CICOGNA, Giovan Pietro
Nacque, probabilmente negli ultimi anni del sec. XV, a Milano, da Giovanni Bartolomeo e Margherita Caccia; apparteneva ad una nobile famiglia milanese originaria di Novara, solidamente affermatasi sulla scena politica nella seconda metà del secolo XV.
Capostipite della famiglia si può considerare Giacomo, nonno del C., che fu consigliere ducale nel 1468 e da cui nacquero Giovanni Bartolomeo, Luigi e Ludovico. Luigi è ricordato come cavaliere d'onore di Bona di Savoia; Ludovico fu creato senatore da Carlo V, sposò Caterina Crotti e morì nel 1532. Da Giovanni Bartolomeo nacquero il C., Giovanni Maria e Giovanni Paolo. Giovanni Mariaabbracciò la vita religiosa, appartenne all'Ordine degli umiliati e nel 1552 fu fatto preposto commendatoie di ss. Simone e Giuda in Novara; scrisse opere di pietà e di erudizione. Giovanni Paolo intraprese la carriera militare e fu mastro di campo negli eserciti di Carlo V; sposò Porcia Gambaloita.
Esponente di quella parte del patriziato lombardo che nella contesa per lo Stato di Milano si schierò dalla parte ispano-imperiale e trasse larghi vantaggi, in uffici e concessioni feudali, dalla vittoria finale di Carlo V, il C. sembra riassumere nella sua carriera le caratteristiche del neofeudalesimo "della nuova stagione della nobiltà che accompagnano la crisi della libertà italiana".
L'episodio fondamentale della vita del C. risale al 1529, Il 21giugno di quell'anno il generale imperiale Antonio de Leyva, approfittando dell'avvenuta separazione tra l'esercito, veneziano e quello fi-ancese, uscì all'improvviso da Milano e il giorno dopo raggiunsee sconfisse i Francesi a Landriano, facendo prigionieri Francesco di Borbone, Claudio Rangone, Stefano Colonna e altri capitani avversari. In questo scontro il C., "magister thalami" del de Leyva, combatté con estremo valore, per il che ottenne sgbito dopo onorifici e lucrosi privilegi e fu dichiarato benemerito dell'Impero. L'anno successivo a Bologna Carlo V lo creò cavaliere dell'Ordine di Santiago e lo investì dei feudi di Terdobbiate, Tornaco e Pisnengo nel Novarese, trasmissibili per linea maschile e col diritto di fregiare il proprio stemma con l'aquila imperiale. Con l'affennazione imperiale nel Milanese e con l'anneisione di Milano prima de facto e poi de iure da parte di Carlo V, la posizione del C. diventa via via più solida. Nel 1533 l'imperatore gli concede i 300 scudi dell'entrata delle tasse sui cavalli a Trecate; nel 1535 é esentato dalle imposizioni sugli immobili chè possiede nel Novarese (su questa questione avrà uni lite con la Comunità di Novara nel 1559 ed il Senato di Milano gli darà in gran parte torto); nel 1537 10 troviamo invischiato nello spinoso problema del soggiorno, esiziale per le popolazioni, degli eserciti in Lombardia: il C. viene infatti rimproverato dal cardinale Caracciolo, il quale era in piena polemica con il marchese del Vasto circa questo problema, per avere scritto ai commissari di Cremona, Lodi, Pavia ed Alessandria di alloggiare una compagnia di passaggio. Nel 1539 lo troviamo collaterale generale dell'esercito, col compito cioè (come si esprimeranno le nuove costituzioni di due anni dopo) di "ius dicere in causis militum ex causa militiae vel ad ea dependentibus". Sempre nel 1539 interviene in una discordanza tra il del Vasto e Carlo V circa la nomina a procuratore fiscale, operata dal primo, di Giovan Giorgio de Castea: il C. è del parere, condiviso dal Senato, che il de Castea sia incapace e non integro. Nel 1540 è decurione di Milano; nello stesso anno é preposto da Carlo V alle tasse sui cavalli del ducato, carica estremamente lucrosa nella quale, dopo la sua morte, gli successe il figlio Antonio.
Nel decennio seguente il suo nome compare più volte nei documenti feudali: il C. appare attivo nell'acquisizione di feudi a pagamento, il che, se da un lato è tipico dell'espansione feudale delle famiglie nobili e patrizie italiane dell'epoca, dall'altro esprime il profondo disagio finanziario dell'amministrazione imperiale a Milano, che ricorre in misura massiccia a vendite di uffici, feudi ed appalti.
Nel 1544 il C. riceve l'omaggio feudale della Comunità di Cargnago; nello stesso anno acquista il feudo ed i relativi redditi di Nicorvo e Cilavegna per lire 24.566;sempre nel 1544acquista il feudo con giurisdizione di Mortara, con reddito di circa 1.200scudi, ma questa acquisizione dura poco perché Carlo V vuole concesso il feudo a Piero Colonna ed il C. è indennizzato con 4.465scudi. È curioso notare che per il feudo di Terdobbiate, di cui il C. era stato investito da Carlo V, il titolo dei Cicogna fu contestato perché ritenuto usurpato, come risulta da documenti del fondo Feudi camerali dell'Archivio di Stato di Milano del 1589 e 1595.
Nel 1548, in ottemperanza ad una grida di Carlo V che imponeva a tutti i feudatari di giurare di persona fedeltà all'imperatore "sotto pena di perdere li loro feudi", il C. giura nelle mani di Ferrante Gonzaga, ma è costretto a farlo per procura, in quanto dichiara di essere obbligato a letto dalla podagra; lo stesso farà per il giuramento richiesto nel 1556 da Filippo II, sostenendo che il male lo tiene a letto già da molti anni. Nel 1551 il nome dei e appare in una Consulta de particulares di Carlo V ad Augusta: egli desidera infatti il titolo di conte (fino ad allora era sempre stato qualificato "cavaliere") per alcune sue località nello Stato di Milano, titolo che ottenne nel 1554, Nel 1558 è dichiarato da Filippo II suo intimo consigliere per lo Stato di Milano.
Morì due anni dopo, nel 1560.
Aveva sposato Isabella di Castel Sampietro da cui ebbe cinque figli: Antonio, che successe al padre nelle cariche di collaterale generale e di commissario delle tasse sui cavalli, fu dei XII di provvisione e morì nel 1574; Carlo Bartolomeo, che. fu cavaliere dell'Ordine di Santiago e commendatore dell'Ordine dei ss. Maurizio e Lazzaro e morì nel 1594; Alfonso, Alessandro e Marianna, che fu monaca e premorì al padre. In un atto notarile dell'8 ott. 1569 appare anche un Battista del fu Giovan Pietro, quindi probabilmente un figlio del C., del quale per altro non si hanno ulteriori notizie. Un figlio di Antonio, Giovan Pietro, sposò Angela Mozzoni che apportò alla famiglia una ricca dote; da quel momento il cognome della famiglia fu Cicogna-Mozzoni.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Milano, Indice notarile del Lombardi, vol. 57 (ordinato per famiglie); Ibid., Feudi camerali, b. 200, n. 9; b. 404, nn. 3-6; b. 586, n. 18; b. 588, n. 13; b. 685, n. 2; Ibid., Famiglie, b. 53; Archivo de Simancas, Milan y Saboya, a c. di R. Magdaleno Redondo, Valladolid 1961, pp. 18, 23, 32, 34, 36, 42; L. Tettoni-F. Saladini, Teatro araldico, II, Lodi 1843 (ordinato per famiglie); C. Argegni, Condottieri, capitani, tribuni, I, Milano 1936, p. 169; F. Chabod, L'epoca di Carlo V, in Storia di Milano, IX, Milano 1971, pp. 306, 497, 500; Id., Storia di Milano nell'epoca di Carlo V, Torino 1971, ad Indicem;V. Spreti, Enciclopedia storico-nobiliare. ital., II, p. 462.