NIZOLA, Giovan Giacomo
NIZOLA (Nizzola), Giovan Giacomo (Jacopo da Trezzo). – Nacque intorno al 1514-15 a Trezzo sull’Adda, nel Milanese, da magister Gaspare e da Caterina Mazza. Dal sesto decennio del XVI secolo si affermò come artista senza pari nell’intagliare ritratti dal naturale «in cavo e di rilievo» (Vasari [1568], 1976, p. 629), sottoscrivendo documenti come «Jacobo» o «Jacomo da Trezo» (Bruxelles, Archives générales du Royaume, Acquits de la Chambre des comptes Lille, Recette générale des finances, 1175bis-1176, c. 2r; Martí y Monsó, 1901, p. 275).
La data di nascita si desume da una lettera, senza data, in cui Nizola, richiedendo il saldo dei pagamenti per il tabernacolo escurialense (compiuto nel 1585), si dice settantunenne e al servizio di Filippo II (iniziato nel 1554-55) da 31 anni (Autografos, 1875, p. 85). L’ipotesi che fosse figlio di Giovan Giacomo da Trezzo, pittore oggi identificato con Giovan Giacomo Santi, si è rivelata infondata. Un fratello di nome Imolo morì nel 1529 (Bonomi, 2010, pp. 15-19).
Nel 1531 risiedeva nella parrocchia milanese di S. Maria Beltrade. Nel 1540 era titolare di una casa-bottega nella parrocchia di S. Maria del Cerchio e insegnava all’apprendista Alessandro de Congis l’arte «intaliandi lapides preciosos, camainos ac vasa diversarum sortium ex lapidibus» (ibid., p. 22). La notizia che lo vorrebbe maestro del coetaneo Gaspare Miseroni (Morigia, 1595, p. 480) non è provata.
Non sono documentate sue opere glittiche prima del periodo compreso tra il dicembre 1550 e il febbraio 1552, periodo nell’arco del quale ricevette da Cosimo I de’ Medici pagamenti per «un vaso grande de christallo e uno bicchiere in christallo» (Supino, 1899; Babelon, 1922, p. 23).
L’11 maggio 1542 «Giovanni Jacomo Nizolo» (che dal 1541 almeno risiedeva nella parrocchia di S. Vittore a Teatro) consegnò i punzoni della Zecca di Milano al nuovo incisore, Leone Leoni (Conti, 1995). Non è chiaro se l’attività nella Zecca avesse comportato la realizzazione di coni per la monetazione ambrosiana, ma sappiamo che ne realizzò di eccellenti per stampare imitazioni di monete antiche (Vico, 1555), ancora non identificate.
Le medaglie fuse offrono invece un punto fermo per la ricostruzione degli esordi di Nizola come ritrattista, perché sono spesso contraddistinte da iscrizioni autografiche. Quella d’Ippolita Gonzaga (1551-52, contrassegnata «IAC.TREZ») e quella d’Isabella Capua (ante 1554, siglata «IAC.TREZO»), rispettivamente figlia e moglie del governatore di Milano Ferrante Gonzaga, consentono così di includere nel suo catalogo anche una precedente medaglia di Ippolita (1549-50), nonché quelle di Maria di Boemia (1549-51 circa) e Giovanna di Portogallo (1554; Toderi - Vannel, 2000, rispettivamente nn. 95, 97, 66, 126 e 98). All’attività giovanile di Nizola possono inoltre essere ascritte la medaglia di Pietro Piantanida, realizzata tra il 1548 e il 1550 (Toderi - Vannel, 2000, n. 411, ivi attribuita ad Antonio Abbondio), e quella di Alessandro Cacurio che nell’esemplare dei Musei civici di Brescia (inv. n. 698) reca sul taglio della spalla l’iscrizione incisa: «IAC.TR.F» (Cupperi, 2008, pp. 59-62).
Nel 1554 entrò al servizio di Filippo d’Asburgo, che lo mandò in Inghilterra «a presentar […] gioie d’inestimabile valore» a Maria Tudor, sua sposa nel luglio di quell’anno (Morigia, 1595, p. 480). A Londra ritrasse la regina (1554) e il re (1555) in medaglie concepite come pendants (Toderi - Vannel, 2000, nn. 99-100) e intagliò i coni per gli scellini, le mezze corone e il nominale da 6 pence con i ritratti affrontati dei due sovrani (1554).
Dal 1555 percepì un salario a Bruxelles. Tra il 1555 e il 1559 coniò i gettoni del Bureau des finances (Pinchart, 1870, p. 16) e divenne celebre per avere inciso l’arme di Carlo V in un diamante (1559-62) mettendo a punto un procedimento per intagliare figure in cavo nelle pietre preziose. Al 1556 risale il pagamento per «ung verre de christal de roche que l’empereur [Carlo V] a achepté a maistre Jacop», in tutta probabilità Nizola (Losinventarios…, 2010, p. 245). Nel 1557 eseguì su disegno di Adrien Reyniers il sigillo e il controsigillo che Filippo II usava per le patenti relative al governo dei Paesi Bassi.
Entro il 1562 seguì Filippo II in Spagna, risiedendo a Madrid in una casa-bottega nella parrocchia di S. Martín. Per il sovrano realizzò gemme intagliate, diamanti incisi, coppe in pietra dura e sigilli (in particolare quelli di Napoli, Milano, Sicilia e dell’Ordine del Toson d’oro), per l’infante Carlos cammei (in particolare un’agata con il ritratto della regina Isabella; Martín González, 1991, p. 60), sigilli, vasi e reliquiari in pietra dura. Eseguì inoltre diversi lavori di oreficeria sacra e profana per Giovanna di Portogallo e fornì pietre dure per le fontane della Casa de Campo.
«Escultor del rey», prestò servizio anche come agente ed esperto d’arte: nel 1565 valutò gli oggetti appartenuti a Ruy Gómez de Silva e acquistati da Filippo II; nel 1569 effettuò una perizia sui busti venduti al sovrano da Niccolò e Giambattista Bonanome; nel 1570 valutò le gioie della regina Isabella e l’anno seguente fu tra gli artisti proposti per stimare una fontana scolpita da Roque Solario (Checa Cremades, 1992, pp. 129, 167). Fu inoltre attivo come antiquario: procacciò monete antiche per il principe Carlos (ante 1568); nel 1563 acquistò un cammeo a due facce e un gioco di scacchi in diaspro appartenuti a Carlo V (Los inventarios…, 2010, pp. 385, 632) ed entro il 1577 vendette a Filippo II l’Annunciazione di Robert Campin, oggi al Museo del Prado (Sánchez Cantón, 1963).
Probabilmente realizzò anche opere in pietre dure e preziose per altre corti. Nel 1572 inviò a Francesco de’ Medici campioni di diaspro spagnolo e le impronte di un diamante che offriva di tagliare a tavola per il principe; il 26 dicembre 1575 propose al granduca una moneta ottoniana e ricordò la propria disponibilità a realizzare vasi in diaspro su commessa (Supino, 1899). Nel 1577 l’ambasciatore Hans von Khevenhüller, che viveva presso Nizola a Madrid, convinse l’arciduca Ferdinando II d’Asburgo a inviare all’artista un disegno con le sue armi perché le intagliasse in una pietra preziosa di sua scelta (Schönherr, 1893, nn. 10674, 10698).
Oltre alla pensione concessagli dal 1568, a Milano percepì anche un censo come conservatore degli Ebrei (1567-89). Tra le figure che lo sostituirono in tali mansioni nel 1567 figura ad interim il fratellastro Francesco, al quale aveva già cercato di fare avere l’ufficio di contestabile di Porta Tosa nel 1565 (Archivio di Stato di Milano, Dispacci reali, 272, f. 15). Francesco risulta inoltre attivo nel 1573 come agente e intagliatore di vasi in cristallo dirocca per Guglielmo V di Baviera (Simonsfeld, 1901, pp. 304, 312).
Al soggiorno spagnolo risalgono le medaglie fuse di Giannello Torriano (non ante 1568), Diego de Espinosa (1568), Hans von Khevenhüller (1577), Ascanio Padula (1577) e Juan de Herrera (1578), e le due coniate raffiguranti Filippo II (v/ «.SIC.ERAT.IN.FATIS.») e il PrincipeFilippo con la sorella Isabella (Toderi - Vannel, 2000, nn. 94, 108-111, 113, 114). Marginale appare invece il ruolo dell’artista nella realizzazione delle monete spagnole, per cui fornì solo un modello ligneo tra il 1559 e il 1562. Nello stesso periodo realizzò un diverso modello ligneo per gettoni e medaglie.
Sono inoltre da attribuirgli i cammei raffiguranti Giovanna di Portogallo (Vienna, Kunst-historisches Museum, inv. XII.70), Hans von Khevenhüller (coll. priv., ripr. da Distelberger, in Die Kunst des Steinschnitts…, 2002, n. 51), Filippo II (San Pietroburgo, Ermitage, inv. K1016) e la cosiddetta Fontana della Sapienza (Parigi, Cabinet des médailles; Chabouillet, 1858, n. 639). Incerta è invece la paternità di due sardoniche che ritraggono Filippo II e che gli vengono talvolta ascritte (rispettivamente Windsor Castle, inv. 65201, e già Blenheim Palace, Oxfordshire, coll. Marlborough, inv. 586). Un’agata che raffigura Lucrezia e un calcedonio con Il carro di Aurora (Vienna, Kunst-historisches Museum) sono stati ricondotti più convincentemente ad Alessandro Masnago (Distelberger, 1997). Poco persuasive le attribuzioni a Nizola di un’onice conservata al Victoria & Albert Museum (inv. 2628-55), un cammeo doppio con le effigi di Filippo II e Carlos d’Asburgo, probabile opera di Giampaolo Poggini, e un’onice con Testa maschile (Firenze, Museo degli argenti, rispettivamente inv. 121 e 82). Uno zaffiro bianco inciso da Nizola con le armi di Francesco I de’ Medici e della moglie Giovanna d’Asburgo e da lui inviato a Firenze il 10 gennaio 1572 va identificato con un sigillo scomparso dalla collezione già medicea dopo il 1837 (Aloisi, 1931-32).
Assieme a Pompeo Leoni e Giovan Battista Comane, ricevette la commissione per il sacello funerario di Giovanna di Portogallo (Madrid, Monastero delle descalzas reales, 1574-75 circa), per il quale fornì le lastre in diaspro e marmi policromi. Nel 1579 intraprese con i medesimi la realizzazione del retablo per l’altare maggiore della basilica di S. Lorenzo all’Escorial, inventando a tale scopo dei macchinari idraulici per la lavorazione del ferro e del diaspro. A Nizola spettò in particolare l’esecuzione del tabernacolo eucaristico (1586), un tempietto in diaspro, cristallo e bronzo dorato disegnato da Juan de Herrera, ma designato da un’epigrafe come «OPVS IACOBI TREZI MEDIOLANENS.». Alla morte di Comane (1582), assunse anche la direzione dei lavori di muratura, taglia delle membrature in diaspro e messa in opera della cornice architettonica del retablo. Per i due scudi con le armi di Carlo V e Filippo II che coronano i cenotafi ai lati dell’altare intagliò alcune figure araldiche in pietre dure, iniziate nel 1585. Realizzò inoltre un ostiario e diversi reliquiari per la basilica, tra i quali la teca di S. Lorenzo, cui lavorava nel 1586.
Morì a Madrid il 23 settembre 1589.
Aveva nominato eredi (1580) la figlia naturale Caterina, moglie dell’intagliatore Clemente Birago, e i figli del fratello Francesco. Uno di questi, Giacomo «el Mozo» (1562-1603), prese parte ai lavori per la basilica escurialense sotto lo zio e dopo la sua morte servì per i sovrani spagnoli come intagliatore di pietre dure.
Di Nizola sopravvivono due ritratti: una tavola di Antonio Moro (Kreuzlingen, coll. Kisters) e una medaglia di Antonio Abbondio con legenda «IACOBVS NIZOLLA DE TRIZZIA MDLXXII» (Toderi - Vannel, 2000, n. 444). Si ha inoltre notizia di un suo ritratto dipinto da Bernardino Campi (Lamo, 1584) e di una tela, appartenuta a Filippo II, che lo raffigurava accanto al tabernacolo escurialense (Babelon, 1922, p. 75).
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