BLANCH (Bianco, Blanco), Giovan Tommaso
Nacque a Napoli intorno al 1590, da Franzino, o Francesco, e da Caterina di Maio, secondo il Campanile; da Marcello e da Isabella Morra secondo il Filamondo. Era fratello minore di Michele, marchese di San Giovanni. Appartenente ad una famiglia di piccola nobiltà e di scarse rendite ("caballero pobre, y que no tiene mas hazienda que el sueldo que V. Mag.d le ha hecho merced" lo avrebbe definito il 26 marzo 1640 il duca di Medina de las Torres in un'informazione a Filippo IV: Archivo general de Simancas, Estado, l. 3263, f. 32), si rivolse dapprima agli studi giuridici, addottorandosi nell'università napoletana. Già nel 1614, però, quali che fossero le sue intenzioni iniziali, le abbandonava per entrare nella carriera militare, più consona alla sua condizione di nobile, arruolandosi con il grado di alfiere in un reggimento di fanteria napoletana inviato alla guerra del Monferrato. Nel 1615 prese parte con onore ai combattimenti presso Asti, San Germano Vercellese e ad altri minori fatti d'arme, ottenendo la promozione a capitano. Nel 1620 passò nelle Fiandre e poi nel Palatinato, comandando, nel piccolo esercito di 3.000 uomini condotto dall'Italia da Gonzalo Fernández de Córdova, dapprima una compagnia di archibugieri e poi, interinalmente, un reggimento di fanteria.
Nella trionfale campagna di Ambrogio Spinola nel Palatinato il B. si mise in evidenza come uno tra i migliori giovani ufficiali dell'esercito spagnolo: particolarmente rilevante fu il suo contributo all'assedio di Frankenthal, dove si dovette soprattutto alla resistenza dei suoi archibugieri se una impetuosa sortita degli assediati non riuscì a travolgere il fronte spagnolo. Partecipò anche valorosamente all'assedio di Kaiserslautern, e nel giugno del 1622 era tra i reparti spagnoli dell'esercito imperiale del Tilly, che affrontò e sconfisse a Höchst Ottone di Brunswick.
Al principio del 1622 Filippo IV gli aveva concesso, su proposta dello Spinola, un soldo straordinario mensile di 40 scudi ed un cavalierato dell'Ordine di S. Giacomo. Prese quindi parte alla campagna delle Fiandre al comando di una compagnia di cavalleggeri e fu chiamato nel consiglio di guerra della govematrice Isabella d'Austria. Partecipò dalla primavera del 1624 all'assedio di Breda, capolavoro militare dello Spinola, ma la piazzaforte non aveva capitolato quando lo stesso generale spagnolo lo inviò presso il Tilly ed i principi della lega cattolica per "cosas de mucha importancia", come riferiva una relazione di Isabella d'Austria, pubblicata dal Filamondo: probabilmente per trattative ed accordi di natura militare, in vista della conclusione del trattato di pace di Magonza.
Alla ripresa della guerra, il B. assunse il comando di sei compagnie di cavalleria con le quali ottenne importanti successi in Gheldria nell'estate del 1626. Caduto prigioniero degli Olandesi e prontamente riscattato dall'infanta Isabella, prese parte ai principali episodi militari di quella campagna, tra i quali la conquista di Spira, nel 1630. Nel febbraio del 1632, in rappresentanza di Isabella d'Austria, il B. ebbe contatti con il Wallenstein, nel quadro delle trattative condotte dalla lega asburgica con il condottiero boemo perché riprendesse le armi contro gli Svedesi, la cui offensiva sembrava inarrestabile.
Nello stesso anno, promosso alla carica di maestro di campo, al comando di un reggimento di fanteria napoletana il B. partecipò alla difesa di Frankenthal attaccata dagli Svedesi e poi a quella di Maestricht contro gli Olandesi. Fece quindi un breve ritorno a Napoli, dove il viceré conte di Monterrey nell'aprile del 1634 gli affidò, con la carica di comandante delle armi in Calabria, il compito di provvedere alla difesa di quelle coste contro le incursioni barbaresche. Ma il B. non potette assolvere a questo incarico: la preparazione della controffensiva contro gli Svedesi in Germania non consentiva dispersione di forze, e il B. fu richiamato col grado di tenente generale nell'esercito spagnolo che il cardinale infante don Ferdinando d'Austria conduceva in Germania. Prese parte così alla vittoriosa battaglia di Nördlingen, il 7 sett. 1634, ed agli ulteriori episodi militari che consolidarono il successo delle forze cattoliche.
Alla conclusione della campagna il B. si recò alla corte di Filippo IV, dove i suoi servizi ottennero un adeguato riconoscimento: il 7 nov. 1635, infatti, il sovrano lo nominò membro del Consiglio collaterale di Napoli elevando il suo soldo a 200 scudi mensili e attribuendogli una pensione annua di 500 scudi. Fece ritorno in Italia insieme col nuovo governatore di Milano, marchese di Leganés, nello stesso mese di novembre, quando l'offensiva francese minacciava ormai da vicino la stessa Milano. In questa difficile situazione il Leganés inviava subito il B. a Modena, Lucca e Firenze per sollecitare il contributo militare degli alleati e quindi, con analoga missione, a Napoli, donde ben presto il B. faceva ritorno in Lombardia alla testa di 1200 cavalleggeri. Nel corso della campagna ottenne la promozione al grado di governatore generale della cavalleria.
Nell'agosto del 1636, dopo che la vittoria ispano-imperiale a Corbie sembrò migliorare nettamente le prospettive della guerra, Filippo IV autorizzò il trasferimento del B. a Napoli, secondo le pressanti richieste del viceré, conte di Monterrey, e secondo lo stesso desiderio del Blanch. Nel marzo dell'anno seguente, col grado di maestro di campo generale, ebbe il comando di una spedizione di soccorso in Sardegna, dove si temeva un attacco della flotta francese; ma, richiamata questa dal Richelieu, il B. rientrò subito a Napoli con dodici navi mercantili olandesi catturate nel viaggio di ritorno. L'8 apr. 1637 il nuovo viceré, duca di Medina de las Torres, lo aveva nominato suo vicario generale in Calabria Ultra.
Il B. prese possesso della carica nell'aprile dell'anno seguente: suo compito principale era di provvedere a più efficaci misure difensive contro l'imperversare dei Barbareschi. In realtà, privo di sufficienti risorse finanziarie e militari, sopraffatto dai più pressanti problemi di assistenza e di ordine pubblico imposti dal recente terremoto che aveva sconvolto la regione, il B. non fu in grado di assolvere alla sua più importante missione: la sanguinosa incursione turchesca su Nicotera, il 19 giugno 1638, sottolineò la gravità di una situazione cui neanche un militare esperto come lui era in grado di provvedere. Miglior fortuna ebbe nel 1639, quando, vicario generale in Molise e Capitanata, ottenne qualche successo nella repressione del brigantaggio.
Nel 1641 il B. si recò nuovamente alla corte spagnola, secondo il Filamondo con incarichi, non meglio precisati, del Medina de las Torres. Ma è più probabile che si trattasse soprattutto di affari privati: il B. otteneva infatti nuove importanti concessioni da Filippo IV, il titolo marchionale su una sua terra dell'Oliveto e il governo dell'arsenale di Napoli. Rifiutò invece la carica di maestro di campo generale nella guerra di Portogallo, offertagli dal conte-duca d'Olivares. Tornato a Napoli esercitò, con il governo dell'arsenale, anche varie cariche amministrative nelle province. Ebbe nuovamente un ruolo di primo piano durante la rivolta popolare scoppiata nel 1647, nella quale la sua moderazione fece singolare contrasto con i fieri propositi di repressione del viceré, duca d'Arcos, e della maggior parte della nobiltà napoletana.
Un contemporaneo lo ricorda non del tutto esattamente, ma con qualche fondo di verità, tra i nobili "amati e riveriti dal popolo in tutto il tempo delle presenti turbolenze, sicché non pericolarono né le persone, né le robe loro, per aver sempre procurato i comodi della plebe" (Capecelatro, I, ann. 97). In realtà, né il B. poté godere di una così illimitata devozione da parte dei rivoltosi, né "i comodi della plebe" furono proprio la sua principale preoccupazione. Al suo atteggiamento moderato era indotto sia da ragioni personali sia da una visione più prudente della situazione che non quella dell'Arcos e degli aristocratici intransigenti.
Insieme col fratello maggiore Michele - che ebbe nella circostanza un ruolo più evidente, se non più importante - il B. cercò infatti di trarre vantaggio dalla crisi per soddisfare all'antica aspirazione della sua famiglia di essere rappresentata nell'amministrazione cittadina, dalla quale, benché nobile, era tradizionalmente esclusa. I Blanch, insieme con altri nobili che erano nella medesima situazione, cercarono inizialmente, finché la rivolta sembrò limitata a rivendicazioni amministrative, di stabilire un accordo con i rivoltosi perché nella invocata riforma del governo cittadino fosse prevista anche una adeguata rappresentanza dei nobili esclusi. Il tentativo non riuscì, ma finché la questione rimase aperta il B., con l'autorità che gli veniva dal prestigio militare e dalla carica di membro del Consiglio collaterale, fu tra coloro che più fermamente si opposero ai fieri propositi dell'Arcos, "proponendogli la via dei trattati e del tempo che matura tutto e per ordinario dissolve e rintuzza i moti popolari" (Capecelatro, II, p. 19). Del resto, anche quando i popolari rifiutarono ogni intesa con il gruppo aristocratico minoritario di cui egli faceva parte, il B. persistette nel suo atteggiamento: all'Arcos e a don Giovanni d'Austria egli manifestò, alla vigilia del tentativo di occupazione della città da parte delle truppe condotte a Napoli dal principe, il 5 ott. 1647, la sua preoccupazione che una simile iniziativa potesse piuttosto allargare che soffocare la rivolta, impegnando così nel Regno ingenti forze militari, indispensabili invece sul fronte catalano, e creando il pericolo di un intervento francese. Il suo consiglio fu respinto dall'Arcos, ma la disperata resistenza dei popolari, che costrinsero gli Spagnoli a sgombrare la città, la proclamazione della repubblica sotto la protezione della Francia, l'estensione della rivolta nelle province, dovevano ampiamente dargli ragione. Così, nel gennaio del 1648, aperte nuove trattative di pace, egli fu tra coloro che più calorosamente sostennero nel Collaterale la necessità di esautorare l'Arcos, secondo la richiesta dei popolari. E persistette nel suo orientamento moderato anche nei mesi seguenti, sebbene ora i popolari avessero smesso di fare distinzioni a suo beneficio nella loro furia antinobiliare: don Giovanni d'Austria scriveva a Filippo IV, il 7 apr. 1648, che anche il B. aveva "perdido su azienda durante los tumultos desta ciudad" (Filamondo, p. 353).
Dopo gli accordi tra il nuovo viceré duca d'Oñate ed il capo dei popolari, Gennaro Annese, il 5 apr. 1648 il B. fu tra coloro che diressero l'occupazione militare di Napoli. Nel maggio l'Oñate lo nominò governatore di Lecce, considerandolo "uomo prudente e di moderato governo, ed ottimo per governare ne' correnti tempi" (Capecelatro, III, p. 253). Nel 1654 partecipò all'episodio conclusivo della lunghissima crisi, la vittoriosa resistenza di Castellammare contro Enrico di Guisa che tentava di ritornare nel Regno.
Negli anni seguenti il B. visse a Napoli, dove, in qualità di governatore del Monte della Misericordia, si prodigò generosamente nell'assistenza popolare durante la peste del 1656. Vi morì il 18 dic. 1676.
Fonti e Bibl.: Archivo general de Simancas, Estado, l. 3263, ff. 32, 88; l. 3449, f. 105; C. Tutini, Historia della famiglia Blanch col supplimento del signor Carlo de Lellis, Napoli 1670, pp. 751-31; F. Campanile, Dell'armi overo insegne dei nobili, Napoli 1680, pp. 148 s.; R. M. Filamondo, Il genio bellicoso di Napoli, Napoli 1693, pp. 343-356; F. Capecelatro, Diario... delle cose avvenute nel Reame di Napoli negli anni 1647-1650, a cura di A. Granito di Belmonte, Napoli 1850-1854, ad Indices; Notizie tratte dai giornali copiapolizze degli antichi banchi napoletani, a c. di F. Nicolini, in Banco di Napoli. Archivio storico, I (1957), ad Indicem; G. Doria, Le strade di Napoli, Napoli 1943, pp. 245 s.; G. Valente, Difesa costiera e reclutamento di soldati in Calabria Ultra al tempo del vicario G. T. B., in Atti del III Congresso storico calabrese, Napoli 1964, pp. 607-681; Id., L'incursione turchesca su Nicotera nel 1638, ibid., pp. 681-737; Id., Il "protocollo della corrispondenza del vicario generale G. T. B., in Arch. st. per le prov. napoletane, s. 3, IV (1965), pp. 227-340.