MONTELLA, Giovan Domenico
MONTELLA (Montelli), Giovan Domenico. – È ignota la data di nascita di questo musicista napoletano. La più antica informazione a suo riguardo risale al 1591, quando il Bilancio del Reame di Napoli lo registra come liutista della cappella vicereale, retribuito 6 ducati al mese. Al tempo doveva essere «molto giovine», stando a quanto riferisce L’esercitio, testo redatto presumibilmente entro i primissimi anni del Seicento da un cantore di lungo impiego nella medesima cappella, Nicolò Tagliaferro, a detta del quale Montella andava allora «mostrando con la frequenza del studio quel che vale nell’arti del liuto, e nele cose dela musica». Scipione Cerreto, altro testimone della vita musicale partenopea del tempo, elencando nel trattato Della prattica musica vocale et strumentale i «compositori eccellenti» e i «sonatori eccellenti del liuto» attivi all’epoca in città, lo collocava in ambedue le categorie. Simili riconoscimenti continuarono a giungere anche dopo la morte, e fin oltre la metà del secolo; segno della perdurante considerazione goduta da un musico che – secondo quanto veniva più volte ripetuto – aveva dato lustro alla sua terra al pari di Carlo Gesualdo principe di Venosa, Scipione Dentice, Rocco Rodio, Scipione Stella.
L’abituale associazione di questi nomi implica l’idea che fra costoro intercorresse un rapporto di comunanza linguistica e stilistica tale da giustificare l’idea, retrospettiva, di una vera e propria ‘scuola’: idea espressa apertamente in un passo delle Regole di musica (1657) di Giovanni d’Avella, dove si sottolinea come alcuni fra i musicisti sopra citati, nonché «cent’altri lor coetanei, e discepoli loro imitatori», abbiano largheggiato nell’uso di accidenti che «fanno aspri, raddolciscono ed abbelliscono i loro concenti».
Pur senza prove, ma appunto in virtù di una stretta comunanza artistica transgenerazionale fra i compositori operanti a Napoli in quei decenni, studiosi come Ulisse Prota-Giurleo (Notizie sul musicista belga Jean de Macque) e Alfred Einstein hanno voluto congetturare che il fiammingo Giovanni de Macque – punto di riferimento per molti colleghi napoletani e, insieme con Bartholomeo Le Roy, principale tramite con l’ambiente romano – sia stato l’insegnante di Montella e Giovanni Vincenzo Macedonio di Mutio suo allievo (Larson, 1985, p. 595).
Quanto i musici napoletani fossero davvero riusciti a costituire una cerchia coesa, recettiva al proprio interno e aperta al confronto, lo dimostra per esempio il ricorrere dall’uno all’altro dei medesimi testi poetici da musicare. Le analisi comparate condotte su qualche campione madrigalistico confermano tale organica contiguità tra autori, che si manifesta attraverso influssi e imprestiti reciproci di spunti e profili melodici, strutture formali, scansioni ritmiche, trattamento delle cadenze. L’impronta centripeta dell’ambiente musicale napoletano emerge anche dall’unico pezzo strumentale di Montella pervenuto, il capriccio per tastiera sul madrigale di Domenico Maria Ferrabosco Io mi son giovinetta: incluso nel Secondo libro di diversi capricci per sonare di Ascanio Majone (Napoli 1609, edd. moderne a cura di M.S. Kastner, 1965; R. Jackson, 1967), consiste in un singolare intarsio di varie sezioni giustapposte, contrastanti per carattere e tipo di scrittura, dovute in diversa misura a Montella, Stella e Majone stesso, colui che fra i tre sfoggia lo spirito più moderno, stravagante. Sull’arco di 12 anni Montella pubblicò ben 17 libri tra sacri e profani (due altri uscirono postumi), tutti eccetto uno editi a Napoli, città dove fu tenuto nella massima considerazione, essendo profondamente legato alla realtà urbana sul piano umano e professionale, come attestano le dediche indirizzate a eminenti personalità del potere politico, dell’aristocrazia e della Chiesa locali. Le sue raccolte di villanelle, salutate da discreto successo commerciale, sono tra le poche intestate a esponenti del ceto nobiliare. Non risulta invece una cospicua risonanza della sua produzione musicale fuori di Napoli.
Un solo suo libro, il Secondo de madrigali a cinque voci, fu stampato a Venezia (G. Vincenti, 1596). Sei pezzi suoi – sia pur contrassegnati dal nomignolo «Mico Montelli» – figurano poi nel Tempio armonico della beatissima Vergine (Roma, N. Mutii, 1599), vasta compilazione del padre oratoriano Giovenale Ancina che riunisce musiche profane di provenienza soprattutto romana tramutate in laudi filippine; un ulteriore brano compare nelle Nuove laudi ariose della beatissima Vergine [...] a quattro voci approntate da Giovanni Arascione (Roma 1600). Rielaborazioni di altre cinque pagine di Montella (tre edite, una di dubbia attribuzione e una altrimenti sconosciuta) sono inoltre accolte in un codice miscellaneo di canzonette e madrigaletti spirituali a 2-3 voci redatto a Parma nel 1610, conservato incompleto nella Queriniana di Brescia (ms. L.IV.99). La tecnica contrappuntistica di Montella varia marcatamente di libro in libro: piuttosto tradizionale nei primi due libri, succinta e solo occasionalmente punteggiata da prudenti dissonanze, ostenta un cromatismo patetico alla maniera di Gesualdo nel Sesto libro, mentre nei libri successivi torna a privilegiare la trasparenza della trama vocale e l’andatura omoritmica; quanto al Settimo libro, è dichiaratamente intessuto di «madrigali allegri».
Il catalogo di Montella si apre con il Primo libro de madrigali a cinque voci (Napoli, nella stamperia dello Stigliola a Porta Regale, 1594) dedicato a Filippo d’Asburgo, principe ereditario di Spagna: l’autore dichiarò di averlo concepito per intero dacché si trovava a servizio nella Real Cappella di Napoli come «musico di liuto». I testi poetici prescelti evidenziano la frequentazione dei circoli intellettuali cittadini. Ciò appare, per esempio, nel favore accordato a un testo del nobile cosentino Manilio Caputi, poeta, compositore dilettante e funzionario dell’amministrazione vicereale; a un altro, ricavato dalla commedia Le stravaganze d’amore di Cristoforo Castelletti, letterato romano che vantava numerosi contatti con musicisti del Sud, Giovanni de Macque compreso; a un altro ancora, a firma di Giulio Cortese, fondatore della locale Accademia degli Svegliati cui apparteneva anche Giovan Battista Marino. Di costui il Primo e il Secondo libro di Montella contengono due madrigali messi in musica (Se i lumi vostr’io miro e Vivo mio sol tu giri): il musicista doveva averli visti in manoscritto, giacché la fulminea, strepitosa fortuna di Marino tra i madrigalisti si avviò solo con l’edizione delle Rime (Venezia 1602).
A fine ottobre 1601 Montella risulta essere uno degli organisti della Real Cappella. Difficile però chiarire se si tratti di incarico stabile o temporaneo. A parte questo, della sua vita dal 1600 in avanti si conosce soltanto il fitto succedersi delle pubblicazioni, talune pervenute incomplete.
Di quell’anno è il Motectorum et missarum cum octo vocibus... liber primus (in parte trascritto in Pannain, 1934); del 1602 le Lamentationes et alia ad officium hebdomadae sanctae ... cum quatuor vocibus dedicati al duca di Lerma, valido di Filippo III, i Responsoria hebdomadae sanctae... cum quatuor vocibus offerti al viceré conte di Lemos, il Primo libro de villanelle a tre, et a quattro voci con alcune arie, il Terzo e il Quarto libro de madrigali a cinque voci. Il Quinto e il Sesto libro apparvero nel 1603, insieme al Motectorum quinque vocibus liber primus per il cardinale Ottavio Acquaviva d’Aragona. Al 1604 appartengono il Secondo libro de villanelle et arie e il Primo libro de’ madrigali a quattro voci, quasi interamente occupato da versi di Marino. Nel 1605 uscirono i Psalmi quibus ad completorium per totum annum utimur, octo et quatuor vocibus, ancora per il cardinal Acquaviva eletto arcivescovo di Napoli, il Terzo libro di villanelle a quattro et arie a due voci e il Settimo libro de madrigali a cinque voci, l’uno diretto a Geronimo Carafa duca di Cerza Maggiore, l’altro a Francesco Pignatelli marchese di Spinazzola: d’entrambi Montella si dichiara insegnante di musica. L’ultimo libro da lui approntato è il Quarto di villanelle a quattro voci (1606), diretto al musicofilo Giacomo Bonanno Colonna.
Montella morì presumibilmente a Napoli tra il settembre 1606 e il principio del 1607.
Nella lettera d’accompagnamento al postumo Secondo libro de madrigali a quattro voci, redatta a Napoli il 14 maggio 1607, il curatore della silloge Giovan Francesco Benna spiega ai lettori che l’autore dei madrigali, deceduto inaspettatamente appena dopo averli composti, se «avesse avuto più lunga vita, avrebbe per avventura dato loro maggiore perfettione, e fattoli comparire al mondo, se non di stile più gravi, almeno più ornati». Guariniane le liriche intonate, tranne due di Orazio Parma e Marino. Poco dopo fu il fratello di Montella, Principio, a dare alla luce altri madrigali inediti nell’Ottavo libro a cinque voci, sotto la protezione dell’arcivescovo Acquaviva. Lo scritto introduttivo, redatto il 2 luglio 1607, rammenta che, vivo Montella, quei pezzi («per maggior commodità di chi canta» fatti in modo «che ogni principio di verso comincia in battuta pari») erano stati più volte eseguiti alla presenza dell’insigne porporato.
Edizioni moderne: L’Oratorio dei Filippini e la scuola musicale di Napoli, I, La polifonia cinquecentesca ed i primordi del secolo XVII - Musica sacra e spirituale di G.D. M., G.M. Trabaci, C. Gesualdo, a cura di G. Pannain, Milano 1934, pp. 5-61; Ascanio Mayone, Secondo libro di diversi capricci per sonare (Napoli 1609), a cura di M.S. Kastner, II, Paris 1965, pp. 33- 37; Neapolitan keyboard composers circa 1600, a cura di R. Jackson, s.l. 1967, pp. 27-32; Il Settimo libro de’ madrigali a cinque voci, a cura di I. Di Gregorio, Firenze 1990; Primo libro de madrigali a cinque voci, a cura di C.-H. Chou, Middleton 2001; Riede la primavera dal I libro de’ madrigali a quattro, in A. Fontanelli, Complete madrigals, II, Secondo libro de madrigali a cinque voci (Venice 1604), a cura di A. Newcomb, Madison 2002, pp. 73 s.
Fonti e Bibl.: Napoli, Bibl. Oratoriana dei Girolamini, ms. SM. 28.1.66: N. Tagliaferro, L’esercitio, c. 82v; Napoli, Bibl. nazionale, ms. Branc., VII.B.3: elenco di autori napoletani e regnicoli, c. 182r; S. Cerreto, Della prattica musica vocale, et strumentale, Napoli 1601, pp. 156 s.; R. Micheli, Musica vaga et artificiosa, Venezia 1615, pp. n.n.; G.C. Capaccio, Il forastiero, Napoli 1634, p. 7; F. de’ Pietri, Dell’historia napoletana, Napoli 1634, p. 70; G. d’Avella, Regole di musica, Roma 1657, p. 34; G.O. Pitoni, Notitia de’ contrapuntisti e compositori di musica, a cura di C. Ruini, Firenze 1988, pp. 189 s.; N. Faraglia, Bilancio del Reame di Napoli degli anni 1591 e 1592, in Archivio storico per le province napoletane, I (1876), p. 410; F. Florimo, La scuola musicale di Napoli e i suoi conservatorii, I, Napoli 1881, p. 69; Documenti per la storia le arti e le industrie delle provincie napoletane, a cura di G. Filangieri, VI, Napoli 1891, p. 192; P. Guerrini, Canzoni spirituali del Cinquecento. Una piccola raccolta bresciana, in Santa Cecilia, XXIV (1922), pp. 6-8; U. Prota- Giurleo, La musica a Napoli nel Seicento (dal Gesualdo allo Scarlatti), in Samnium, I (1928), 4, p. 72; Id., Notizie sul musicista belga Jean de Macque, in Société internationale de musicologie. Premier Congrès, Liège... 1930, Compte rendu, Guilford s.d., p. 196; A. Einstein, The Italian madrigal, II, Princeton 1949, p. 697; U. Prota- Giurleo, G.M. Trabaci e gli organisti della Real cappella di palazzo di Napoli, in L’Organo, I (1960), pp. 186, 192; M. Reimann, Ein italienisches Pasticcio von 1609, inDie Musikforschung, XIX (1966), pp. 289 s.; J. Chater, Castelletti’s «Stravaganze d’amore» (1585): A comedy with interludes, in Studi musicali,VIII (1979), pp. 101, 121; J. Kurtzman, An early 17th-century manuscript of «Canzonette e madrigaletti spirituali», ibid., pp. 150, 153, 162-164; K.A. Larson - A. Pompilio, Cronologia delle edizioni musicali napoletane del Cinque-Seicento, in Musica e cultura a Napoli dal XV al XIX secolo, a cura di L. Bianconi e R. Bossa, Firenze 1983, pp. 103-139; K.A. Larson, The unaccompanied madrigal in Naples from 1536 to 1654, PhD diss., Harvard University 1985, pp. 576-593 e passim; L. Bianconi, Il Cinquecento e il Seicento, in Letteratura italiana, a cura di A. Asor Rosa, VI, Teatro, musica, tradizione dei classici, Torino 1986, p. 335; P.E. Carapezza, «Quel frutto stramaturo e succoso»: il madrigale napoletano del primo Seicento, in La musica a Napoli durante il Seicento, Atti del Convegno internazionale di studi, Napoli... 1985, a cura di D.A. D’Alessandro - A. Ziino, Roma 1987, pp. 17-27 passim; C.-H. Chou, The madrigals by G.D. M., PhD diss., Kent State University, 1995; G. Moppi, «Mena le lanche su per le banche». Musica nella commedia italiana del Cinquecento, Roma 2008, p. 168; F.-J. Fétis, Biographie univ. des musiciens, VI, p. 180; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, II, p. 122, Supplemento, p. 546; R. Eitner, Quellen-Lexikon der Musiker, VII, p. 42; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Le biografie, V, p. 159; New Grove Dict. of music and musicians, XVII, pp. 23 s.; Die Musik in Geschichte und Gegenwart, Personenteil, XII (2004), coll. 384 s.