VICINI, Giovan Battista
– Nacque a Finale (oggi Finale Emilia) il 27 ottobre 1710 da Ludovica Casali e da Bernardo Lorenzo, ministro della Camera e giusdicente.
Fu studente di grammatica alle ‘scuole piccole’ di Modena, poi del corso di umanità al collegio San Carlo, e quindi, nel 1725, di quello di filosofia. Suo docente di belle lettere fu allora il conte Galeazzo Fontana, modesto poeta arcade, eppure di qualche fama locale. Frequentò in seguito, ma solo saltuariamente, i corsi della facoltà di legge, senza tuttavia conseguire il titolo dottorale. È possibile che prima del 1723 abbia potuto almeno conoscere Girolamo Tagliazucchi. Difficilmente Vicini fu però un suo allievo diretto. Volle però omaggiarlo partecipando nel 1737 a una Centuria di sonetti a lui dedicata e pubblicando, nel 1764, il suo Della lirica poesia italiana. Più stretti, invece, i rapporti con Ludovico Antonio Muratori, al cui magistero Vicini disse sempre di volersi ispirare. Già nel 1729 sottopose infatti al giudizio dell’anziano bibliotecario ducale un proprio sonetto per la laurea di Francesco Liberati (Modena, Biblioteca Estense, Archivio Muratori, VI, 6, c). Centrale nella sua formazione fu anche la permanenza a Bologna, nel 1730, dove poté frequentare assiduamente, tra gli altri, Francesco Antonio Ghidini, Eustachio Manfredi, la famiglia Zanotti. Tornato a Modena ebbe poi occasione di allontanarsi dalla città per numerosi viaggi che lo portarono soprattutto nel Veneto.
Nel 1731 Vicini figura quale accademico dissonante nelle Leggi pubblicate dallo stampatore Bartolomeo Soliani. Da allora la sua produzione di poeta anche occasionale, membro attivissimo di società letterarie, fu imponente. Con la qualifica di «Accademico Dissonante in Modena, Arcade in Carpi, della Vigna in Ferrara ed in Bologna», nel 1735 avanzò una supplica per poter leggere i libri proibiti (Archivio di Stato di Modena, Archivio segreto Estense, Tribunale dell’Inquisizione, b. 224, f. 5, c. n.n.). L’anno dopo uscì a Venezia la sua prima raccolta di Rime, con dedica al doge Luigi Pisani, e con un Discorso sulla poesia di impostazione muratoriana, già recitato ai dissonanti.
A partire dal 1737 si fece notare per la sua partecipazione a circoli dalla forte impronta libertina e anticlericale. Suoi compagni furono alcuni personaggi ben noti a Modena: tra gli altri Francesco Romani – figura di spicco della massoneria locale – e il giovane Vincenzo Fontanelli. Risale a questi anni anche la frequentazione con il somasco Carlo Innocenzo Frugoni, quasi giornaliera quando questi si trovava a Modena. I due, anzi, erano noti per le loro esibite professioni di ateismo e per la provocatoria produzione di poesie erotiche. Sicché, già nell’aprile del 1746 Vicini fu denunciato; la gravità dell’accusa (de vehementi suspicione haeresis) lo costrinse nel 1747 a rispondere al tribunale ecclesiastico. E per gli stessi motivi fu di nuovo inquisito nel 1760, poi ancora nel 1776 e nel 1778. Questi ultimi processi non ebbero per lui conseguenze. Non fu così invece per il primo procedimento, che si concluse nel 1748 con la condanna a dieci anni. Vicini fu costretto ad abiurare le sue molte dichiarazioni ‘eretiche’ ed è ben possibile che abbia allora subito pesanti umiliazioni. Carlo Goldoni, nei suoi Mémoires, racconta di averlo visto costretto alla gogna nel 1727, ma è ben possibile che sul punto i ricordi lo abbiano tradito e l’episodio risalisse invece all’estate del 1748, quando – appena dopo la sentenza – egli si trovava a Modena.
È probabile che in favore di Vicini abbia pesato l’influenza a corte del padre. Fatto sta che fu graziato il 7 agosto 1750 e dal maggio del 1751 poté scontare il resto della pena nella casa paterna. Della fede di libero pensatore del giovane, e del suo gusto provocatorio, non è il caso di dubitare. Ma certo sia l’accanimento giudiziario subito sia, per contro, l’alleggerimento della pena si comprendono meglio alla luce del duro scontro giurisdizionalista che segna questa fase della politica modenese. Vicini, che dichiarò al processo di essere insegnante di belle lettere presso il collegio dei nobili, aveva già allora importanti sostegni presso la corte estense. Lo stesso Muratori si spese non poco in sua difesa, come dimostra il carteggio con il cardinale Fortunato Tamburini. E infatti già nel 1757 Vicini fu nominato poeta primario ducale (con la paga di 50 lire mensili), carica che mantenne tutta la vita, sommandola a quella di istoriografo della città di Correggio. Certa anche la sua affiliazione alla massoneria. Avverso a lui, e agli ambienti più riformatori del Ducato, si mostrò invece il gesuita Francesco Antonio Zaccaria, che dopo la scomparsa di Muratori (e fino al 1768, quando fu rimosso) ricoprì il ruolo di bibliotecario estense.
Come accademico dissonante Vicini fu a capo dei sostenitori di Pietro Chiari nella querelle che lo oppose a Goldoni. Nelle Epistole poetiche d’alcuni letterati Modenesi dirette al Sig. Abate Chiari (1754) fu tra i più radicali nell’accusare Goldoni di scarsa autonomia rispetto all’impresa Medebach, da considerare come il vero ispiratore e regista della complessiva riforma del teatro comico. Ma fu, la sua, una polemica dal respiro abbastanza corto, e anzi i rapporti con Goldoni, frequentato nella stessa primavera del 1754, furono di nuovo distesi già nel 1757, quando il commediografo fu associato a sua volta ai dissonanti. Per una recita al San Luca, Vicini indirizzò anzi una commedia (oggi dispersa) a Goldoni e questi dedicò a Vicini La villeggiatura (1758).
Della vastissima produzione in versi di Vicini merita almeno ricordare gli esercizi di traduzione e i rifacimenti da Alexander Pope: in particolare, Le quattro stagioni sull’idea del famosissimo poeta inglese Pope (1755), in collaborazione con Giovan Matteo Manni. Tratte in gran parte da Pope anche le versioni raccolte nella terza parte delle sue Egloghe, edite a Venezia nel 1764, con la falsa data di Parigi.
Proprio le Egloghe furono stroncate da Giuseppe Baretti, il quale nella sua Frusta bollò Vicini con il soprannome irridente di Egerio Porconero. La polemica tra i due, che non si risparmiarono colpi bassi e ingiurie, assunse toni molto aspri. Vicini del resto era stato uno dei primi, con la sua raccolta di rime Egeria (1764), ad accusare Baretti di filogesuitismo. L’origine di questo attacco è probabilmente da ricondurre ai legami di Baretti con Zaccaria, autorevole esponente dell’Ordine e, come si è detto, avversario a Modena di Vicini. Certo, i motivi furono anche altri: sul punto ebbe senz’altro un peso decisivo anche la violenta polemica della Frusta contro i «miseri versiscioltai» (G. Baretti, La frusta letteraria, a cura di L. Piccioni, I, Bari 1932, p. 350) e gli «sciocchi pastori arcadi» (II, p. 89) della scuola frugoniana, fra i quali appunto si sarebbe distinto il poeta di corte modenese, assieme al suo sodale Anton Maria Borga; i due, decisi a contrastare l’eventuale successo della Frusta, scaricarono sul ‘novello Aristarco’ molte ‘frustate’, in versi che in misura rilevante si conservano manoscritti anche tra i fondi della Biblioteca Estense di Modena.
Da segnalare ancora la costante prossimità di Vicini agli uomini di maggior spicco del riformismo estense. Si può dire che con le sue opere abbia accompagnato e scandito i momenti più importanti di quella fortunata stagione. Ben attestato, per esempio, il rapporto con Agostino Paradisi, già omaggiato con un Sermone ai tempi della laurea (1762); e un sonetto di Vicini si legge in calce al programmatico Elogio di Raimondo Montecuccoli recitato (e stampato) da Paradisi nel 1775. In questo quadro di riferimenti culturali meglio si comprende anche l’interesse per il panteismo massonico dei Poemetti filosofici (1772) e per la funzione pedagogica della letteratura tipica del poemetto L’educazione (1776). Grande successo ottennero anche le sue cantate per il teatro cittadino, come il Bacco e Arianna, in scena il 30 gennaio 1779, con le musiche di Giacomo Giordani e Lorenzo Bortolozzi. Sempre a Vicini si deve l’allestimento degli Applausi poetici (1774) che accompagnarono l’inaugurazione della statua di Francesco III in piazza Sant’Agostino a Modena, scolpita da Giovanni Antonio Cybei.
Morì a Modena il 22 marzo 1782.
Opere. Impossibile elencare qui i numerosissimi versi di Vicini editi in raccolte miscellanee. Si segnalano invece, oltre quelle già citate, le altre principali opere a stampa: Cento sonetti, Modena 1745; I vini modanesi, Modena 1752; La commedia dell’arte, e la maschera. Due epistole in versi [...] al sig. abbate Pietro Chiari, [Venezia] 1755; Versione de sette salmi penitenziali, Carpi 1755; Dispaccio di ser Ticucculia a chi scrisse il Congresso di Parnasso, Bengodi [ma Venezia] 1755; Rime scelte, Carpi 1756; Poemetti in vari metri sopra i fatti principali dell’Antico Testamento, Carpi 1756; Poesie scritturali, Carpi 1756 (con G.M. Manni); Anacreontiche, Carpi 1757; Rime amorose inedite, Parigi [ma Venezia] 1759; Il tempio di Gnido del barone di Montesquieu con un saggio degli Amori de’ più celebri autori latini, Londra [ma Venezia] 1761; Per la laurea dottorale del Signor Agostino Paradisi, Bologna 1762; L’aerologia o sia Le meteore, Modena 1773; Pel sospiratissimo ritorno di sua altezza serenissima Francesco III, Modena 1776.
Fonti e Bibl.: Per i processi dell’Inquisizione cfr. soprattutto Archivio di Stato di Modena, Archivio segreto Estense, Tribunale dell’Inquisizione, b. 224, f. 5; b. 241, ff. 19-53 e b. 236, f. 39. Tra i molti fondi modenesi che conservano documentazione su Vicini si veda, soprattutto, presso la Biblioteca Estense universitaria, α.Q.10.6, f. 18; α.G.5.5; Autografoteca Campori, Giovanbattista Vicini 1709-1782.
A.G. Spinelli, Chi era “l’Abbé J… B… V…”, in Modena a Carlo Goldoni nel secondo centenario della sua nascita, a cura di A.G. Spinelli, Modena 1907, pp. 310 s.; G. Orlandi, Per la storia della massoneria: dalle origini al 1755, Modena 1981, pp. 74-78; M. Calore, G.B. V., in Uomini di teatro nel Settecento in Emilia Romagna. Il teatro della cultura, prospettive biografiche, a cura di E. Casini-Ropa et al., Modena 1986, pp. 244-246; C. Righi, L’inquisizione ecclesiastica a Modena nel ’700, in Formazione e controllo dell’opinione pubblica a Modena, a cura di A. Biondi, Modena 1986, pp. 69 s.; D. Tongiorgi, Morale libertina, encomiastica e riformismo estense. G.B. V. poeta di corte, in Modena estense. La rappresentazione della sovranità, a cura di G. Signorotto - D. Tongiorgi, Roma 2018, pp. 125-146.