SANGALLO (da Sangallo), Giovan Francesco
SANGALLO (da Sangallo), Giovan Francesco. – Nacque a Firenze nel 1484, da Lorenzo di Antonio di Andrea farsettaio e da Maddalena Giamberti da Sangallo, sorella di Giuliano e di Antonio, detto il Vecchio (Vasari, 1568, 1906, VI, p. 435).
È probabile che la sua formazione avvenisse presso lo zio Giuliano, che dovette seguire a Roma dopo che divenne papa Giovanni de’ Medici con il nome di Leone X (1513), andando ad abitare nella casa di via Ripetta acquistata dal cugino Antonio da Sangallo il Giovane nel 1512 e dove vivevano anche altri suoi familiari (Buddensieg, 1975, pp. 104 s.).
Dal mese di ottobre del 1513 all’aprile del 1527 (Frey, 1916, pp. 61 e 83), Giovan Francesco prestò la sua opera di soprastante e misuratore sul cantiere della nuova basilica di S. Pietro, dove era stato assunto anche in quanto «in geometria et aritmetica peritus» (Amati, 1866, p. 217), e dove, nel 1519, ebbe modo di eseguire anche lavori di adattamento al ‘tiburio’ costruito da Bramante a protezione dell’altar maggiore (Frey, 1916, p. 62).
L’8 novembre 1515, fu testimone insieme a Marcantonio Raimondi della vendita di una casa che l’architetto Perino de’ Gennari da Caravaggio fece al pittore Baverio de’ Carocci da Parma, delegato all’acquisto da parte di Raffaello Sanzio (Momo [G. Amati], 1866, pp. 57 s.).
Nel corso di questi anni, Giovan Francesco rilevò monumenti antichi di Roma, conformemente a una pratica comune ai componenti della sua famiglia, ed eseguì stime di lavori riguardanti anche altri edifici, tra i quali la villa dei papi alla Magliana, il 17 giugno 1515 (Dezzi Bardeschi, 1971, pp. 165 s., 170-173); le stalle progettate da Raffaello per la villa di Agostino Chigi, detta poi Farnesina, prima del 15 febbraio 1518 (Cugnoni, 1881); la chiesa di S. Maria della Navicella, il 10 marzo 1519, quest’ultima stimata «per commissione di monsignor Ermellino» (Frey, 1916, p. 39), cioè del cardinale Francesco Armellini.
Lo stesso cardinale, il 28 novembre di quell’anno, chiese ai banchieri Martelli e Capponi di pagare per suo conto a madonna Giustina da Gaeta il prezzo di una casa in Borgo Vecchio stabilito in base a una stima di Giovan Francesco e di Perino da Caravaggio (Bertolotti, 1892).
Nel 1517, Giovan Francesco, nella casa romana di Giuliano Leno, imprenditore della fabbrica di S. Pietro e di altri cantieri pontifici, assisteva alla stipula di un contratto per la fornitura di un quantitativo di calce forse destinato alle opere di fortificazione di Civitavecchia (Ait - Vaquero Piñeiro, 2000, p. 168, n. 97), inizio forse della sua proficua attività di fornitore di materiali da costruzione per il cantiere di S. Pietro che, per alcuni anni, portò avanti anche con l’aiuto del fratello Bastiano, detto Aristotile (v. la voce in questo Dizionario; Vasari, 1568, 1906, VI, pp. 435 s.). Intorno agli stessi anni, Giovan Francesco ebbe occasione di frequentare Raffaello, divenendone collaboratore, dal momento che esiste un suo disegno di progetto per villa Madama (Firenze, Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi, inv. n. 273A), probabilmente tracciato nell’estate del 1518 (Frommel, 1984, pp. 311-314): un rapporto di conoscenza legato forse, come nel caso di suo fratello Bastiano, a una mediazione di Giannozzo Pandolfini, vescovo di Troia.
Nel gennaio e febbraio del 1519, Giovan Francesco fu pagato per costruire le scuderie pontificie di Palo, appaltate da Giuliano Leno, e in maggio terminò l’uccelliera della villa dei papi alla Magliana (Amati, 1871).
Interessante un pagamento, ricevuto il 10 ottobre 1519, «per certi instrumenti da misurare de architectura» (p. 247) forse da lui stesso fabbricati.
Alla morte di Raffaello, nell’aprile del 1520, Giovan Francesco lasciò Roma per stabilirsi a Firenze a dirigere la conclusione della prima fase dei lavori di palazzo Pandolfini, progettato da Sanzio per lo stesso vescovo intorno al 1517; fu a Firenze che, in compagnia di Michelangelo e di Pietro Vettori, Antonio degli Alberti, Averardo Serristori e Lorenzo Cresci, studiò il trattato di Vitruvio (Spini, 1569). Inoltre, fu probabilmente in questo periodo che Giovan Francesco sposò Fioretta di Bartolomeo di Giovanni de Grasso, da cui ebbe due figli, Paolo e Lorenzo, i quali alla morte del padre ebbero per tutore lo zio Bastiano da Sangallo (Archivio di Stato di Firenze [ASF], Notarile antecosimiano, 6440).
Nel 1546, Paolo era morto lasciando due figli «in infantili etate», Giovan Francesco e Michele, dei quali assunse la tutela Bastiano (17165, c. 225v), e che in seguito furono entrambi orefici (Vasari, 1568, 1906, IV, p. 292; Bertolotti, 1892, p. 320); nello stesso anno, Lorenzo era calzolaio a Roma (ASF, Notarile antecosimiano, 17165, c. 238r).
Con la morte di Raffaello fu nominato architetto della fabbrica di S. Pietro Antonio da Sangallo il Giovane, di cui Giovan Francesco divenne coadiutore, percependo lo stesso stipendio di Baldassarre Peruzzi (Frey, 1916, p. 74).
Nel gennaio del 1521, Giovan Francesco si trovava a Roma e ricevette in uso un suolo nei pressi dell’obelisco Vaticano, con il censo di cinque libbre di pepe, sul quale insistevano ruderi di costruzioni antiche che probabilmente egli recuperò come materiale da costruzione per S. Pietro (Lanciani, 1902). Alla fine di febbraio, Giuliano Leno prendeva in appalto una parte della costruzione della cappella detta del Re di Francia in S. Pietro, di cui Giovan Francesco, a lavori terminati, avrebbe dovuto fare la stima (Ait - Vaquero Piñeiro, 2000, pp. 160 s., 270 s.). Il 13 marzo, verificandone i conti, Sangallo ribassò di quasi un terzo un credito rivendicato da Leno per lavori nel palazzo Vaticano e altre spese, tra cui un prestito a Fra Giocondo e il trasporto del gruppo scultoreo del Laocoonte dal Tevere al Belvedere in Vaticano (Frey, 1916, pp. 30 s.). Nel mese di marzo, fu incaricato della direzione di nuovi lavori alla Magliana, terminati il 18 novembre di quell’anno (Rossi, 1877).
Nell’aprile 1521, Giovan Francesco fece un viaggio a Campiglia per scegliere marmi delle Alpi Apuane da impiegare nella fabbrica di S. Pietro (Frey, 1916, pp. 67 s.).
Il 5 gennaio 1525, il cardinale Armellini scriveva da Roma al banchiere fiorentino Lodovico Capponi, chiedendogli di commissionare a Giovan Francesco o eventualmente a Baccio Bigio «non ci essendo lui» (Klein, 1998, p. 133) un accurato rilievo misurato in palmi romani del palazzo e del giardino costruito da Bartolomeo Scala presso porta Pinti e di stimarne il prezzo per un eventuale acquisto. Nella risposta del banchiere, del successivo 21 gennaio (Klein, 1998, p. 133), si legge che sarebbe stato preferibile far chiedere con discrezione al proprietario Giuliano Scala se volesse vendere l’edificio e a quale prezzo, per procedere solo in seguito con la stima da parte di Giovan Francesco e di Baccio Bigio, che si trovavano entrambi a Firenze (Klein, 1998), dove forse proseguivano i lavori di costruzione del palazzo Pandolfini.
Il 13 febbraio 1525, Giovan Francesco ebbe un dissidio, forse senza importanza, con Giuliano Leno (Giovannoni, 1941, p. 9), ma nell’anno successivo fu Bastiano a sostituirlo nel compito di misuratore di S. Pietro perché, da febbraio a giugno, egli fece parte di un gruppo di tecnici che, con la direzione di Antonio il Giovane e di Michele Sanmicheli, avrebbero dovuto ispezionare le fortezze pontificie della Romagna e dell’Emilia per progettarne aggiornamenti e riparazioni. Della comitiva fecero parte anche Leno, appaltatore delle fortificazioni di Parma e di Piacenza, Pierfrancesco Fiorenzuoli da Viterbo, Antonio Labacco (citati da Vasari, 1568, 1906, V, pp. 458 s.), Giovan Battista da Sangallo e, per un periodo più breve, Baldassarre Peruzzi. Alcuni di loro si spinsero nel Veneto, cosa che diede occasione a Giovan Francesco di rilevare monumenti antichi non solo a Ravenna, ma anche a Padova e Verona (Zavatta, 2008).
Dopo il sacco di Roma del maggio del 1527, i cantieri romani furono ridimensionati e, forse per questa ragione, Giovan Francesco, seguito poco dopo da Bastiano, fece ritorno a Firenze per iniziare un’intensa attività soprattutto nel campo dell’architettura militare, di cui doveva essere diventato particolarmente esperto dopo il viaggio compiuto tra la Romagna e il Veneto. Dallo stesso maggio, era stata instaurata la Repubblica fiorentina e, la vigilia di Natale, Giovan Francesco ricevette una lettera di credenziali da esibire al commissario di Montepulciano. Ivi giunto, tra la fine di dicembre dello stesso anno e il gennaio del 1528, ispezionò la fortezza, valutando la necessità di aggiornamenti e restauri, mentre per il ponte di Valiano, di notevole importanza strategica, preparò un progetto per opere di consolidamento in legno. Il successivo 7 febbraio, aveva già compiuto un’ispezione alla fortezza di Livorno (Gaye, 1840, pp. 160 s.), e, in primavera, riprese la direzione dei lavori del palazzo Pandolfini, elaborando un progetto, forse meno ambizioso rispetto all’idea originaria di Raffaello, con la probabile variante della loggia tipicamente fiorentina affacciata all’interno (Pagliara, 2004, p. 261). Nel mese di giugno, fu chiamato a Cortona per terminare due torrioni; in luglio, fu nominato capomaestro dei Capitani di parte ed effettuò degli studi per evitare che la corrente dell’Arno potesse scalzare parte delle mura cittadine di Pisa, mentre, in autunno, si occupò delle strutture difensive di Pistoia, di San Gimignano e di Prato (Gaye, 1840, pp. 163-167; Manetti, 1980, pp. 36 s., 62 s.).
Nel gennaio del 1529, visitò le fortificazioni di Borgo San Sepolcro e in maggio tornò a Pisa a occuparsi dei danni causati dall’Arno. Con l’aiuto del fratello Bastiano, continuò nel frattempo a dirigere la costruzione del palazzo Pandolfini e, dopo che nel 1525 morì Giannozzo, stabilì un rapporto di fiducia con i suoi nipoti Ferrando e Pandolfo, i cui nomi appaiono talvolta in contratti da lui stipulati (Frommel, 1973, II, pp. 356 s.), e ai quali Giovan Francesco, tra il maggio del 1528 e l’aprile dell’anno successivo, procurò dei tessuti anche in società con alcuni linaioli (Ruschi, 1984, pp. 57 s.). Testimonia questo genere di interessi anche un disegno degli Uffizi (inv. n. 3950Av.) che raffigura il meccanismo di una gualchiera per i panni (Scaglia, 1994).
Forse a causa dell’epidemia di peste sviluppatasi durante l’assedio di Firenze, Giovan Francesco dovette ammalarsi: il 15 giugno 1530 fece testamento (ASF, Notarile antecosimiano, 8660), e morì nello stesso anno (Vasari, 1568, 1906, IV, p. 292).
In base a considerazioni stilistiche e al fatto che, nel 1519, vi eseguì una stima dei lavori quasi terminati, è stato attribuito a Giovan Francesco il palazzo Balami-Galitzin in Roma (Frommel, 1986), un’opera che confermerebbe come egli fosse tra i primi continuatori del gusto architettonico di Raffaello, senza tuttavia dimostrare una personale capacità creativa. Egli fu invece senz’altro un abile disegnatore e, come ingegnere militare, certamente un buon costruttore, forte anche della lunga esperienza maturata negli anni trascorsi sul cantiere di S. Pietro. Suoi disegni di architettura sono conservati nelle raccolte degli Uffizi di Firenze e del Museo nazionale di Lisbona.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Notarile antecosimiano, 6440, c. 18v, 8660, c. 285rv, 17165, cc. 225v, 238r.
G. Vasari, Le vite (1568), a cura di G. Milanesi, IV, Firenze 1906, p. 292, V, 1906, pp. 458 s., VI, 1906, pp. 434-436; G. Spini, I tre primi libri sopra l’instituzioni de’ greci et latini architettori intorno agl’ornamenti (1569), in Il disegno interrotto: trattati medicei d’architettura, a cura di C. Acidini, Firenze 1980, p. 51; G. Gaye, Carteggio inedito d’artisti dal sec. XIV al XVI, II, Firenze 1840, pp. 160-188; G. Amati, Notizia di manoscritti dell’Archivio secreto vaticano, in Archivio storico italiano, s. 3, 1866, vol. 3, 1, p. 217; Momo [G. Amati], Sopra due case possedute da Raffaele da Urbino, in Il Buonarroti. Scritti sopra le arti e le lettere, 1866, n. 1, pp. 57-59; Id., Spese private di Leone X, ibid., 1871, n. 6, pp. 246 s.; A. Rossi, Spogli vaticani, in Giornale di erudizione artistica, 1877, n. 6, p. 206; G. Cugnoni, Note al Commentario di Alessandro VII sulla vita di Agostino Chigi, in Archivio della R. Società romana di storia patria, 1881, n. 4, pp. 215 s.; A. Bertolotti, Nuovi documenti intorno all’architetto Antonio da Sangallo (il Giovane) ed alla sua famiglia, in Il Buonarroti, s. 3, IV (1892), pp. 319 s.; R. Lanciani, Storia degli scavi di Roma e notizie intorno le collezioni romane di antichità, I, Roma 1902, pp. 199 s.; K. Frey, Zur Baugeschichte des St. Peter..., in Jahrbuch der Königlich Preussischen Kunstsammlungen, 1916, n. 37, suppl., pp. 28, 30 s., 39, 54, 58, 61-65, 67 s., 74, 79, 83; G. Giovannoni, Spigolature nell’archivio di San Pietro, Roma 1941, pp. 8 s.; M. Dezzi Bardeschi, L’opera di Giuliano da Sangallo e di Donato Bramante nella fabbrica della villa papale della Magliana, in L’arte, IV (1971), pp. 15 s., 136, 141, 165 s., 170-173; C.L. Frommel, Der römische Palastbau der Hochrenaissance, I, Tübingen 1973, pp. 6, 108, 129, II, 1973, pp. 5, 9, 12, 34, 46, 50, 152, 169, 176, 356 s., 362-365; T. Buddensieg, Bernardo della Volpaia und G.F. da S.: der Autor des Codex Coner und seine Stellung im Sangallo-Kreis, in Römisches Jahrbuch für Kunstgeschichte, 1975, n. 15, pp. 89-108; R. Manetti, Michelangiolo: le fortificazioni per l’assedio di Firenze, Firenze 1980, pp. 36 s., 41, 43, 46, 62 s., 65; C.L. Frommel, Villa Madama, in Raffaello architetto (catal., Roma), a cura di C.L. Frommel - S. Ray - M. Tafuri, Milano 1984, pp. 311-322; P. Ruschi, Vicende costruttive del Palazzo Pandolfini nell’arco del Cinquecento. Documenti e ipotesi, in Raffaello e l’architettura a Firenze nella prima metà del Cinquecento (catal.), a cura di A. Calvani, Firenze 1984, pp. 27-64; C.L. Frommel, Giovanfrancesco da Sangallo, architetto di Palazzo Balami-Galitzin, in Antonio da Sangallo il Giovane. La vita e l’opera, a cura di G. Spagnesi, Roma 1986, pp. 63-69; Id., Palazzo Pandolfini: problemi di datazione e di ricostruzione, in Studi su Raffaello. Atti del Congresso internazionale di studi..., Urbino-Firenze... 1984, a cura di M. Sambucco Hamoud - M.L. Strocchi, Urbino 1987, pp. 197-204, 211 s.; P. Ruschi, Ancora su Palazzo Pandolfini, ibid., pp. 205-209; C.L. Frommel, Introduction. The drawings of Antonio da Sangallo the Younger: history, evolution, method, function, in The architectural drawings of Antonio da Sangallo the Younger and his circle, a cura di C.L. Frommel - N. Adams, I, New York 1994, pp. 40-43; G. Scaglia, Scheda 3950Av., ibid., p. 266; A. Ghisetti Giavarina, G.F. da S., in The Dictionary of art, a cura di J. Turner, XXVII, London-New York 1996, p. 746; F. Klein, Il luogo dello Scala in via di Pinti, in La casa del Cancelliere. Documenti e studi sul palazzo di Bartolomeo Scala a Firenze, a cura di A. Bellinazzi, Firenze 1998, pp. 130, 133; I. Ait - M. Vaquero Piñeiro, Dai casali alla fabbrica di San Pietro. I Leni: uomini d’affari del Rinascimento, Roma 2000, pp. 151, 160 s., 168, 171, 180 s., 270 s.; P.N. Pagliara, Palazzo Pandolfini, Raffaello e Giovan Francesco da Sangallo, in Per Franco Barbieri. Studi di storia dell’arte e dell’architettura, a cura di E. Avagnina - G. Beltramini, Venezia 2004, pp. 241-267; G. Zavatta, 1526. Antonio da Sangallo il Giovane in Romagna, Imola 2008, pp. 182-189.