LEONI, Giovan Francesco
Nacque ad Ancona nei primi anni del XVI secolo.
Il L. non va confuso con l'omonimo Giovan Francesco Leoni da Carpi (o della Lunigiana), autore di una favola pastorale intitolata La Costanza (Carpi 1618) e membro dell'Accademia degli Apparenti (o, come è più probabile, del gruppo di intellettuali riuniti presso la corte di Alberto Pio a Carpi) e dell'Accademia degli Elevati di Ferrara, fondata nel 1540.
Dal 1532 al 1535 il L. fu segretario del cardinale Benedetto Accolti, che aveva avuto da Clemente VII la legazione a vita della Marca, successivamente concessa da Paolo III a Ippolito de' Medici, dopo che l'Accolti era stato denunciato dalla città di Ancona al papa per il suo atteggiamento dispotico ed era stato incarcerato nel 1535. Passato al servizio dei Farnese, il L. svolse mansioni di segreteria per il cardinale Alessandro (che aveva ricevuto alcuni benefici dell'Accolti) e poi per Ranuccio, divenuto cardinale giovanissimo nel 1545.
A Roma fu membro dell'Accademia della Virtù, attiva fra il 1538 e il 1543, e vi fu eletto sesto re della Virtù, come ricorda Annibal Caro in una lettera del 10 marzo 1538 indirizzata a Benedetto Varchi: "Uno di questi re è stato messer Giovan Francesco Lione, il quale si trova (come sapete) un naso sesquipedale" (I, p. 70) e per questa caratteristica Caro gli dedicò la Diceria de' nasi (più conosciuta come Nasea), letta nell'Accademia. Fu membro anche dell'Accademia dello Sdegno, fondata, almeno secondo Quadrio, durante il pontificato di Paolo III da Girolamo Ruscelli e da Tommaso Spiga. A Roma il L. fu in contatto con i più noti letterati del tempo, quali Claudio Tolomei, Luca Contile, Lodovico Lucena detto il Longhena, Marco Antonio Flaminio, Giuseppe Cincio, Francesco Maria Molza, Dionigi Atanagi.
Da una lettera di Caro al L. del 10 apr. 1538 (I, pp. 81-83) risulta un viaggio di quest'ultimo, probabilmente effettuato al seguito del cardinale Alessandro Farnese presso Francesco I, in occasione della pace di Nizza fra l'imperatore e il re di Francia. Una seconda lettera, del 20 maggio 1540, (I, pp. 194 s.), fu spedita da Forlì al L., evidentemente a Roma, e Caro vi si raccomanda a tutti i Virtuosi e soprattutto al "padre Molza".
Nel giugno 1541 il L. fu inviato a Venezia per collocare presso la Serenissima il conte Nicola Orsini di Pitigliano, come si rileva da una lettera di P. Giovio del 26 giugno 1541, indirizzata probabilmente al patrizio veneziano Marco Foscari (I, p. 267). In qualità di precettore di Ranuccio Farnese, il L. si recò a Padova nel 1543; così gli scrive infatti Claudio Tolomei il 20 luglio di quell'anno: "per le vostre lettere delli VIII fui certificato che ritornavate a Padova. Io aspettavo di rivedere il mio signor priore [Ranuccio Farnese], cresciuto per quanto io odo in persona, in creanza, e 'n virtù", e la lettera contiene una preziosa attestazione relativa all'Accademia della Virtù, evidentemente ancora attiva: "Tutta la Virtù vi ricorda, vi desidera, vi brama ardentemente" (cc. 72-73r). Un gruppo di epistole di Tolomei indirizzate al cardinale Alessandro Farnese, datate rispettivamente 11 ottobre, 16 ottobre e 10 dic. 1555, lascia intendere che il L. trascorse un breve periodo ad Avignone. Infine, tra le lettere scritte da Caro in nome del cardinale è una missiva scritta a Parma il 13 luglio 1559 la cui ultima parte fu redatta dal Leoni.
La produzione letteraria del L. è sparsa in raccolte poetiche miscellanee. Compose versi in volgare e in latino. Due sonetti (Quanto più, lasso, il mio desire affreno e Gallo, ch'al patrio sen mesto ten vai) si trovano nel secondo volume della raccolta di rime di Dionigi Atanagi De le rime di diversi nobili poeti toscani (Venezia, L. Avanzi, 1565); uno in quella dedicata da Muzio Manfredi alle nobildonne romane (Per donne romane. Rime di diversi raccolte, et dedicate al signor Giacomo Buoncompagni, Bologna, A. Benacci, 1575); il sonetto Come ogn'altro animal Cervo fugace, dedicato a Monaldo Monaldeschi della Cervaia, nelle Rime di vari autori novamente raccolte e date in luce (Orvieto, B. Salviani, 1586, p. 9); un epigramma latino nelle annotazioni sopra il libro VI delle Costituzioni egidiane di Virginio Boccacci da Cingoli (Annotationes super cap. II libri sexti Constitutionum Aegidianarum, Roma, G. Accolti, 1570). Al L. sono diretti due epigrammi fra le poesie latine di Girolamo Catena (Latina monumenta, Pavia, G. Bartoli, 1577). Nel manoscritto studiato da M. Messina compare, alle cc. 366v-369v, un componimento del L. (Alto signor de' nostri gravi mali) dedicato a Giacomo Boncompagni, figlio naturale di Gregorio XIII e dedicatario della raccolta di Manfredi.
Il L. morì a Venezia intorno al 1580.
Fonti e Bibl.: Lettere d'uomini illustri conservate in Parma nel R. Archivio dello Stato, a cura di A. Ronchini, I, Parma 1853, pp. 522, 562-564; P. Giovio, Lettere, a cura di G.G. Ferrero, I, Roma 1956, p. 267; A. Caro, Lettere familiari, a cura di A. Greco, I, Firenze 1957, pp. 70, 81-83, 194 s.; F. Vecchietti, Biblioteca picena, V, Osimo 1796, p. 284-286; G. Colucci, Antichità picene, XXVI, Delle antichità del medio e dell'infimo evo, t. II, Fermo 1796, pp. 73 s.; A. Salza, Luca Contile. Uomo di lettere e di negozi del secolo XVI, Firenze 1903, pp. 17-23; P. Giangiacomi, Guida spirituale di Ancona, Ancona 1932, pp. 249 s.; M. Messina, Rime del XVI secolo in un manoscritto autografodi G.B. Giraldi Cinzio e B. Tasso, in La Bibliofilia, LVII (1955), p. 145; G. Santini, Gente anconitana, Fano 1969, p. 236; E. Del Vecchio, I Farnese, Roma 1972, p. 59; A. Locatelli Milanesi, Di un'accademia romana del sec. XVI, in Boll. della Civica Biblioteca di Bergamo, VI (1992), pp. 34-38; P. Cosentino, L'Accademia della Virtù: dicerie e cicalate di Annibal Caro e di altri Virtuosi, in Cum notibusse et comentaribusse. L'esegesi parodistica e giocosa del Cinquecento, a cura di A. Corsaro - P. Procaccioli, Manziana 2002, pp. 75 s., 179, 182.