LAMA, Giovan Battista
Nacque a Napoli intorno al 1673, come si deduce dalle Aggiunte all'Abecedario di Orlandi del 1733 (p. 457), che lo definiscono "in età d'anni sessanta". La sua formazione pittorica si colloca nell'ambito della scuola di L. Giordano sebbene, come avvertiva già De Dominici (p. 451), più saldi punti di contatto siano individuabili con Paolo De Matteis, tanto che nel passato a quest'ultimo sono state attribuite alcune opere oggi con certezza assegnate al Lama. I due pittori avevano inoltre un legame di parentela, avendo il L. sposato Nunzia Perrone, sorella della moglie di De Matteis, Rosolena; le due donne erano figlie di Michele Perrone, scultore in legno, discendente del pittore P. De Rosa (Prota-Giurleo, p. 32).
Il più antico documento riguardante il L. è datato 23 ott. 1699 e registra un pagamento di 40 ducati in favore dell'artista per una pittura eseguita su di una carrozza del duca Francesco Serra (Pasculli Ferrara, p. 41). Pochi mesi più tardi, nel gennaio del 1700, il L. venne pagato per quattro quadri a destinazione privata, non rintracciati (ibid., pp. 41, 54 n. 7).
Il 1700 fu presumibilmente l'anno del suo vero e proprio esordio come pittore "pubblico". In quell'anno, infatti, moriva il pittore N. Russo, autore del ciclo di decorazione della prestigiosa cappella Sannazzaro nella chiesa di S. Maria del Parto a Napoli; al L. vennero commissionati, a completamento dell'opera, alcuni Putti reggifestone su tela per l'arco che immette nella cappella, posta dietro l'altar maggiore.
In quest'opera, una delle prime tra quelle tramandateci dalle fonti, emergono con chiarezza i segni precoci di quella sensibilità rococò che è uno dei tratti caratteristici della produzione del L., anche in opere più tarde e in altri contesti.
Di poco successiva è una tela con la Strage degli innocenti, nella terza cappella a destra nella stessa S. Maria del Parto, posta di fronte a un dipinto di Russo con la Fuga in Egitto. L'opera è molto prossima ad alcune tele databili al 1701 che il L. firmò per la chiesa di S. Biagio in Aversa.
Cinque di esse, S. Benedetto, S. Scolastica, S. Ambrogio e l'imperatore Teodosio, S. Filippo che battezza l'eunuco, S. Caterina d'Alessandria, si trovano sulla controfacciata e una, S. Mauro che battezza gli storpi, sull'altare della quinta cappella a sinistra. In queste opere l'influsso di De Matteis, che si apprezzava già nei Putti di S. Maria del Parto, è chiaramente individuabile sia nelle tonalità rischiarate che in talune tipologie dei personaggi.
Sempre ad Aversa, il L. dipinse tre tele, il Tributo, firmata, Balam che combatte con l'angelo e Le nozze mistiche di s. Caterina, firmata, per la chiesa di S. Maria degli Angeli, ora annessa all'ospedale psichiatrico. Allo stesso periodo dei dipinti di Aversa si può assegnare una tela nella chiesa di S. Giovanni Battista a Marianella presso Napoli, S. Giuseppe col Bambinoe i ss. Gennaro e Agostino, in cui la modulazione atmosferica del colore, aspetto tipico della maniera giordanesca, testimonia il momento di maggior vicinanza del L. al maestro.
Negli anni tra il 1705 e il 1710 sono collocabili alcune opere attribuite un tempo a De Matteis ma oggi stabilmente inserite nel catalogo del L. su basi stilistiche, e in particolare per la vicinanza con le tele di Aversa.
Si tratta di un piccolo dipinto su rame con la Visitazione, attualmente nella collezione Pucci a Napoli, cui sono collegabili alcune piccole tele con episodi della Gerusalemme liberata, già presso Christie's a Londra (Martino, p. 71 n. 19). A queste ultime, in cui le "materie cromatiche dalle tonalità trasparenti" di derivazione giordanesca (ibid., p. 65) si adattano a una impostazione compositiva di matrice classica, marattesca, è stato riconosciuto un valore di anticipazione rispetto al gusto dell'Arcadia, che si affermerà, anche a Napoli, in un breve volgere di anni. L'evidente consonanza con le tematiche dell'Arcadia può essere considerata, nel caso del L., come termine dialettico di ispirazione rispetto al fortissimo polo d'attrazione che si venne costituendo a Napoli sin dagli anni Venti del Settecento attorno alla figura di F. Solimena.
Già nel 1708, anno della morte di Giordano, il L. firmò per la chiesa di S. Chiara a Rutigliano presso Bari una grande tela con l'Immacolata Concezione e i ss. Andrea e Nicola, la cui raffinata materia cromatica e il tipico dinamismo tardobarocco vengono collocati in uno schema piramidale classico e accademico, a prima vista riconducibile all'esempio di Solimena; la composizione nel suo insieme però è del tutto lontana dalla magniloquenza di quest'ultimo.
In un arco di tempo compreso tra il 1718 e il 1724, il L. lavorò a Napoli per i Brancaccio nel quadro dei rifacimenti settecenteschi che interessarono la biblioteca di famiglia e in seguito la cappella, conosciuta come chiesa di S. Angelo a Nilo.
Si tratta di una serie di Santi, in vario modo collegati ai Brancaccio, di alcuni tondi con Angeli, nella chiesa, e di dodici dei sedici ritratti di personaggi della famiglia, conservati nella biblioteca. Otto di questi, ovali, sono posti lungo le pareti laterali e raffigurano prelati e cardinali; gli altri quattro, collocati in una delle due pareti di fondo, ritraggono due personaggi in abiti militari e due in vesti da prelato. Nella chiesa è anche di sua mano una tela con Santi in adorazione del Volto Santo. Questo gruppo di opere veniva tradizionalmente assegnato al L. sulla scorta delle sole fonti (Orlandi, p. 458; De Dominici, p. 451; Sigismondo, II, pp. 45 s.); ma nel 1982 Pasculli Ferrara (p. 44) ha pubblicato un documento datato 29 dic. 1724, in cui è registrato un pagamento al pittore per alcune opere e ritocchi nella chiesa di S. Angelo a Nilo. Qui il tono è meno brillante che nelle opere precedenti e lo studio dei volumi segue con sicurezza l'esempio di Solimena, traducendosi in una maggiore consistenza delle figure, plasticamente definite attraverso il colore.
Attribuiti al L. sono anche due dipinti nella chiesa di S. Teresa a Monopoli, uno con la Trinità con i ss. Francesco di Sales,Gennaro e Biagio e un altro con i Ss. Michele ed Eudocia, vicini stilisticamente alla pala di Rutigliano e alle opere in S. Angelo a Nilo e dunque di datazione oscillante tra gli anni Dieci e Venti.
Intorno agli anni Venti vanno collocate due tele oggi al Kunsthistorisches Museum di Vienna, Agar nel deserto e Il sacrificio di Isacco, in cui è evidente la suggestione dell'intensità espressiva di Solimena, sebbene tradotta in un linguaggio più dimesso. È di fondamentale importanza ricordare, a questo punto della sua produzione, il viaggio che nel 1723 il L. fece a Roma insieme con il cognato De Matteis e con il pittore G. Mastroleo, in cui ebbe modo di frequentare e confrontarsi con la bottega di C. Maratta (Pasculli Ferrara, p. 46).
Tra la fine degli anni Venti e il 1732 il pittore intervenne a Napoli nella decorazione della chiesa della Cesarea (S. Maria della Pazienza).
Realizzò una serie di Virtù nei soprarchi delle cappelle laterali, due tele ai lati della porta d'ingresso, La vocazione di Pietro e La conversione di Saul, due semilunette con David e Mosè ai lati della finestra dell'abside e dieci tele con Profeti ed Evangelisti tra le finestre della navata centrale e nei pennacchi dell'arco trionfale. Inoltre, nella quarta cappella a destra, è sicuramente di sua mano la Flagellazione; mentre la Caduta sotto la croce è stata attribuita anche a N. Malinconico; nella cappellina cimiteriale dipinse la Crocifissione e, a olio nella volta del presbiterio, la Ss. Trinità. Nelle Virtù è forse ravvisabile il punto più alto della pittura del L. che, avendo ormai recepita da Solimena - ma anche dal marattismo romano - un'istanza di fondamentale chiarezza formale di matrice classica, recupera l'eleganza compositiva di De Matteis e perfino l'aerea luminosità di Giordano, con un risultato di grande raffinatezza.
Questo processo di sublimazione delle esperienze passate è riscontrabile ancora in opere pressappoco contemporanee, le Storie di s. Celestino nella chiesa dell'Ascensione a Chiaia, e le Storie di s. Antonino, nella chiesa dedicata al santo a Sorrento. Assai vicina a questo momento è la Natività, firmata e datata 1730, nella chiesa di S. Croce a Lecce. De Dominici cita, tra le opere che l'artista eseguì entro il 1744, ormai in tarda età, La Madonna e le anime purganti in S. Maria Verteceli, sempre a Napoli. Di recente però si è chiarito per via documentaria che ne fu autore G. de Vivo, mentre il L., insieme con D.A. Vaccaro ne fece la stima (Pasculli Ferrara, p. 47). Si può ipotizzare che proprio tramite Vaccaro, pittore noto e affermato, chiamato a Bari a curare il rifacimento della cattedrale, egli abbia ottenuto la commissione di due quadri per la stessa cattedrale, di cui non si conosce più l'ubicazione, che gli vennero pagati nel 1740 (ibid., p. 49).
Ancora in Puglia si trovano altre due opere di impostazione marattesca e molto vicine al De Matteis più classico, eseguite intorno agli anni Quaranta, la Vergine con i ss. Niccolò e Cataldo e i Ss. Benedetto, Bernardo e Francesca Romana, conservate nell'originaria ubicazione, al centro delle pareti laterali della chiesa dei Ss. Niccolò e Cataldo a Lecce.
Nel 1743 venne pagato per un dipinto con S. Francesca Romana nella cappella dedicata alla santa nella chiesa di Monteoliveto a Napoli, una sorta di "diretto omaggio al Maratta" (Pasculli Ferrara, p. 52), di cui riprende, con poche varianti, un'opera di identico soggetto nella chiesa di S. Angelo Magno ad Ascoli Piceno.
Considerata vicina agli anni di S. Angelo a Nilo, ma forse da posticipare e da accostare alla pala con S. Francesca Romana in Monteoliveto, è una tela con la Madonna tra i ss. Giuseppe e Gennaro nella chiesa di S. Marta a Napoli.
Tra le ultime opere del L. si colloca una Visitazione, firmata, nella chiesa di S. Maria del Popolo a Belvedere Marittimo in provincia di Cosenza.
Quest'opera raffinata può essere letta, nonostante il controllo formale di matrice classicista, come un estremo tributo a Giordano, quasi a suggello di un'attività che il L. seppe mantenere sempre in una posizione di grande apertura e di dialogo critico tanto rispetto alla pittura contemporanea quanto a quella della tradizione, dimostrando con ciò la sua piena comprensione della difficile lezione del maestro.
La sua ultima opera è probabilmente un'incisione firmata, conservata nell'Archivio generale dei padri scolopi a Roma, La Vergine che appare al beato Calasanzio, beatificato nel 1748 (Martino, p. 72; Pasculli Ferrara, p. 41). Nello stesso anno 1748 il L. morì a Napoli.
Alcuni discepoli testimoniarono presso un notaio la volontà dell'artista di essere sepolto nella chiesa di Montecalvario. Della sua sepoltura non esiste però alcuna traccia; ed è ipotizzabile che essa possa essere andata perduta nei restauri ottocenteschi della chiesa (Prota-Giurleo, p. 32; Pasculli Ferrara, p. 41).
Fonti e Bibl.: P.A. Orlandi, Abecedario pittorico, Napoli 1733, pp. 457 s.; B. De Dominici, Vite de' pittori, scultori ed architetti napoletani, III, Napoli 1745, pp. 451, 545; G. Sigismondo, Descrizione della città di Napoli e i suoi borghi, Napoli 1788-89, I, p. 128; II, pp. 42-46, 285; III, pp. 98, 159; G. Filangieri, Documenti per la storia, le arti e le industrie delle provincie napoletane, VI, Napoli 1891, p. 34; U. Prota-Giurleo, Un complesso familiare di artisti napoletani del sec. XVII, in Napoli. Rivista municipale, LXXVII (1951), 7-8, pp. 19-32; L. Martino, G.B. L.: un pittore rococò nella Napoli del primo Settecento, in Napoli nobilissima, XVIII (1979), pp. 62-72; D. Pasculli Ferrara, Contributi a G.B. L. e a Paolo De Matteis, ibid., XXI (1982), pp. 41-56; La pittura in Italia. Il Settecento, II, Milano 1990, pp. 475, 756; O. Ferrari - G. Scavizzi, Luca Giordano, l'opera completa, Napoli 1992, p. 191; Settecento napoletano. Sulle ali dell'aquila imperiale 1707-1734 (catal.), Napoli 1994, pp. 146, 417; Luca Giordano (catal.), Napoli 2001, pp. 448, 453; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXII, p. 245.