NOVELLI, Giovan Battista
NOVELLI (Novello), Giovan Battista. – Figlio del notaio e giureconsulto Paolo, nacque a Castelfranco Veneto nel 1589, come si deduce dal necrologio (Bordignon Favero, 1975, p. 160, n. 1), e non nel 1578, come riportato nelle antiche biografie (Melchiori, 1720; Federici, 1803).
La famiglia, da tempo attestata nell’area prealpina, apparteneva alla piccola nobiltà castellana, presso cui si era distinta in particolare per l’esercizio delle professioni legali e per la pratica militare (Bordignon Favero, 1981).
Avviato dal padre agli studi di grammatica e retorica, manifestò presto una certa inclinazione verso la pittura, il cui esercizio si andava allora diffondendo presso i cadetti della nobiltà veneta. Stando a quanto riportato da Nadal Melchiori (1720, p. 79), fu perciò mandato a Venezia, dove allo scadere del secolo svolse un periodo di formazione nella bottega di Palma il Giovane, apprendendo «così bene le regole del disegno e del colorito, che in breve si fece franco in trattar colori così a oglio come a fresco». L’affermazione dell’erudito locale sembra in effetti trovare conferma nell’analisi stilistica delle opere pervenute, che tradiscono un allineamento alle poetiche tardomanieriste di derivazione palmesca (Pallucchini, 1981). Interessanti sono anche le affinità di linguaggio con altri pittori attivi nell’area castellana agli inizi del XVII secolo, come Paolo Piazza o Francesco Frigimelica.
La prima opera ricordata nelle fonti risale già al 1603, quando firmò e datò «Novellus p. mdciii» una pala perduta con la Vergine col Bambino e i ss. Nicolò e Caterina, realizzata forse su iniziativa della famiglia paterna per l’Offizio dei notai di Castelfranco (Melchiori, 1720, p. 134). In seguito venne ingaggiato dalle monache domenicane della stessa città per le quali portò a termine un’altra pala d’altare, anch’essa perduta, con i Ss. Pietro e Paolo, ritratti con le fattezze del podestà Marcantonio Briani e del pievano Marcantonio Savio (Federici, 1803, p. 92).
Contemporaneamente a questi primi impegni le fonti ricordano anche l’esecuzione di alcuni ritratti di familiari e concittadini, nessuno dei quali è stato rintracciato, dipinti «più per diletto che per utile» (Melchiori, 1720, pp. 79 s.), il cui apprezzamento è registrato da alcuni sonetti di elogio composti dal cugino Benedetto Novelli e dal «sig. Murarotto» (trascritti ibid., p. 80). La crescente reputazione del pittore è inoltre attestata dalla frequentazione col quasi coetaneo Pietro Damini (nato nel 1592), che svolse con Novelli un breve periodo di apprendistato tecnico prima di trasferirsi a Padova nel 1612 (Zanetti, 1771). Qualche anno più tardi, suo allievo fu anche il bassanese Giovanni Battista Volpato, nato nel 1633 (Bordignon Favero, 1994).
Nel 1612 realizzò un affresco nel portico di casa Venzati a Castelfranco raffigurante la Vergine in trono con i ss. Giovanni Battista, Antonio Abate e Liberale, andato perduto (Melchiori, 1720, p. 140). Nello stesso anno si arruolò come uomo d’armi nella «banda Brandolina» (ibid., p. 81), una compagnia di ventura capitanata dall’omonimo patrizio trevigiano, con la quale prese parte assieme ad altri nobili e cittadini castellani alla cosiddetta guerra degli Uscocchi, combattuta in Friuli dai Veneziani contro gli Asburgo. Durante questo periodo è documentabile solo l’esecuzione sporadica di alcuni ritratti d’occasione, tra cui le fonti menzionano quello, perduto, del concittadino Giuseppe Tassini «in abito di guerriero» (ibid.). Alla conclusione della campagna militare, nel 1615, si trasferì temporaneamente a Rovigo, dove lavorò fino almeno al termine del decennio per alcune commissioni promosse dalle locali autorità. Nello stesso 1615 eseguì i teleri ovali del baldacchino progettato da Francesco Zamberlan per l’altar maggiore della chiesa della Madonna del Soccorso, meglio nota come ‘la Rotonda’, raffiguranti l’Assunzione della Vergine al centro e i Ss. Antonio Abate e Bellino ai lati (Bartoli, 1793, pp. 112 s.). Oltre alle restanti tele dell’altare con piccole figure di santi francescani e scene mariane, gli sono state assegnate anche le portelle dell’organo dello stesso complesso ecclesiastico, raffiguranti all’esterno la Vergine Immacolata e S. Agnese, e all’interno i Ss. Marco e Francesco (ibid., p. 104).
Queste opere si distinguono per una declinazione semplificata del canone figurativo palmesco, che risulta valorizzato nella sua accezione luministica attraverso il ricorso a forti contrasti chiaroscurali. Analoghe caratteristiche si possono riscontrare anche nelle due tele con S. Bellino e S. Francesco realizzate per la residenza dei nobili regolatori di Rovigo, datate al 1619 da Bartoli (ibid., p. 138), ora custodite presso il locale municipio, nonché in una Vergine col Bambino incoronata da due angeli, forse proveniente dalla stessa istituzione (Sgarbi, 1988, pp. 313-315). Sempre a Rovigo le fonti ricordano anche una tela, perduta, con la Vergine col Bambino e s. Francesco, collocata nel refettorio della chiesa dei Cappuccini (Bartoli, 1793, p. 51).
Successivamente al ritorno a Castelfranco, nel 1619, risulta impegnato nell’esecuzione di alcuni perduti gonfaloni per la parrocchia di S. Maria della Pieve (S. Valentino che benedice i fanciulli), per la Confraternita del Rosario e per i Battuti di S. Liberale (Federici, 1803, p. 92). Parte di quest’ultimo stendardo, raffigurante una Madonna della Misericordia, si conservava ancora ai tempi di Melchiori nella sacrestia del duomo (Melchiori, 1720, p. 81). Agli anni Venti dovrebbe essere riconducibile anche il bozzetto con l’Incoronazione della Vergine conservato nella stessa sacrestia del duomo (Bordignon Favero, 1965, p. 33), la cui tradizionale e problematica attribuzione a Novelli indicherebbe una provvisoria apertura in direzione delle correnti ‘chiariste’ tipiche degli epigoni veronesiani, rimasta tuttavia senza apparente seguito.
Nel 1630 può essere datata l’interessante pala con Il martirio di s. Sebastiano e le ss. Apollonia e Lucia per la parrocchiale di Bessica (Treviso), realizzata come ex voto per la fine della peste, nella quale è stata avvertita l’eco attutita di modelli carracceschi, senz’altro mediati attraverso qualche riferimento grafico (Bordignon Favero, 1975, p. 144). Sempre agli anni Trenta dovrebbe risalire anche la pala con i Ss. Pancrazio, Nereo e Achilleo per la parrocchiale di Ramon, località nei pressi di Castelfranco dove i Novelli possedevano una villa – andata distrutta nel secondo dopoguerra (ibid., p. 160, n. 1) – in parte decorata con «imagini devote» dallo stesso Giovan Battista (Melchiori, 1720, p. 82). Per la stessa chiesa di Ramon è documentata (ibid., p. 171) anche la realizzazione di una pala, dispersa, con La fuga in Egitto per l’altare dei Soranzo databile dopo il 1643, anno in cui la nobile famiglia veneziana si insediò nei dintorni acquisendo per via matrimoniale le proprietà già dei Pasqualigo (Le ville venete: la provincia di Treviso, a cura di S. Chiovaro, Venezia 2001, pp. 255 s.).
Tra le altre opere attribuite dalle fonti, ma fin qui prive di appigli cronologici, si annoverano anche la Madonna col Bambino e santi della chiesa dei Ss. Vittore e Corona di Castelminio (Treviso), la malridotta Trinità con santi di Loria (Treviso), nonché la pala con La Sacra Famiglia con i ss. Defendente, Martino, Giacomo e Filippo della parrocchiale di San Martino di Lupari (Padova). Dubbia è invece l’ascrizione a Novelli di una pala, dispersa, risalente agli anni Trenta per l’oratorio di S. Nicola da Tolentino di Vicenza, ricordata da Marco Boschini come opera di un «Giovanni da Castelfranco» (1676 [2008], p. 255). È infine andato perduto il S. Lorenzo con le ss. Agata, Lucia e Apollonia eseguito per i Battuti di S. Giacomo di Castelfranco, ancora in loco nel 1735 e in seguito sostituito da una pala di analogo soggetto di mano di Egidio dall’Oglio (Melchiori, 1720, p. 147).
Morì nella villa di famiglia a Ramon l’11 agosto 1652, «amalatto di longa infirmità», come risulta dal registro delle sepolture della locale chiesa parrocchiale (Bordignon Favero, 1975, p. 160, n. 1).
Fonti e Bibl.: M. Boschini, I gioielli pittoreschi, virtuoso ornamento della città di Vicenza (1676), a cura di W.H. de Boer, Firenze 2008, pp. 235-255; N. Melchiori, Notizie di pittori e altri scritti (1720), a cura di G. Bordignon Favero, Venezia-Roma 1968, pp. 78-82, 134 s., 140, 147 s., 151 s., 162 s., 168, 170 s.; A.M. Zanetti, Della pittura veneziana e delle opere pubbliche de’ veneziani maestri, Venezia 1771, p. 337; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia… (1789), III, Milano 1823, p. 226; F. Bartoli, Le pitture, sculture ed architetture della città di Rovigo, Venezia 1793, pp. 51, 104, 112 s., 138; G.M. Federici, Memorie trevigiane sulle opere di disegno dal 1100 al 1800…, II, Venezia 1803, pp. 92 s.; Indice fotografico delle opere d’arte della città e del mandamento di Castelfranco Veneto, a cura di G. Bordignon Favero, Venezia 1961, pp. 27, 63; G. Bordignon Favero, Le opere d’arte e il tesoro del duomo di S. Maria e S. Liberale di Castelfranco Veneto, Castelfranco Veneto 1965, pp. 22, 33 s.; C. Donzelli - G.M. Pilo, I pittori del Seicento veneto, Firenze 1967, p. 301; G. Bordignon Favero, Castelfranco Veneto e il suo territorio nella storia e nell’arte, II, Castelfranco Veneto 1975, pp. 134, 144, 160 s., 189; Id., I palazzi Soranzo Novello e Spinelli Guidozzi in Castelfranco Veneto, Castelfranco Veneto 1981, pp. 129 ss.; R. Palluc-chini, La pittura veneziana del Seicento, I, Milano 1981, p. 343; V. Sgarbi, Rovigo. Le chiese. Catalogo dei beni artistici e storici, Venezia 1988, pp. 144, 233-235, 313-315; Pietro Damini 1592-1631 (catal., Padova), a cura di D. Banzato - P.L. Fantelli, Milano 1993, pp. 13-15; E. Bordignon Favero, Giovanni Battista Volpato critico e pittore, Treviso 1994, pp. 168, 178-80; P.L. Fantelli, N. G., in La pittura nel Veneto. Il Seicento, II, Milano 2001, p. 857; U. Thieme - F. Becker, Künsterlexicon, XXV, p. 529.