Gelli, Giovan Battista
Il noto scrittore e letterato fiorentino (1498 - 1563) tenne a Firenze fra il 1541 e il 1543 dodici " letture " dantesche (quasi tutte suddivise in varie " lezioni " e talune precedute da un' " orazione ") in quest'ordine cronologico: Pd XXVI 124-138 (1541); Pg XVI 85-94 (1543); Pg XXVII 127-142 (1551); If I-XXV (nove letture, 1553-1563); rimangono inoltre due frammenti su If XXVI 1-12 (1563). Le tre orazioni, ciascuna innanzi alle prime tre letture sull'Inferno, si propongono di dimostrare " la eccellenza di D. sopra gli altri poeti; che nello Inferno dantesco sono spiegate le diverse qualità de' peccati, e come l'uomo se ne possa mondare; come D. col suo poema ci porti alla cognizione della nostra vita immortale ".
L'esegesi trae origine, più che dall'intento apologetico secondo i propositi antibembiani dell'Accademia Fiorentina (cfr. Dialoghi, p. 123), dal riconoscimento di un ideale discepolato da parte del G., che sentiva di dovere a D. l'avvio a uscire dalla volgare schiera e farsi, lui umile artigiano, ottimo scrittore ed esperto di questioni filosofiche e linguistiche: se D. l'aveva tratto a libertà svelandogli la nobiltà del sapere e la dignità dell'umana ricerca del vero (sotto questo rispetto anche i Dialoghi sono un prolungamento della sua esperienza dantesca), la sua lettura verterà soprattutto, con fervore da neofita, sul complesso storico-dottrinale e sull'altezza morale della Commedia, con un'indefessa volontà di esplorarne tutti i significati possibili oltre la lettera, perché da essa, come dalla Scrittura, c'è da attendersi l'elevamento spirituale dell'umanità.
La ragione della diversità del suo commento rispetto a quelli umanistici, e della prossimità ai più antichi, sta proprio nell'assunto intellettualistico-morale che vi presiede, e che si rivela tutto nella singolare interpretazione, più volte ribadita, della selva oscura (If I 2) come " dubitazione della fede e della religione " e " confusione d'opinioni senza certezza perfetta di quello ch'e' dovesse credere " (ediz. Negroni, I 59 ss., 207, 597, 602). Che se poi lo spontaneo empirismo del G. e la sua idolatria dell'assoluta coerenza del maestro lo portarono a negare la paternità dantesca del De vulg. Eloq. (Dialoghi, pp. 307-308), gli suggerirono d'altro canto l'importante principio ermeneutico di spiegare " Dante con Dante ", cioè ricorrendo ad analoghi passi faciliori delle altre opere e specialmente del Convivio, perché ciò che il poeta " dice oscuro e dubbioso in un luogo, egli apre e dichiara poi in un altro " (II 293).
Un limite abbastanza notevole del commento gelliano, insieme con la tendenza a prevaricare nelle congetture, è che l'enorme corredo esplicativo sembra a tratti dissolvere il testo dantesco nel suo stesso alone di significati e spunti dottrinali e scientifici, a scapito dell'interpretazione estetica, non del tutto assente (cfr. il paragone fra D. e Michelangelo da una parte, e Petrarca e i Fiamminghi dall'altra: I 330-331) ma piuttosto generica e riportata costantemente alla consueta base dei principi aristotelico-oraziani.
Bibl.- G.B.G., Commento edito e inedito sopra la D.C., a c. di C. Negroni, Firenze 1887; ID., I Dialoghi, a c. di R. Tissoni, Bari 1967; M. Barbi, Della fortuna di D. nel sec. XVI, Pisa 1890, 202-210; V. CIAN, Varietà letterarie del Rinascimento. Il. Una polemica dantesca nel sec. XVI: il Bembo, il Dolce ed il G., in Raccolta di studii critici dedicata ad A. D'Ancona, Firenze 1901, 37-41; F. Maggini, La critica dantesca dal '300 ai nostri giorni, in Questioni e correnti di storia letteraria, Milano 1949, 131-132; I. Sanesi, Introduzione alle Opere del G., Torino 1952, 9-10; E.N. Girardi, D. nell'umanesimo di G.B.G.: le ‛ Letture sopra la Commedia ', in " Aevum " XXVII (1953) 132-174; ID., G.B.G., in Letteratura italiana - I Minori, II, Milano 1961, 1125-1128; C. Lagomaggiore, Le ‛ Letture sopra lo Inferno ' di G.B.G., in Miscellanea in onore di Roberto Cessi, II, Roma 1958, 97-112; E. Bonora, Il classicismo dal Bembo al Guarini, in Storia della letteratura italiana, IV, Milano 1966, 615.