BRIGNOLE, Giovan Carlo
Nacque a Genova il 27 febbr. 1605 da Giovan Battista di Antonio e da una Isabella di cui non si conosce la famiglia. Esordì nella vita pubblica nel 1638, con la carica di preposto nel Gran Consiglio. L'anno successivo fu tra i più entusiasti aderenti alla iniziativa del Senato di una sottoscrizione pubblica per il rafforzamento della flotta ligure.
Questo provvedimento era ufficialmente motivato con la necessità di una lotta più efficace contro i Barbareschi; in realtà era dettato dall'intenzione di rendere alla corona spagnola, con una più attiva presenza marinara, più preziosa e desiderabile, e quindi più meritevole di dignitosi trattamenti e di concessioni politiche, l'amicizia della Repubblica, che si andava trasformando in un implicito vassallaggio.
Gli orientamenti politici che il B. testimoniava aderendo all'iniziativa, del Senato - peraltro tardivamente e scarsamente realizzata - e l'inanità degli sforzi genovesi per ottenere una più dignitosa considerazione da parte degli Spagnoli, trovavano conferma nella missione presso il viceré di Napoli, Medina de las Torres, affidata al B. nel febbraio 1639. Tale missione costituiva un corollario di quella affidata nel luglio del 1637 a Luca Giustiniani, ambasciatore straordinario della Repubblica al re di Spagna, per ottenere riparazione a "l'offesa e pregiudicio che la Republica nostra ha ricevuto col fatto di Don Melchior Borgia", come suonavano le istruzioni al Giustiniani (Istruzioni e relazioni degli ambasciatori genovesi, III, Spagna: 1636-1655, a cura di R. Ciasca, Roma 1955, p. 49).
Era accaduto che nel giugno del 1637 la squadra navale di Napoli, al comando del Borgia, aveva assalito e depredato nelle acque di Diano dieci navi mercantili battenti bandiera olandese, "non ostante che da loro intendesse cherano navi destinate per Genova et non ostante che fussero ne i nostri mari et per il più cariche di vettovaglie, che per uso pubblico et de i privati cittadini e sudditi erano state comprate" (ibid.). L'indignazione della Repubblica in questa occasione era giunta al massimo, sia perché "quest'accidente veramente è venuto da quella parte, da la quale manco era previsto et aspettato", sia perché, dietro l'assicurazione fatta alla Repubblica in nome del re di Spagna dall'ambasciatore Siruela che "la sua armata sarebbe sempre stata in servizio de la Repubblica nostra" (ibid.), era stato lo stesso governo genovese a rifornire di viveri e munizioni la flotta del Borgia, ospitandola anche nei propri porti. In effetti il Giustiniani ottenne con le sue proteste presso il conte-duca d'Olivares "un decreto firmato dal segretario di Stato di Sua Maestà, col quale veniva ordinato al viceré di Napoli la restituzione delle navi olandesi e del tolto in esse", come egli stesso riferiva nella relazione finale dell'ambasceria (ibid., p. 76).
La missione del B. tendeva appunto ad ottenere dal Medina l'esecuzione del decreto, il quale sino allora era stato di fatto ignorato dal viceré, e che prevedeva la consegna delle navi olandesi in possesso napoletano e il pagamento di quelle che non lo fossero più; questa distinzione era resa necessaria dal fatto, noto sia a Genova sia a Madrid, che le navi sequestrate erano già state vendute dal viceré ad un mercante fiammingo, Gaspare de Romil, il quale a sua volta ne aveva noleggiate due alle corte di Spagna e le altre sei a privati e una di queste ultime, in viaggio per il Levante, era andata addirittura perduta.
La missione affidata al B. si rivelò sin dal principio destinata al più totale insuccesso: il Medina diede infatti subito chiari segni del suo disprezzo per la Repubblica, ricorrendo alla più paradossale ermeneutica per snaturare a proprio vantaggio l'ordine che gli era stato mandato da Madrid, poi promettendo ricerche evidentemente improbabili dei vascelli mancanti, e infine spingendo la sua sfrontatezza a continuare nelle più rassicuranti promesse mentre, arrivati dalla Spagna, i due vascelli presi in affitto da quella corte tra quelli del Romil caricavano armi e munizioni nei porti napoletani, riconoscibilissimi nonostante il cambiamento dei nomi di "Imperatrice" e di "Andromeda" in "Santa Maria del Rosario" e "Santa Maria Maddalena".
A così scoperta beffa il B. comprese che ogni ulteriore insistenza presso il viceré non avrebbe ottenuto altro risultato che di aggravare ancor più la menomazione di prestigio della Repubblica. Si decise così nel maggio a fare ritorno a Genova dove riferì sconsolatamente in Senato sulla propria missione: "Conosco - concludeva la sua relazione finale - che al mio debole talento s'è accompagnata anche poca fortuna in servire a Vostre Signorie Serenissime. Sono però sicuro d'aver fatto quanto potevo dal canto mio" (De Marinis, p. 16).Chiamato a far parte del Senato della Repubblica (tale carica aveva nel giugno del 1648), fu eletto ancora tra i sei preposti del Gran Consiglio nel 1660, nel 1663, nel 1669, nel 1673, nel 1677, nel 1683.
Morì a Genova il 12 apr. 1688.
Bibl.: M. De Marinis, A. G. Brignole Sale e i suoi tempi. Studi e ric. nella prima metà del Seicento, Genova1914, pp. 14-16, 242, 301.