MARUCELLI, Giovan Filippo.
– Nacque a Firenze il 26 sett. 1628 da Alessandro di Francesco e da Elisabetta Monterappoli.
La famiglia Marucelli, originaria del Mugello, era giunta a Firenze all’inizio del XV secolo. Iscritta alle arti minori e di modeste possibilità economiche, aveva legato le sue fortune all’ascesa dei Medici, dal momento che il suo debutto nella vita politica, coincidente con l’elezione a priore di Bartolomeo di Gherardo nel primo bimestre del 1439, risale al periodo in cui le elezioni al Priorato erano controllate dai Medici. In seguito le condizioni finanziarie della famiglia erano migliorate grazie al commercio del grano, alla manifattura della seta e all’attività bancaria, tanto che nel XVII secolo i Marucelli erano una delle famiglie più cospicue del patriziato, con interessi diversificati, distribuiti fra la Toscana, Roma e la Francia. In particolare il padre del M., oltre alla cura dei suoi interessi patrimoniali e finanziari, aveva anche ricoperto alcune cariche pubbliche: podestà di Prato nel 1627, capitano di Bagno nel 1630, membro del Consiglio dei duecento nel 1631, vicario di Pescia nel 1633, capitano di Volterra nel 1635.
Il M. era fratello minore del più famoso Francesco, uno degli eruditi più conosciuti e stimati del Seicento, di cui condivise il percorso di studi, essendosi laureato contemporaneamente a lui in utroque iure presso l’Università di Pisa il 29 marzo 1647. Il M. era il quarto figlio di una numerosa famiglia, composta da sette fratelli e quattro sorelle. Altri fratelli del M. furono Orazio, senatore nel 1670; Giuseppe, anch’egli senatore nel 1682; Vincenzo, chierico. Un Carlo Marucelli che fu autore di canzoni sacre in lode di s. Giovanni Battista (Firenze 1605) e di Poesie ditirambiche (ibid. 1628).
Il M. fu precocemente avviato alla carriera ecclesiastica, subentrando a Giovanni Carnesecchi come canonico della chiesa cattedrale fiorentina nel 1648. In questa veste pronunciò il 4 dic. 1651 l’orazione funebre in occasione delle esequie di monsignor Pietro Niccolini, arcivescovo di Firenze.
Molto versato nelle lettere classiche, dimostrò uno spiccato interesse per la letteratura volgare dei primi secoli, tanto che, presumibilmente nel 1648, fu accolto nell’Accademia della Crusca, istituto che, dopo un lungo periodo di inattività, proprio in quell’anno aveva ripreso vigore, con l’obiettivo di una nuova edizione del Vocabolario della lingua italiana. Nell’ambito di questo sodalizio, il M. rivestì l’incarico di massaio nel 1650, di censore nel 1652 e 1656, di consigliere nel 1653 e 1667; dal 1658 fu membro permanente della Deputazione sopra il Vocabolario, nell’ambito della quale gli fu affidato lo spoglio del Principe e della Vita di Castruccio Castracani di Niccolò Machiavelli e della Cronica di Dino Compagni; quest’ultimo lavoro, interrotto per il sopraggiungere dell’incarico di ambasciatore residente in Francia, fu portato a termine da Giovan Battista Strozzi.
Per il Vocabolario, che sarebbe stato pubblicato solo nel 1691, dopo la morte del M., portò a termine la redazione di alcune voci con la lettera A. Fra gli accademici egli era noto con il soprannome di Sprovveduto. La sua insegna rappresentava una formica che si dirige verso un monticello di grano e il suo motto, tratto dal verso 7 del sonetto XVI del Canzoniere di Francesco del Petrarca, diceva: «quanto più può col suo voler s’aita».
Dopo la fine degli studi universitari e il suo ritorno a Firenze aderì alla cerchia di letterati e intellettuali riuniti intorno al pittore e poeta napoletano Salvator Rosa, a Firenze tra il 1640 e il 1649, fondatore di una sorta di accademia detta dei percossi, che organizzava, tra le altre cose, intrattenimenti conviviali e recite. Questi spettacoli non di rado si tenevano nel casino di S. Marco, residenza del cardinale Giovan Carlo de’ Medici, amico e protettore di Rosa. Il M. partecipò assiduamente a questi ritrovi, prendendo parte attiva alle recite, nelle quali non disdegnava talvolta di interpretare ruoli femminili.
Tra la fine del 1652 e i primi mesi del 1653 trascorse un periodo a Roma, presso lo zio abate Giuliano Marucelli. Durante il soggiorno romano strinse amicizia con Cassiano Dal Pozzo iunior, con il quale intrattenne, una volta tornato a Firenze, una fitta corrispondenza incentrata sugli argomenti dibattuti nell’Accademia della Crusca, di cui anche Dal Pozzo faceva parte, e sui comuni amici fiorentini. A Roma il M. frequentò anche Luca Holstenius, che si trovava in Italia per raccogliere manoscritti e cimeli per Cristina di Svezia.
Nell’ambito dell’Accademia della Crusca il M. strinse numerose e durature amicizie, tanto che sue lettere sono rintracciabili in molti carteggi di questo periodo, in particolare quelli dei fiorentini Carlo Roberto Dati, Lorenzo Panciatichi, Orazio Rucellai e quelli dei francesi Gilles Ménage e Jean Chapelain. Questi ultimi, grandi cultori di studi di filologia e letteratura italiana, furono protagonisti nel 1654 di una polemica incentrata sulla diversa interpretazione del significato di un verso di Petrarca, risolta da una decisione all’Accademia della Crusca. Conclusasi la disputa a favore di Ménage, entrambi gli studiosi furono cooptati fra gli accademici, entrando in stretta relazione con il M., al quale si rivolgevano spesso per chiedere informazioni, pareri, libri in prestito.
Questa fitta trama di impegni letterari e riunioni conviviali fu interrotta dalla nomina del M., il 5 sett. 1661, residente toscano a Parigi, in sostituzione di Pietro Bonsi, eletto vescovo di Béziers.
In quel periodo la politica estera del Granducato di Toscana era orientata a evitare qualsiasi coinvolgimento nelle lotte tra le grandi potenze, perseguendo una prudente neutralità, anche attraverso un’accorta politica matrimoniale. Rientrano in questa strategia le nozze celebrate il 19 apr. 1661 fra il futuro granduca Cosimo III e Margherita Luisa d’Orléans, cugina del re di Francia, patrocinate, oltre che dal granduca di Toscana, dal cardinale G. Mazzarino, ma foriere di grandi tensioni e difficoltà fra i due Stati. In particolare il nutrito seguito che la principessa si era portata dalla Francia costituiva un gruppo di pressione assai intrigante, capace di creare molti problemi. A Parigi uno dei primi compiti del M. fu quello di far accettare dalla corte francese il licenziamento dei cortigiani della principessa deciso dal granduca.
Buona parte dell’attività diplomatica del M., al di là delle cerimonie e delle visite protocollari, fu dispiegata proprio per appianare i contrasti causati dal burrascoso matrimonio e per salvaguardare gli interessi del Granducato nelle varie e intricate questioni ereditarie derivate dalla morte prima della sorella e poi della madre di Margherita Luisa. L’unica trattativa a carattere squisitamente politico portata avanti con successo dal M. riguardò l’appianamento delle tensioni insorte tra la Francia e la S. Sede in seguito all’attentato all’ambasciata francese a Roma (20 ag. 1662), conclusasi con l’organizzazione di un incontro diretto fra le due parti che si tenne a Pisa.
Durante il soggiorno a Parigi, protrattosi per circa cinque anni, il M. continuò a corrispondere con gli amici fiorentini e a occuparsi di iniziative editoriali e culturali. Tenne una fitta corrispondenza con il cardinale Leopoldo de’ Medici, anch’egli accademico della Crusca, nonché bibliofilo, collezionista e grande mecenate, per conto del quale il M. reperì libri rari e dipinti per le collezioni medicee e si impegnò per reclutare docenti per lo Studio di Pisa. Si occupò inoltre di prendere contatti per far stampare in Francia opere italiane e organizzare il soggiorno a Parigi di importanti personalità toscane, come il marchese Francesco Riccardi. Sempre al periodo della permanenza in Francia risalgono i contatti del M. con gli Elzevier di Amsterdam che nel 1662 si erano offerti di editare la ristampa, allora in dubbio, del Vocabolario della lingua italiana, iniziativa poi non andata in porto. Ebbe successo invece la collaborazione del M. con gli stessi editori per una ristampa del Decameron, condotta sull’edizione giuntina del 1527, che vide la luce nel 1665 e per la quale il M. redasse una «Prefazione a’ lettori», pubblicata anonima (Michault).
Altre iniziative condotte con successo dal M. furono quelle che portarono alla concessione di una pensione da parte di Luigi XIV ad alcuni illustri intellettuali italiani, come il suo amico Carlo Roberto Dati e lo scienziato Vincenzo Viviani.
Il 25 sett. 1660 il M. aveva ricevuto da papa Alessandro VII la dignità di abate della chiesa di S. Onorio a Cava de’ Tirreni e da allora in poi fu designato con il titolo di «abate Marucelli», cosa che talvolta ingenera confusione con il fratello Francesco, anch’egli abate. In conseguenza della nuova dignità aveva rinunciato al canonicato nella cattedrale di Firenze a favore di un altro fratello, Vincenzo.
Nell’agosto 1666 chiese e ottenne il permesso di rimpatriare per motivi di salute, lasciando la sede diplomatica provvisoriamente affidata al suo segretario Paolo Dell’Ara. Tornato a Firenze, fu cooptato, con la qualifica di primo segretario nella segreteria di Stato, che costituiva il vertice dell’apparato burocratico granducale. Si trattava di un organo collegiale presieduto dal primo segretario di Stato, ma, dopo la morte di Giovan Battista Gondi nel 1664, le funzioni direttive furono esercitate a turno dal M. e da Francesco Panciatichi, ai quali nel 1670 il granduca Cosimo III, aggiunse l’abate Felice Marchetti. In questa ristrutturazione dell’ufficio di primo segretario di Stato gli storici vedono uno dei sintomi della perdita di ruolo dei funzionari di carriera a favore di elementi provenienti dalla nobiltà di sangue, caratteristica già visibile durante il regno di Ferdinando II e accentuatasi con il suo successore (Diaz).
Dal dicembre 1669 all’agosto 1670 soggiornò nuovamente a Roma per seguire i lavori del conclave che portò all’elezione del nuovo pontefice, Clemente X. Il carteggio del M. ripercorre fedelmente l’andamento del lungo e difficile conclave, narrandone i retroscena e i disaccordi fra i membri del S. Collegio.
La sua attività nella segreteria di Stato medicea, nell’ambito della quale gli fu riconosciuta una speciale competenza sul governo di Siena, si protrasse fino alla morte.
Il M. morì a Firenze l’11 luglio 1680 e fu sepolto nella tomba di famiglia presso la basilica di S. Lorenzo.
Il giorno prima della morte aveva fatto testamento davanti al notaio Giacomo Tozzetti, lasciando un cospicuo legato al capitolo della cattedrale di Firenze e designando eredi dei suoi beni i fratelli superstiti e i nipoti, figli dei fratelli premorti.
Fonti e Bibl.: Il carteggio del M. relativo alla sua missione diplomatica in Francia è in Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del principato, 4663-4665; quello relativo alla missione a Roma per il conclave del 1669-70: ibid., 3657; quello relativo ai suoi incarichi nell’ambito della segreteria di Stato: ibid., 1517-1518, 1744, 1948-1951, 1953-1955, 3657-3658, 3994, 5056, 5568; Ibid., Carte Compagni, 111, ins. 47: Anonimo, Vita del canonico G.F. d’Alessandro del capitano Francesco Marucelli; Carte Sebregondi, 3399; Carte Ceramelli Papiani, 3059; Notarile moderno, Protocolli, 17199, cc. 103v-105; Firenze, Arch. dell’Opera di S. Maria del Fiore, Registri dei battesimi, 37, c. 33; C.R. Dati, Lettere, a cura di D. Moreni, Firenze 1825, pp. 93-97; Acta graduum Academiae Pisanae, II, a cura di G. Volpi, Pisa 1980, ad ind.; Lettere di Cassiano Dal Pozzo a G.F. M., a cura di A. Mirto, in Studi secenteschi, 2002, n. 43, pp. 279-312 (18 lettere); Lettere di G.F. M. a Leopoldo de’ Medici (1661-1666), a cura di A. Mirto, ibid., 2006, n. 47, pp. 267-329 (84 lettere); J.-B. Michault, Mélanges historiques et philologiques, Paris 1770, p. 123; Elogi di uomini illustri toscani, IV, Lucca 1771, pp. 544 s.; D. Moreni, Bibliografia storico-ragionata della Toscana, Firenze 1805, p. 49; G. Zannoni, Storia dell’Acc. della Crusca, Firenze 1848, pp. 70, 72, 106; F. Zambrini, Le opere volgari a stampa dei secoli XIII e XIV, Bologna 1878, p. 103; G.B. Passano, I novellieri italiani in prosa, Torino 1878, pp. 83 s.; I. Del Lungo, Dino Compagni e la sua cronica, I, 2, Firenze 1880, p. 804; G. Andreini, Carlo Dati e l’Accademia della Crusca, in Misc. di studi critici pubblicati in onore di Guido Mazzoni, Firenze 1907, p. 101; F. Picco, Appunti intorno alla coltura italiana in Francia nel secolo XVII. Jean Chapelain (1595-1674), ibid., pp. 116, 146, 148, 160-163, 176 s.; M. Maylender, Storia delle Accademie d’Italia, IV, Bologna 1929, p. 264; M. Del Piazzo, Gli ambasciatori toscani del principato, Roma 1953, pp. 20, 70; F. Diaz, Il Granducato di Toscana. I Medici, Torino 1976, pp. 368, 469; S. Parodi, Catal. degli accademici della fondazione, Firenze 1983, pp. 88 s.; Misc. Medicea. Inventario, I, a cura di S. Baggio - P. Marchi, Roma 2002, ad ind.; M.P. Paoli, Anton Maria Salvini. Il ritratto di un letterato nella Firenze di fine Seicento, in Naples, Rome, Florence. Une histoire comparée des milieux intellectuels italiens. Actes du Colloque… 1998, a cura di J. Boutier - B. Marin - A. Romano, Rome 2005, p. 56.