GONDI, Giovan Battista
Nacque a Firenze il 17 nov. 1589, terzo figlio di Alessandro e di Giovanna Ricci.
La famiglia, tra le più importanti di Firenze, dopo aver partecipato per secoli al governo repubblicano si era legata al principato mediceo, ricevendo cariche pubbliche e onorificenze. Un ramo, trapiantato in Francia ai primi del secolo XVI per seguire i propri interessi commerciali, aveva in breve raggiunto una posizione di rilievo presso quella corte, acquisendo il ducato di Retz e la carica di maresciallo di Francia per uno dei suoi membri. Nonostante la tradizione che voleva i Gondi impegnati nel governo cittadino prima e nelle cariche di corte poi, il padre del G. non si era interessato alla vita pubblica, preferendo dedicarsi a propri interessi culturali e a viaggi in vari paesi d'Europa.
A soli sette anni di età il G. fu inviato presso i parenti del ramo francese, per ricevere un'educazione in tutto simile a quella dei figli della nobiltà di quel paese. In Francia, protetto e benvoluto dal cardinale Pietro Gondi, vescovo di Parigi, e da Enrico Gondi dei duchi di Retz, membro del Consiglio del re, ebbe un'educazione da gentiluomo e abitò nel palazzo dei Gondi, uno dei più imponenti di Parigi.
Nel 1606 ricevette da Enrico IV la nazionalità francese. Il suo status lo rendeva particolarmente atto a fungere da ambasciatore residente del Granducato di Toscana. Dopo il riavvicinamento alla Francia, con Ferdinando I, la Toscana vi teneva una rappresentanza diplomatica stabile, anche se non sconfessò mai l'antica alleanza con la Spagna e in tutte le questioni che agitarono gli Stati europei mantenne una ferma e tenace neutralità. L'occasione di usare a favore della terra d'origine le sue relazioni con la corte di Francia venne al G. nel 1621, quando su richiesta di Luigi XIII l'ambasciatore straordinario toscano, Matteo Bartolini Baldelli, tornò a Firenze per riferire sulle trattative per la sistemazione degli affari degli avventurieri fiorentini Eleonora Dori Galigai e il marito Concino Concini. I due, profittando della protezione della regina madre Maria de' Medici, avevano cumulato ricchezze e costruito una posizione di primo piano alla corte di Francia. Un'inchiesta sui loro affari aveva scoperto i loro ingenti debiti con il Tesoro regio e con la stessa regina, che aveva anche comprato per loro il marchesato d'Ancre. Luigi XIII intendeva rivalersi sul denaro depositato dalla Dori nel Monte di pietà di Firenze. Un accordo in tal senso era già stato trovato, ma la morte del granduca Cosimo II nel febbraio 1621 aveva reso più aggressivo l'atteggiamento del re, che sperava di trarre profitto dalla debolezza della posizione delle reggenti; pertanto si rendeva necessario rinegoziare l'intera questione. Il Bartolini Baldelli fu pregato di rientrare a Firenze a tale scopo; egli era inoltre malvisto nella corte di Francia per la pregressa amicizia coi Concini e la perdurante parzialità per la regina madre, che il re aveva fatto rinchiudere nel castello di Blois. Bastò pertanto al G., subentrato al Bartolini Baldelli, muoversi con maggior tatto e più equidistanza del predecessore per giungere in breve a una soluzione accettabile da entrambe le corti: dei 200.000 scudi depositati dalla Concini nel Monte di pietà di Firenze, 120.000 sarebbero stati subito restituiti a Maria de' Medici; i rimanenti sarebbero rimasti presso l'istituto, che però avrebbe corrisposto gli interessi a Luigi XIII.
Il governo granducale, soddisfatto del suo comportamento, nominò il G. ambasciatore residente alla corte di Francia. Fu ricevuto in udienza pubblica dal re, cui presentò le lettere credenziali, nel luglio 1624. Non fu però altrettanto fortunato nelle trattative per il matrimonio tra Margherita de' Medici, figlia del defunto Cosimo II, e Gastone d'Orléans, fratello di Luigi XIII, fallite per l'opposizione del duca di Parma, cui la principessa toscana era stata promessa precedentemente. Il G. tentò di sostituirla con la sorella minore, Anna, ma l'ipotesi fu scartata per l'età ancora infantile di quest'ultima. Intanto nel 1623, durante una breve visita in Toscana, fu investito del titolo di cavaliere dell'Ordine di S. Stefano con una solenne cerimonia svoltasi nella sede pisana dell'Ordine.
Altro incarico particolare assegnato al G. fu di congratularsi con il re di Francia per il vittorioso assedio di La Rochelle, concluso nel dicembre 1628; presentò le congratulazioni del governo granducale nel successivo mese di gennaio. Oltre agli incarichi particolari, gran parte del suo carteggio fu dedicata a riferire gli episodi del contrasto ormai insanabile tra Luigi XIII e la madre, nato da risentimenti personali e da diversità di vedute in politica estera, dove la Medici mostrava di perseverare nella tradizione filospagnola della famiglia d'origine. Sul contrasto puntava anche il cardinale Richelieu per accrescere la sua influenza a corte.
Nel novembre 1630 il G. ottenne licenza di tornare a Firenze per suoi interessi privati, lasciando al suo posto, ad interim, il fratello Roberto. Il suo soggiorno nella città natale fu però piuttosto breve, anche perché la città viveva allora sotto l'incubo di una grave epidemia di peste. Tornato in Francia nel settembre 1631, apprese che Maria de' Medici, nel frattempo relegata dal figlio a Compiègne, era fuggita per rifugiarsi a Bruxelles presso l'arciduchessa Isabella. Il re, credendo che il G. fosse tornato per porgere aiuto alla madre, gli intimò di interrompere il viaggio a Lione; poi però, avendogli il G. mostrato le istruzioni avute dal granduca, gli permise di raggiungere la corte. In seguito, dopo molte insistenze, il G. ottenne anche il permesso di recarsi a Bruxelles a fare visita alla regina; la visita, tenuta quasi segreta per un accordo con Luigi XIII, accreditò la voce che il viaggio in Fiandra avesse lo scopo di trattare l'acquisto di navi per conto del granduca. Nell'incontro con Maria egli cercò di farle accettare l'offerta della famiglia granducale di ospitarla a Firenze con tutti gli onori, ma la regina rifiutò, sperando di essere richiamata a corte dal figlio (di lì a poco accettò di trasferirsi presso l'elettore di Colonia, ove morì il 2 luglio 1642).
Altri argomenti ricorrenti nella corrispondenza del G. con la corte di Toscana furono le ripetute istanze del granduca per ottenere il "trattamento regio", che avrebbe posto fine a una vecchia questione di precedenza con i duchi di Savoia, e le acrobazie diplomatiche per respingere le frequenti avances del Richelieu per indurre il granduca ad allearsi con la Francia, sconfessando la politica filospagnola seguita dalla Toscana fin dal 1557.
Il 15 marzo 1636 il G. ottenne il permesso di congedarsi definitivamente dalla corte di Francia, ove, in attesa di un successore, lasciò il disbrigo degli affari correnti al fratello Roberto. Con lettera patente del 12 ott. 1636 Ferdinando II lo nominò segretario di Stato, con diritto di succedere ad Andrea Cioli, primo segretario di Stato, in caso di morte di questo, evento che si verificò tre anni dopo. Nell'ufficio del primo segretario, vertice dell'apparato burocratico granducale, confluivano le istanze dei sudditi e la corrispondenza degli ambasciatori e agenti diplomatici. Nella scelta di un aristocratico quale il G. per un incarico prima sempre attribuito a funzionari di carriera, spesso di origine modesta ma dotati di preparazione tecnico-giuridica, gli storici hanno visto una minore considerazione della carica stessa da parte del granduca (Diaz, p. 386); di fatto nel granducato di Ferdinando II giunse al culmine un processo iniziato durante la sua minorità, che vide l'aristocrazia toscana occupare cariche pubbliche di ogni ordine e grado, anche quelle, come la segreteria di Stato, di spiccato carattere tecnico-amministrativo. In quanto segretario di Stato il G. fu membro di diritto del Consiglio di Stato, il collegio dei più fidati consiglieri del granduca, che aveva tra i compiti principali l'esame delle suppliche dei sudditi e l'istruzione delle relative pratiche, da sottoporre poi alla decisione del sovrano.
Raggiunta una posizione stabile in patria, il 15 ag. 1637 il G. sposò Maria Maddalena Buonaccorsi. Dal matrimonio nacquero diversi figli, tra cui Carlo Antonio e Ferdinando Alessandro. Nel 1641 egli fu eletto per tre anni gran cancelliere dell'Ordine di S. Stefano; nello stesso anno fu nominato senatore a vita, e in questo ruolo fu più volte luogotenente del granduca in seno al Magistrato supremo (1642, 1647, 1648, 1651, 1653, 1655, 1656, 1658, 1660, 1664).
Il 1° genn. 1643 Ferdinando II lo inviò a Venezia per partecipare ai negoziati con quella Repubblica e i Ducati di Parma e Modena per un'azione coordinata di risposta all'occupazione del ducato di Castro da parte di Urbano VIII, con l'aiuto della Spagna. L'azione militare come i trattati politici riuscivano poco efficaci per la disunione dei collegati, alimentata anche dalla Francia, cui giovava una lunga durata della guerra che impegnava in Italia una parte degli eserciti spagnoli, tanto che nel novembre dello stesso anno il G. dovette tornare a Venezia a riprendere le trattative, che sperava diventassero più incisive dopo accordi da lui presi con il duca di Modena per ottenere la mediazione del re di Francia. Il 31 marzo 1644, quale plenipotenziario del granduca di Toscana, firmò a Venezia l'accordo che poneva fine alla guerra di Castro.
Nel settembre dello stesso anno, dopo aver ricevuto la gran croce dell'Ordine di S. Stefano e il baliato di Pisa dello stesso Ordine, il G. fu inviato a Roma per seguire il conclave che doveva eleggere il successore di Urbano VIII, morto il 29 luglio. Nonostante la sciagurata guerra di Castro, costata molto in termini morali e materiali allo Stato pontificio, tra i cardinali il partito barberiniano era ancora molto forte. Oltre che riferire a Firenze sul conclave, egli doveva fiancheggiare l'azione del cardinale Carlo de' Medici e di altri in favore del cardinale Giovan Battista Pamphili, amico del granduca. Le manovre ebbero successo, e il Pamphili fu eletto con il nome di Innocenzo X. Prendendo congedo dal nuovo papa per tornare a Firenze, il G. ebbe l'assicurazione della prossima promozione al cardinalato di Giovan Carlo de'Medici, fratello del granduca.
Il G. morì a Firenze il 18 dic. 1664.
Fonti e Bibl.: La principale fonte per la biografia del G. è [J.] Corbinelli, Histoire généalogiquede la maison de Gondi, Paris 1705, pp. CXXX-CXXXVIII. Archivio di Stato di Firenze, Mediceo del principato, filze 3012a, 3019a, 4637, 4638, 4640-4645, 4647 (carteggio dalla corte di Francia: un sunto si trova in Inventari, 295, Indice della Segreteria Vecchia, tomo 19, Legazione di Francia, alla data 1621); 1474-1480 (carteggio al G. come primo segretario di Stato); 2652-2653 (carteggio al G. da Venezia come inviato straordinario); 3987 (carteggio da Roma); Archivio di Stato di Firenze, Archivio Mediceo delprincipato. Inventario sommario, Roma 1951, adind.; M. Del Piazzo, Gli ambasciatori mediceidelprincipato, Roma 1951, ad ind.; R. Galluzzi, Istoria del Granducato di Toscana sotto il governo dellacasaMedici, VI, Firenze 1781, pp. 145 s., 202; F. Diaz, Il Granducato di Toscana. I Medici, Torino 1976, ad ind.; G. Pansini, Le segreterie del principatomediceo, in Carteggio universale di Cosimo I de'Medici, I, a cura di A. Bellinazzi - C. Lamioni, Firenze 1982, pp. XLII s.