LANCENI (Lanzeni, Lanzani), Giovan Battista
Nacque a Verona nel 1659 da Giacomo di Pietro, lavorante di filatoio (Guzzo, 1990-91, cui, se non altrimenti indicato, si fa riferimento per ogni questione documentaria) e Francesca Simbenati. La madre era sorella di Bernardino, anch'egli lavorante di filatoio e padre di Giovanni Antonio, pittore e monaco a S. Zeno. Quest'ultimo e il L. erano dunque cugini, ambedue pittori e provenienti da famiglie collegate sul piano professionale. Secondo i dati di archivio il L. abitò nella contrada di S. Michele della Porta dall'età di sette anni fino certamente al 1675; mentre nel 1694, capofamiglia, con moglie e figli, era residente all'Isola di Sopra, in una casa portata in dote dalla moglie Chiara Stella Desiderati.
Il primo a fornire notizie sulla vita del L. fu B. Dal Pozzo, che riportò l'anno di nascita e la professione del padre, "negoziante" nella piazza di Verona. L'autore, nell'Aggiunta alle Vite del 1718, testimoniò come all'età di sedici anni il L. avesse appreso i rudimenti della pittura prima presso A. Voltolini e poi presso F. Barbieri detto lo Sfrisato, pittore di Legnago, ma abitante a Verona.
La critica più recente lo dipinge come un artista di cultura tardobarocca (La pittura nel Veneto…), di non grandi qualità ma di "sicuro mestiere" (Guzzo, 1984), in grado di rispondere alle numerose richieste della committenza in un momento di grande fervore nel rinnovamento architettonico e decorativo delle chiese veronesi.
Manca un profilo ragionato dell'attività pittorica del L., celebre invece come scrittore d'arte; e, a fronte della grande quantità di opere (almeno cinquanta) che l'artista stesso documentò come proprie nelle chiese veronesi, scarsi sono i dipinti, esclusivamente oli su tela, che si possono a tutt'oggi rintracciare in città. La Cena in casa di Simon Fariseo è la tela più antica, come indica la data, 1700, riportata a fianco della firma; conservata nella chiesa di S. Fermo, versa in cattive condizioni, tali da comprometterne la lettura. Migliore è la qualità dell'Orazione nell'orto, attualmente nel palazzo comunale di Villafranca, databile ai primi anni del secolo (L'immagine del sacro…).
La composizione è simmetrica ed equilibrata. I vivi contrasti chiaroscurali sono ripresi dalla pittura dello Sfrisato, che a sua volta si rifà a P. Ricchi e ai tenebrosi veneziani. La disperazione e la drammaticità vengono trascurate, diventando un elemento distintivo del L. nella rappresentazione dei suoi personaggi. La stessa atmosfera si ravvisa nella Vergine Addolorata di Cavalo, recante la data 1709. Prossimi al gusto dei tenebrosi veneziani sono anche il Davide con la testa di Golia del fregio di S. Nicolò a Verona e le tre tele dell'oratorio del S. Crocefisso di Villafranca, che rappresentano altrettanti episodi della Passione. La Flagellazione e il Cristo deriso, databili ai primi decenni del secolo, denotano l'affaticato tentativo del pittore di mettere in scena numerose figure in movimento con complesse quinte scenografiche, forse riprese dalle invenzioni prospettiche del suo secondo maestro.
La S. Teresa trafitta nel cuore della chiesa veronese degli Scalzi dimostra come lo stile del pittore al termine della sua carriera (1720-33: Guzzo, 1984) rimanga ancora legato alle forme tardoseicentesche, anche se i toni vengono schiariti e le figure illanguidite.
Altre opere attribuite al L., non precisamente datate, si rintracciano nella Valpolicella, a San Giorgio (L'Eterno Padre e cherubini, il Martirio di s. Eurosia e il Martirio di s. Giorgio) e a Sant'Ambrogio (la Glorificazione di s. Ambrogio, S. Matteo, S. Marco, S. Luca e S. Giovanni). A Valgatara, nella chiesa dei Ss. Fermo e Rustico, si trova un altro Martirio di s. Eurosia.
Il L. è noto soprattutto come autore della Ricreazione pittorica o sia Notizia universale delle pitture nelle chiese e luoghi pubblici della città e diocese di Verona, una guida artistica dedicata "al genio de' dilettanti", come recita per esteso il titolo. Prodotto del desiderio di "inventariazione" tipico dell'ambito culturale dal quale erano scaturite opere come quelle di Dal Pozzo e che avrebbe trovato ulteriore espressione nella produzione di G.B. Biancolini (Notizie storiche delle chiese di Verona, Verona 1749-71), la Ricreazione fu data alle stampe per la prima volta nel 1720.
La prima edizione si suddivide in due parti. La prima, più corposa (327 pagine), contiene "le pitture della città", mentre la seconda prende in rassegna i dipinti collocati nella diocesi. Nell'esordio, l'autore si rivolge direttamente al lettore, presentando il proprio lavoro e dichiarando obiettivi e metodi. Egli stesso rileva i limiti del proprio operato: mentre per la città era stato molto puntuale, lo stesso non era potuto avvenire per la provincia: poiché non gli era stato infatti possibile vedere tutte le opere, di alcune aveva dovuto tacere. L'autore tiene a precisare che per non stancare il lettore preferisce omettere le vite dei pittori e che, non curando la ricercatezza dell'espressione, opta per uno stile più semplice. Le notizie che il L. fornisce in questa introduzione permettono di dedurre che, per una considerevole parte di tempo antecedente alla conclusione della raccolta (terminata, come dichiarava egli stesso, il 12 ott. 1719), egli avesse personalmente condotto le ricerche, senza risparmiare viaggi nella diocesi, verificando tutto con erudizione, emendando al termine dello scritto gli errori in cui era incorso.
La seconda parte dell'opera (225 pagine), del tutto indipendente dalla prima, reca un suo frontespizio: Divertimento pittorico esposto al dilettante passeggiere dall'incognito conoscitore. Il testo si presenta come un semplice elenco dei luoghi visitati: per ogni località è riportato il nome della chiesa con le opere contenute, riconoscibili attraverso il soggetto; occasionalmente l'autore aggiunge qualche commento. Seguendo lo scritto si coglie agevolmente il percorso del viaggio intrapreso dal L. per la diocesi: un lavoro capillare che certamente aveva a monte un programma di percorso a tappe il quale, con inizio dalla Valpolicella, passava per la costa orientale del lago di Garda, le zone pianeggianti tra il Mantovano e l'Adige e ritornava a sud dei monti Lessini.
La Ricreazione è uno strumento fondamentale per la storia e la storia dell'arte veronesi soprattutto per il suo valore documentario: permette di risalire alla collocazione originaria di alcune opere, chiarisce alcune datazioni e fornisce informazioni sulla situazione artistica contemporanea. L'autore riportò nell'elenco anche le chiese in via di costruzione o di decorazione, e notificò la presenza di affreschi ora perduti.
Nel 1733 il L. pubblicò la Continuazione e notizia delle pitture dall'anno 1719 fino all'anno 1733 poste nelle chiese di Verona, e sua diocese.
Il pittore ammetteva, rivolgendosi al lettore nel prologo, che avrebbe preferito evitare questa nuova fatica a causa dell'età avanzata, ma il desiderio di accontentare la curiosità degli amatori e di chiarire alcuni equivoci suscitati da alcune affermazioni presenti nella prima edizione lo aveva spinto a completare l'opera attraverso una nuova raccolta di dati, terminata alla fine di ottobre dello stesso 1733. La struttura del testo è ancora organizzata in due parti. Degno di interesse è l'indice dedicato ai pittori viventi che stavano operando nelle chiese di Verona e diocesi. Egli non tralasciò di citare se stesso tra gli artisti ancora attivi, segno che, nonostante l'età matura, non aveva abbandonato l'attività di pittore per quella di scrittore.
Il L. morì a Verona l'11 sett. 1737 "di anni 78, di febbre in 8 giorni", come si legge nell'atto di morte (Polazzo, p. 9).
Il L. ebbe una figlia, Michelangela, nata probabilmente a Verona nel 1698, la quale, monaca in S. Caterina della Ruota di Verona, fu anch'essa pittrice. Dal Pozzo (Aggiunta, p. 16) ricordava di lei come "ultimamente" avesse "dimostrato il suo valore con un Quadro esposto nella Sacristia di detta Chiesa con Santa Caterina disputante co' maggiori dottori […] in presenza dell'imperatore Massenzio, & è molto lodato"; nella Continuazione lo stesso L. elencava un Salvatore che porge agli apostoli il pane, eseguito dalla figlia sulla "portina" del tabernacolo in S. Maria Novella (poi S. Elisabetta, distrutta nel 1935). A tutt'oggi nessuna delle due opere di Michelangela è stata rinvenuta. Non se ne conosce la data di morte.
Fonti e Bibl.: B. Dal Pozzo, Le vite de' pittori, degli scultori et architetti veronesi, Verona 1718, pp. 196, 234, 261; Id., Aggiunta alle vite…, Verona 1718, pp. 15 s.; M. Franzosi, Villafranca, Verona 1965, p. 60; L. Marchesini, La pieve di San Floriano, Verona 1968, p. 67; G.P. Marchini, Il collezionismo d'arte a Verona nel Settecento, in Studi storici veronesi in onore di Luigi Simeoni, 1980-81, nn. 30-31, p. 241; Id., Per un catastico delle pitture e delle sculture nelle chiese del territorio veronese, in Chiese e monasteri nel territorio veronese, a cura di G. Borelli, Verona 1981, ad indicem; L'immagine del sacro nel territorio villafranchese dal XIII al XIX secolo (catal., Villafranca), a cura di G. Fagagnini - G. Tavan, s.l. 1982, pp. 40, 84; E.M. Guzzo, La chiesa degli Scalzi in Verona, Verona 1984, pp. 30 s.; M. Polazzo, in G.B. Lanzeni, Ricreazione pittorica…, a cura di M. Polazzo, Verona 1986, pp. 9-13; V. Chilese, Le origini della cappella della Madonna dei Sette Dolori in località La Torre di Cavalo, in Annuario storico della Valpolicella, 1990-91, n. 8, pp. 79-94; E.M. Guzzo, Documenti per la storia delle arti in Verona in epoca barocca, in Atti e memorie dell'Accademia di agricoltura, scienze e lettere di Verona, s. 6, XLII (1990-91), p. 261; Museo di Castelvecchio, Disegni, a cura di S. Marinelli - G. Marini, Milano 1999, p. 75; La pittura nel Veneto. Il Seicento, a cura di M. Lucco, Milano 2001, ad indicem; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXII, p. 282; R. Brenzoni, Diz. degli artisti veneti, Firenze 1972, pp. 169 s.