SUARDI, Giovan Francesco
– Nacque a Verdello, in territorio bergamasco (dove la sua famiglia aveva un castello), attorno al 1422, da Giovanni e da Maddalena Suardi.
Il luogo è stato desunto da un sonetto di Suardi stesso (Cinquini, 1917, p. 39), perché il componimento, parlando in prima persona, dice di sé: «del fango dov’io nacqui verdelesco», e l’aggettivo è stato ragionevolmente riferito anche all’autore. La data, invece, deriva da un’annotazione del cronista quattrocentesco Andrea da Schivenoglia, secondo cui Suardi, quando assunse la podesteria di Mantova nel 1466, aveva quarantaquattro anni.
Suo padre Giovanni era stato signore di Bergamo fino al 1407, anno in cui aveva dovuto cedere il dominio a Pandolfo Malatesta. Nel 1410 Giovanni aveva sposato una sua prima cugina, Maddalena Suardi figlia di Balduino, che sarebbe diventata madre di Giovan Francesco. I Suardi entrarono nell’orbita politica di Gianfrancesco Gonzaga (capitano del popolo e, dal 1433, marchese), spostandosi nel Mantovano. Giovanni ricoprì la carica podestarile di Ostiglia dal 1427 fino alla morte, nel 1459. Orlando Suardi, nipote di Giovanni, fu siniscalco di Gianfrancesco e poi luogotenente e commissario del suo erede Ludovico Gonzaga (Lazzarini, 1996, p. 371).
Giovan Francesco trascorse a Mantova gli anni giovanili e frequentò la scuola di Vittorino da Feltre. Nel 1445 intraprese gli studi giuridici all’università di Ferrara, dove ebbe modo di conoscere celebri maestri del diritto come Angelo Gambiglioni (immortalato nel sonetto Questo Aretino dice così presto; Cinquini, 1917, p. 83) e Francesco Accolti (cui Suardi rispondeva per le rime a nome di Isotta d’Este; pp. 30 s.); inoltre partecipò alla spensierata vita goliardica locale. Già praticava la versificazione volgare e, pur frequentando abitualmente la lirica amorosa, se ne serviva per occasioni di vario genere; scrisse, per esempio, un sonetto a Leonello d’Este e una canzone al suo successore Borso per indurli ad abolire il divieto di andare in maschera durante il carnevale (Cinquini, 1917, pp. 18 s., 90-93).
Nonostante le sovvenzioni paterne e un incarico retribuito come lettore tra il 1449 e il 1452, per Giovan Francesco il titolo dottorale restava difficile da raggiungere, soprattutto per motivi economici. Una soluzione costosa, ma tutto sommato più conveniente dell’iter usuale, si presentò nel 1452 al passaggio dell’imperatore Federico III per Ferrara. Il titolo si poteva ottenere con il versamento di circa settanta ducati nelle casse imperiali e la famiglia Suardi riuscì a raccogliere la somma: il diploma di Giovan Francesco porta la data 11 maggio 1452. Cominciava così per il giurista poeta la carriera di funzionario itinerante: tra il 1453 e il 1454 egli fu infatti podestà di Massa Lombarda (ora in provincia di Ravenna). La stessa carica gli fu conferita ad Ancona (1454-55) e a Urbino (1456), dove strinse amicizia e scambiò alcuni sonetti con il poeta Angelo Galli. Nel settembre del 1456 andò capitano del popolo a Firenze, e ancora podestà e poi capitano di giustizia fu a Siena tra il 1457 e il 1458. Si preparava allora il concilio che avrebbe dovuto promuovere una nuova crociata contro il Turco e che ebbe luogo a Mantova nel 1459. Da Siena, il 27 febbraio 1458, Suardi scriveva a Ludovico Gonzaga circa il viaggio di Pio II. Le lettere senesi informavano il signore anche sul tergiversare di Donatello, ritroso a trasferirsi presso i Gonzaga. Al medesimo periodo risalgono anche l’amicizia con il giurista Mariano Sozzini e i versi per Ludovica, probabilmente sua nuora (Cinquini, 1917, p. 47 e passim).
La dieta del 1459 segnò il ritorno di Suardi a Mantova: in quell’anno egli ricevette la podesteria di Ostiglia, che era stata di suo padre, e rafforzò il legame con i Gonzaga, assumendo, dal 1460, anche la cura del quattordicenne Giovan Francesco, figlio di Ludovico e di Barbara di Brandeburgo, nonché futuro marchese di Bozzolo. Alcune sue lettere del periodo lo mostrano intento a sorvegliare pure la salute e l’educazione dei giovani Gonzaga, in particolar modo durante i soggiorni estivi a Revere. Sono probabilmente di questi anni alcuni suoi componimenti indirizzati a Federico (futuro signore di Mantova), Giovan Francesco e Dorotea Gonzaga.
Il 20 maggio 1460 la marchesa Barbara gli dava in moglie Orsina, figlia del conte Alberico di Barbiano, cresciuta a corte e una delle sue favorite. La sposa portava con sé una cospicua dote. L’evento fu cantato dal poeta in tonalità diverse, ora lodando convenzionalmente la donna, ora lamentando altrettanto convenzionalmente le pene del matrimonio. Intanto il suo ruolo di precettore e compagno del giovane Giovan Francesco lo obbligava a peregrinazioni piuttosto lunghe, durante le quali riferiva dettagliatamente ai signori di Mantova con lettere puntuali. Nella primavera del 1462 seguì il suo protetto a Roma e nel maggio del 1463 fece parte della comitiva che si recò a Innsbruck per portare a Mantova Margherita di Wittelsbach, sposa di Federico Gonzaga. Nell’estate del 1464 si rimetteva in viaggio alla volta dei bagni di Corsena, vicino a Lucca; del gruppo, oltre a Giovan Francesco Gonzaga, faceva parte anche il marchese Ludovico. Oltre alle lettere indirizzate a Barbara di Brandeburgo, due sonetti suardiani documentano scherzosamente e allusivamente la vita alle terme (Cinquini, 1917, p. 14).
Nel 1466 Suardi otteneva la podesteria di Mantova e, il 25 giugno, nella rocca di Malpaga (vicino a Bergamo), vendeva a Bartolomeo Colleoni terre e altri immobili e diritti nei pressi di Verdello. Nel rogito egli figurava come «civitatis Bergomi sed modo moram trahens in civitate Mantue» (Marchetti, 2000, p. 111), però a Mantova e ai Gonzaga la sua vita era ormai legata da tempo. Andrea da Schivenoglia, ai tempi della sua podesteria, lo registra tra gli abitanti più in vista della città, ricordando che in origine era «lezere [‘leggero’] chavalero de roba», ma che poi aveva acquisito benefici dal marchese e venduto certe sue terre nel Bergamasco per comprare a Mantova; i suoi modi erano inoltre piuttosto affabili («luy hè piaxevollo con una bella spoxa e cortexe»).
L’esperienza letteraria di Suardi, che si colloca al livello medio dell’artigianato poetico quattrocentesco, ha un notevole interesse storico, sia come documento sia come specchio di una rete di rapporti significativa, ed è segnata da una notevole apertura verso molti generi tematici e metrici. La sua precoce prova bucolica in volgare (Salve, Tirinto, tu stai sempre in ocio), forse stimolata dal passaggio per Siena (dove l’egloga godeva di prolungato favore), testimonia anche una certa disponibilità sperimentale (Brambilla Ageno, 1976).
L’estate del 1467 lo vide accompagnare Federico Gonzaga e la moglie Margherita nell’ennesimo soggiorno termale, questa volta ai bagni di Porretta, mentre nel 1468 egli si mosse nel territorio mantovano con incarichi diversi. Ai primi di agosto andò commissario marchionale a Ostiglia, dove si era manifestata una pestilenza, e lì morì, il 5 di quel mese. Marco Secco, podestà locale, scrisse a Ludovico Gonzaga per informarlo del decesso, preceduto da una crisi di letargia.
Un decreto marchionale del 15 maggio 1469 riconosceva la sua vedova Orsina come tutrice di quattro figli: Giovanni, Giovan Francesco, Rodolfo e Alberico. A un figlio di Rodolfo, chiamato anch’egli Giovan Francesco, sono forse da attribuire un epitalamio in volgare per le nozze di Francesco Maria Della Rovere ed Eleonora Gonzaga (1509) e un panegirico latino per Luigi XII re di Francia dal 1499 al 1514.
La maggior parte delle rime di Suardi è trasmessa da due codici: Mantova, Biblioteca comunale Teresiana, ms. 72 (silloge non d’autore ma verosimilmente allestita in ambito a lui vicino, forse familiare) e Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, ms. Reg. lat. 1973 (miscellanea quattrocentesca di area estense).
Fonti e Bibl.: Mantova, Biblioteca comunale Teresiana, ms. 1019: A. da Schivenoglia, Cronaca, c. 55v.
A. Rosmini, Idea dell’ottimo precettore nella vita e disciplina di Vittorino da Feltre e de’ suoi discepoli, Bassano 1801, pp. 369-372; G. Secco-Suardo, Lo Studio di Ferrara a tutto il secolo XV, in Atti della Deputazione provinciale di storia patria di Ferrara, VI (1894), pp. 25-208, passim; A. Cinquini, Per le fauste nozze Angelica Picardi - Luigi Valli, Roma, 31 gennaio 1907. Rime inedite del Quattrocento, Roma 1907; A. Belloni, Un lirico del Quattrocento a torto inedito e dimenticato, in Giornale storico della letteratura italiana, LI (1908), pp. 147-206; A. Cinquini, Un’importante silloge di rimatori italiani dei sec. XIV e XV, in Classici e Neolatini, V (1909), pp. 121-128, 229-244, VII (1911), pp. 373-386, VIII (1912), pp. 1-38, 121-152, 364-377; Id., Fragmenta vulgaria Joha. Francisci Suardi, Roma 1917; Mantova. Le lettere, II, a cura di E. Faccioli, Mantova 1962, pp. 65-85; F. Brambilla Ageno, La prima egloga di Francesco Arsochi e un’imitazione di G.F. S., in Giornale storico della letteratura italiana, CLIII (1976), pp. 523-554; R. Signorini, Baldassarre Soardi dedicatario della “Vita” di Vittorino da Feltre del Platina, in Bartolomeo Sacchi il Platina (Piadena 1421-Roma 1481), a cura di A. Campana - P. Medioli Masotti, Padova 1981, pp. 153-207 (in partic. p. 153); F. Arzocchi, Egloghe, a cura di S. Fornasiero, Bologna 1995; I. Lazzarini, Fra un principe e altri stati. Relazioni di potere e forme di servizio a Mantova nell’età di Ludovico Gonzaga, Roma 1996, ad ind.; S. Fornasiero, Presenze (e assenze) della bucolica senese, in La poesia pastorale nel Rinascimento, a cura di S. Carrai, Padova 1998, pp. 57-72; V. Marchetti, Il poeta G.F. S. e Bartolomeo Colleoni. Rapporti e luoghi, in Bartolomeo Colleoni e il territorio bergamasco. Problemi e prospettive, a cura di L. Pagani, Bergamo 2000, pp. 107-115; A. Canova, Dispersioni. Cultura letteraria a Mantova tra Medio Evo e Umanesimo, Milano 2017, ad ind.; E. Guerini, G.F. S. (1422-1468), in Atlante dei canzonieri in volgare del Quattrocento, a cura di A. Comboni - T. Zanato, Firenze 2017, pp. 696 s.