Firenze e ora conservate presso il convento delle suore carmelitane di via dei Bruni: l'Annunciazione e il Battesimo di s. Agostino. Le due opere colpiscono, infatti, per il sapiente uso della luce e per la capacità di assimilazione dei maggiori eventi artistici fiorentini. La veste dell'angelo annunciante richiama fedelmente i modi di Bilivert mentre il carattere devoto e studiato della composizione risente della maniera di Santi di Tito.
Al 1632 è datata la commissione della tela con la Reclusione di s. Verdiana per l'omonima chiesa di Castelfiorentino, che si deve probabilmente al diretto interessamento di Salvestrini e Tarchiani, attivi nella chiesa tra il 1625 e il 1631. L'opera, attualmente conservata nella chiesa di S. Francesco, non venne tuttavia portata a termine prima del 1637. Tale protrarsi dei lavori trova giustificazione con l'impegno del G. nel chiostro nuovo di S. Maria del Carmine, dove le fonti ricordano infatti il suo intervento in quattro lunette. Tradizionalmente attribuita al padre del pittore, la commissione di S. Maria del Carmine trasse avvio, come dimostra la documentazione archivistica, nel 1632, in seguito alla richiesta del G. di poter ottenere una sepoltura per la famiglia nel chiostro nuovo. Acconsentendo, i frati imposero tuttavia al pittore l'esecuzione di una lunetta che rappresentasse un episodio religioso, a discrezione dell'artista. Il G. diede dunque inizio allo svolgimento del ciclo figurativo dedicato a Elia, scegliendo di rappresentare l'episodio del Messo del re d'Israele che si inginocchia davanti al profeta. Solo due delle lunette del G. sono attualmente visibili - oltre alla suddetta è stata ricollocata la lunetta con Elia nutrito dai corvi - e versano, peraltro, in un pessimo stato di conservazione poiché gli affreschi del chiostro, strappati nel 1970, attendono di essere completamente ricollocati. Procedendo i frati nella prassi di affidare alle famiglie richiedenti sepoltura l'incarico della decorazione dello spazio soprastante, l'intervento del G. nelle altre lunette deve dunque riferirsi a tale motivo. Nonostante sia difficile rintracciare puntualmente i diversi patronati del chiostro, è tuttavia noto un pagamento di 25 ducati (Proto Pisani, 1993) versati nel 1634 al G. da Francesco Bonsi per l'esecuzione della lunetta (non più in loco) con Michea che predice ai re Achab e Iosaphat la loro sconfitta.
Dal 1638 il pittore risulta presente a Vienna al servizio del principe Carlo Eusebio di Liechtenstein per il quale eseguì decorazioni nei castelli di Feldsberg e Eisgrub (1639-43). Non si hanno ulteriori notizie sul G. e ignoto è l'anno della morte. Egli potrebbe essere tuttavia identificabile con il "Giovanbattista pittore" che nel 1650 ricevette a Vienna un pagamento per un non meglio specificato ritratto del principe (Thieme - Becker).
Il G. fu autore, tra l'altro, della Crocifissione della chiesa dei Ss. Filippo e Prospero a Pistoia, che richiama la tela d'identico soggetto di Tiziano in S. Domenico ad Ancona, e di un S. Giovanni Battista dipinto per la chiesa di S. Giovannino in Fieri a Pisa, ricordato dalle fonti ma non ancora rintracciato. Presso il Musée des beaux-arts di Caen, si conserva, inoltre, un S. Sebastiano curato da s. Irene firmato "Gidonius" e datato, presumibilmente, "1630" (Debaisieux), del quale non si hanno riferimenti che ne confermino l'autografia.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Corporazioni religiose soppresse dal governo francese, 113, cc. 129 s., 143 s.; Miscellanea Medicea, 307, fasc. T, n. 5; G. Richa, Notizie storiche delle chiese fiorentine, Firenze 1754-62, II, p. 228; III, p. 341; F. Tolomei, Guida di Pistoia, Pistoia 1821, p. 88; G. Mancini, Istruzione storico-pittorica per le chiese di Città di Castello, Perugia 1832, II, p. 277; F. Fantozzi, Nuova guida… di Firenze, Firenze 1842, p. 276; L. Coleschi, Storia della città di Sansepolcro, Città di Castello 1886, p. 175; R. Razzoli, La chiesa di Ognissanti a Firenze, Firenze 1898, p. 96; O.H. Giglioli, Sansepolcro, Firenze 1921; W. Paatz - E. Paatz, Die Kirchen von Florenz, Frankfurt a.M. 1940-54, III, p. 217; M. Gregori, Avant-propos sulla pittura fiorentina del Seicento, in Paragone, XIII (1962), 145, pp. 21-40; La Casa Buonarroti a Firenze, a cura di U. Procacci, Milano 1965, ad indicem; G. Corti, Contributi alla vita e alle opere di F. Furini, in Antichità viva, X (1971), 2, p. 18, doc. 4; A. Barsanti, Vita di F. Furini, in Paragone, XXV (1974), 291, pp. 95 s. n. 67; A.W. Vliegenthart, La Galleria Buonarroti…, Firenze 1976, ad indicem; R. Contini, Bilivert. Saggio di ricostruzione, Firenze 1985, pp. 27, 188 s., doc. 65; M.C. Improta, La chiesa di S. Verdiana a Castelfiorentino, Castelfiorentino 1986, p. 31; C. Pizzorusso, F. Tarchiani, in Il Seicento fiorentino (catal.), Firenze 1986, III, pp. 172-174; A. Brejon de Lavergnée - N. Volle, Museés de France. Répertoire des peintures italiennes du XVIIe siècle, Paris 1988, p. 165; Il chiostro di Ognissanti a Firenze. Gli affreschi del ciclo francescano, Firenze 1990, pp. 31-37; R. Contini, Una mappa dell'influsso di A. Gentileschi a Firenze, in Artemisia (catal., Firenze), Roma 1991, pp. 183 s., 195, nn. 13 s.; R.C. Proto Pisani, Salvestrini, Tarchiani, Ghidoni. Cronaca di un restauro, Castelfiorentino 1991, pp. 27-31; F. Battazzi - A. Giusti, Ognissanti, Roma 1992, pp. 79, 86; S. Meloni Trkulja, Opere nel convento dal XVI al XIX secolo, in La chiesa di S. Maria del Carmine, a cura di L. Berti, Firenze 1992, pp. 196 s.; R.C. Proto Pisani, Appunti su alcuni pittori poco conosciuti del Seicento: Francesco Ligozzi, G. G. e altri, in Arte cristiana, LXXXI (1993), pp. 423-438; F. Debaisieux, Caen, Musée des beaux-arts. Peinture des écoles étrangères, Paris 1994, p. 102; Il patrimonio artistico di Castelfiorentino, a cura di R.C. Proto Pisani, Castelfiorentino 1995, p. 22; G. Pagliarulo, Iuvenilia di Cecco Bravo, in Paradigma, XI (1996), p. 37 n. 14; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIII, p. 548.