NOCETO, Giovan Battista
NOCETO, Giovan Battista. – Nacque a Genova il 1° aprile 1586 da Genesio, notaio ben inserito negli affari della Repubblica.
Il 1° settembre 1602 entrò nella Compagnia di Gesù frequentando il magistero di retorica presso il collegio di Arona. Concluso il primo triennio di studi, nel 1605 fu introdotto nel prestigioso collegio di Brera, dove si dedicò per tre anni all’apprendimento della filosofia e, nei successivi quattro, agli studi teologici. La prima notizia riguardo alla sua carriera accademica risale al 1611, quando fu nominato docente di retorica nella sede braidense. Fu poi ad Arona nel 1614-15, a Como nel 1619, a Genova nel 1618 e nel 1620, occupando numerosi incarichi nelle diverse sedi della provincia milanese dell’ordine.
Dotato di ottima memoria e di una fine abilità oratoria, si dedicò presto alla predicazione, sebbene fino alla prima metà degli anni Venti l’attività accademica costituisse ancora il suo principale interesse. Nel 1622-23 tornò infatti al collegio braidense per insegnare, oltre alla retorica, teologia, filosofia morale, Sacre Scritture ed ebraico. A Brera il 2 febbraio 1622, fu nominato professus della Compagnia, avendo aggiunto ai precedenti tre voti di povertà, castità e obbedienza il quarto di obbedienza al papa riguardo all’attività missionaria.
È possibile che durante gli anni lombardi, ma non oltre il 1626, abbia frequentato il circolo del duca di Mantova Ferdinando Gonzaga, il quale, secondo Michele Giustiniani (1667), avrebbe apprezzato la sua eloquenza durante i lunghi periodi di malattia. Nel 1624, diede inoltre prova delle sue doti di predicatore pronunciando nella chiesa milanese di S. Marco un elogio – più tardi stampato tra i Panegirici sacri (Genova 1677) – in lode della monaca agostiniana Chiara della Croce di Montefalco, beatificata poco tempo prima da Urbano VIII.
Gli anni successivi furono caratterizzati da alcuni spostamenti tra le case professe e i collegi di Pavia (1625), di Genova (1626-27), di S. Fedele a Milano (1628 e 1632-33), di Arona (1630 e 1636) e di Alessandria (1635), ma secondo il Memoriale redatto da Noceto attorno al 1652, predicò anche dai pulpiti di Sarzana, Torino, Nizza, Bologna e Napoli.
Il ritorno definitivo nella domus di S. Ambrogio a Genova avvenne nel 1639 e, come risulta da alcune lettere del gennaio-marzo 1645, a essa Noceto donò ogni suo bene terreno. A conferma degli stretti rapporti tra ordini religiosi e potere politico nel governo della Repubblica, nel 1640 firmò due componimenti per l’incoronazione del doge Giovan Battista Durazzo, mentre nel 1648 assunse il prestigioso titolo di teologo della Repubblica, che mantenne fino al 1659. La diffidenza della Compagnia nei confronti di tale ufficio, che era intimamente connesso alle autorità civili del governo genovese, lo indusse tuttavia a mal sopportare la carica e chiederne addirittura l’abolizione al doge.
La sua fama fu però legata all’aspra polemica contro l’astrologia giudiziaria, che perseguì fin dal 1649, quando alcune funeste previsioni per il giugno di quell’anno lo indussero a esprimere una dura condanna degli oroscopi durante una serie di prediche recitate nella chiesa di S. Ambrogio a Genova. Le accuse colpirono in particolare Tomaso Oderico, noto funzionario della Repubblica nonché autore di lunari astrologici, operante in stretto contatto con i letterati Antonio Carnevale, Ovidio Montalbani e Angelico Aprosio.
Oderico contrattaccò il gesuita nella lettera prefatoria ai Futuri contingenti (Milano 1649), tornando a polemizzare con lui dapprima nel Cattolico Aristarco, che però non ottenne l’imprimatur, poi in un’epistola stampata negli Arcani delle stelle (Bologna 1652) di Antonio Carnevale e soprattutto nel Cielo aperto (Bologna 1652), pubblicato sotto lo pseudonimo di Genesio Gastorello Ogoroboto. A questo punto Noceto denunciò Oderico all’Inquisizione di Stato della Repubblica, che ne sequestrò gli scritti e, ritenendolo autore del Cielo aperto, lo incarcerò l’11 agosto 1652 condannandolo il 29 ottobre a cinque anni di prigionia nella torre Grande di palazzo ducale. Noceto replicò la denuncia presso il S. Uffizio, ma non ottenne risposte significative, tanto che, nel settembre 1652, dopo avere recitato l’orazione dell’Unione di fronte al nuovo doge Girolamo De Franchi, scrisse al medico e religioso Girolamo Bardi, suo intermediario a Roma, lamentando la freddezza della Sacra Congregazione. Nell’agosto 1653 il S. Uffizio declinò definitivamente la richiesta di Noceto nonostante le sue reiterate suppliche e la composizione del già citato Memoriale, in cui il padre riteneva troppo mite la condanna di Oderico e suggeriva un castigo esemplare anche per gli editori e i revisori del Cielo aperto. Nel frattempo Oderico compose una lunga memoria difensiva e accennò alla sua prigionia nella prefazione ai Discorsi meteorologici sulla cometa del 1652 (Genova 1654).
Noceto non volle desistere dalla polemica, cosicché il padre generale della Compagnia, Vincenzo Carafa, fu costretto a inibirlo dalla predicazione su istanza del cardinale Stefano Durazzo. La restrizione, presto revocata, non frenò Noceto, che pubblicò sotto il falso nome di Clorio Cariopo Carcaria il poemetto satirico in sestine intitolato Anassiride (Lucerna 1652) e il Celeste ancile (Parigi 1655 e Lione 1664). Quest’ultima opera uscì priva dell’approvazione del S. Uffizio e di conseguenza a Noceto fu proibito di stampare qualsiasi altro scritto in futuro, mentre il magistrato genovese intervenne per limitare la diffusione del Celeste ancile nel territorio della Repubblica. Il fatto suscitò anche un certo imbarazzo tra i responsabili della sede genovese e il padre generale della Compagnia, risoluti a non perdonare Noceto e a negargli il permesso di recarsi a Roma a difendere le sue ragioni. Le sue incessanti suppliche contro il divieto di stampa non vennero ascoltate e fu costretto a pubblicare clandestinamente anche il successivo trattato, l’Anti-Gastorello (Padova 1659), che costituì l’ennesima incursione nella polemica, conclusa soltanto con l’Astrologia ottima, indifferente, pessima (Parigi 1663 e Genova 1675), in cui mostrò il suo favore per l’astrologia naturale, condannando invece la giudiziaria in conformità alle bolle di Sisto V e Urbano VIII.
Negli stessi anni continuò l’attività accademica (porta la sua firma un’elegante prolusione in latino per la laurea del teologo Francesco Maria Bo, stampata a Genova nel 1655), seguì vari affari per conto della Compagnia e nel 1662 fu impegnato come commissario presso il Senato in una causa ereditaria che coinvolse l’ordine religioso.
In seguito si dedicò con maggiore continuità alla scrittura licenziando alcune opere erudite su tema religioso come il Genethliacus a Deo, Ecclesia catholica, Sanctis Patribus, theologis, doctis, et probis omnibus, condemnatus (Lione 1667), l’Ex Parnassi bicipitis hierographi, et adiaphori Laciniis Imis Pauci flores (Lione 1677) e i già citati Panegirici sacri, raccolta di prediche a cui si aggiunse il suggestivo sermone sulla Sindone pronunciato nella chiesa metropolitana di Torino al cospetto della corte sabauda.
Dopo una lunga vecchiaia trascorsa nella domus di S. Ambrogio, morì a Genova l’8 aprile 1682.
Fonti e Bibl.: Per la ricostruzione della carriera di Noceto nella Compagnia di Gesù sono fondamentali i cataloghi annuali e triennali della provincia conservati a Roma, Archivum Roma-num Societatis Iesu, Mediolanum, 1-3, 47-58, mentre altre informazioni si trovano negli epistolari del medesimo archivio, Fondo gesuitico, 671; Mediolanum, 29 I-II, 30, 95. Ulteriori carte riguardanti in particolare la polemica antiastrologica contro Oderico, sono reperibili in Arch. di Stato di Genova, , Fondo famiglie, B. 57; Arch. segreto, 1337 e Iurisdictio 1089, 9; Genova, Arch. storico del Comune, Fondo Brignole Sale, 105. C. 4; Bibl. universitaria, E. VI. 10, D. VII. 39. Alcune notizie sono contenute nei principali repertori bio-bibliografici: M. Giustiniani, Gli scrittori liguri, Roma 1667, pp. 337 s.; R. Soprani, Li scrittori della Liguria e particolarmente della maritima, Genova 1667, pp. 151 s.; A. Oldoini, Athenæum ligusticum seu syllabus scriptorum ligurum nec non Sarzanensium, ac Cyrnensium Reipublicæ genuensis, Perugia 1680, p. 328; E. Gerini, Memorie storiche d’illustri scrittori e di uomini insigni dell’antica e moderna Lunigiana, Massa 1829, pp. 210 s.; G. Melzi, Diz. di opere anonime e pseudonime di scrittori italiani o come che sia aventi relazione all’Italia, I, Milano 1848, p. 212; A. De Backer - C. Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jesus, V, Bruxelles-Paris 1894, coll. 1787-1789; A. Cappellini, Diz. biografico di genovesi illustri e notabili, Genova 1932, p. 101. Nessuna monografia è ancora stata dedicata a Noceto, né esistono edizioni moderne delle sue opere, tuttavia è citato in diversi studi storico-letterari: O. Cartaregia, Il perfetto giusdicente: Tomaso Oderico. Appunti per una storia dell’amministrazione genovese, in Miscellanea storica ligure, XII (1980), 2, pp. 7-58; G. Cosentino, Potere religioso e potere politico nella Repubblica di Genova (secc. XVI e XVII), in La storia dei Genovesi. Atti del convegno di studi sui ceti dirigenti nelle istituzioni della Repubblica di Genova, ..., 1985, VI, Genova 1986, pp. 281-321; O. Cartaregia, in I Gesuiti fra impegno religioso e potere politico nella Repubblica di Genova. Mostra bibliografica, Genova 1991, pp. 54 s.; Q. Marini, Anton Giulio Brignole Sale gesuita e l’oratoria sacra, in I Gesuiti fra impegno religioso e potere politico nella Repubblica di Genova, Atti del Convegno..., 1991, a cura di C. Paolocci, Genova 1992, pp. 127-150 (ora in Q. Marini, Frati barocchi. Studi su A.G. Brignole Sale, G.A. De Marini, A. Aprosio, F.F. Frugoni, P. Segneri, Modena 2000, pp. 63-112); E. Casali, «Noceto nocente» e «il Ligure risvegliato». La polemica fra G.B. N., predicatore gesuita, e T. Oderico, astrologo, nella Genova del Seicento, in Studi secenteschi, XXXIV (1993), pp. 287-329; M. Maira Niri, La tipografia a Genova e in Liguria nel XVII secolo, Firenze 1998; E. Casali, Le spie del cielo. Oroscopi, lunari e almanacchi nell’Italia moderna, Torino 2003, pp. 64, 75 s., 309.