FIORILLO, Giovan Battista
Primogenito di Silvio, il ben noto Capitan Matamoros, nacque presumibilmente a Napoli tra la fine del sec. XVI e i primissimi anni del XVII. Avviato ben presto alla carriera scenica dal padre, cominciò a recitare come secondo zanni con il nome di Scaramuccia. Compiuto l'apprendistato nell'ambito familiare, fece all'inizio coppia con il padre, il quale ne seppe promuovere le qualità di attore.
La prima apparizione certa del F. sui palcoscenici dell'arte risale al 1614, anno in cui recitò insieme con il padre nella compagnia degli Uniti, che si esibì durante l'estate a Genova, nell'autunno a Firenze e nel carnevale del 1615 a Ferrara. Un accenno in una lettera scritta dall'Arlecchino Tristano Martinelli a Francesco IV, duca di Mantova, da Firenze il 26 nov. 1612 ("da là a tre giorni è gionto qui il Capitano Matamoros con la metà della sua famiglia") indurrebbe ad anticipare l'inizio della sua professione comica. Facendo coppia stabile con l'affermato genitore, il F. recitò all'inizio di agosto del 1615 nella stanza di S. Giorgio dei Genovesi a Napoli, poi tra ottobre e novembre in quella della Porta della Calce con la compagnia del milanese Stefano Castiglioni in arte Fulvio. Il 1° dic. 1615 siglò come Scaramuzza il contratto per recitare nella stanza napoletana che fu di Carlo Fredi, sempre con la troupe diretta dal Castiglioni. Lasciati momentaneamente i teatri pubblici, dinanzi a P. Fernandez de Castro. viceré di Napoli, "Silvio Fiorillo con Scaramuzza" rappresentarono il 28 dic. 1615 La pazzia di Odando, di cui fu probabile autore B. Zito. I due, insieme con Federico e Benedetto Ricci, in arte Leandro, con Stefano Castiglioni ed altri, si trovarono a Modena alla fine di dicembre del 1616; di là dovettero trasferirsi a Ferrara per il carnevale del 1617.
Seguendo gli spostamenti del padre, il F. alternò le sue presenze sulle scene di Napoli con quelle sui palcoscenici dell'Italia centrosettentrionale, che divennero in seguito il suo circuito preferito. Nel 1619 si unirono alla compagnia degli Accesi diretta da Pier Maria Cecchini in arte Frittellino e, trascorsa l'estate forse alla corte di Urbino, fu in autunno certamente nello stanzone fiorentino delle commedie, dove, a detta del padre, "continuamente recita" (Arch. di Stato di Mantova, Autografi, 10, c. 313r), riscuotendo un particolare successo di pubblico. Nell'ottobre del 1620 i due si recarono a Bologna, aggregati di nuovo alla compagnia del Castiglioni. Dopo questa parentesi i Fiorillo rientrarono a far parte della formazione del Cecchini, con il quale raggiunsero nel dicembre del 1620 Piacenza. Qui il F. mutò il nome di Scaramuccia in quello di Trappolino, più legato alla tradizione teatrale napoletana, lasciando il primo in eredità al fratello minore Tiberio. Nel carnevale del 1621 andò con la stessa troupe a Mantova, poi forse lasciò la Lombardia per Napoli, dove sicuramente fece ritorno Silvio nel maggio dello stesso anno. In seguito il F. e il padre, quali attori della compagnia del Cecchini, sottoscrissero il contratto per la stagione comica del veneziano teatro S. Salvador, dove recitarono dal novembre del 1623 fino al carnevale del 1624.
Nei due anni successivi il F. conobbe e sposò l'attrice Prudenza Cavriani, e il vecchio Silvio scrisse a Mantova: "io non posso più disporre di mio figlio per esser egli amogliato" (Arch. di Stato di Mantova, Gonzaga, 1557, cc. n.n.). I tre all'inizio del 1627 si trovarono a Bologna nella compagnia degli Affezionati diretta da Marc'Antonio Carpiani, in arte Orazio; a dicembre invece padre e figlio seguirono probabilmente Giovan Battista Andreini nella tournée praghese. Ancora con gli Affezionati il F. lavorò a più riprese almeno per due anni, dal 1632 al 1634. Era con il Carpiani anche nel gennaio del 1635; nell'aprile dello stesso anno si trovava a Bologna con la moglie, nel dicembre del 1636 a Venezia.
In questo lasso di tempo cercava nuovi sodalizi artistici. Almeno dal 1639 risulta sposato con Beatrice Vitali. un'attrice che in quell'anno fu fatta rapire dal conte B. Ghislieri, e dalla quale forse ebbe un figlio. Con lei il F. condivise il resto della sua vita affettiva ed artistica. Quale membro della "compagnia della signora Beatrice", egli recitò a Bologna nell'ottobre del 1642, dove si ritrovò anche nell'autunno dell'anno successivo, quando la formazione guidata dall'attrice fu richiesta a Firenze al teatro della Dogana.
L'autunno del 1646 lo trascorse a Torino alla corte dei Savoia; di là dovette probabilmente trasferirsi a Modena. Avendo al suo seguito Jacopo Antonio Fidenzi, in arte Cinzio, il Carpiani e l'immancabile consorte, fu al servizio del duca di Parma nell'autunno del 1647 e nell'anno comico successivo. Rimasto senza ingaggio per il 1650, fu richiamato dal fratello Tiberio a recitare con lui presso la corte fiorentina dal 1° novembre fino a Natale. Per il carnevale del 1651 si spostò a Roma e, al fine di migliorare la propria formazione, cercò di inserirvi il napoletano Marco Napolioni, in arte Flaminio, il quale avrebbe dovuto compensare l'indisposizione del vecchio Fidenzi. Ma il sodalizio artistico fra F. e il Napolioni fu attraversato da vari dissapori e finì con la tournée romana.
Negli anni immediatamente successivi il F. riprese i rapporti con la corte dei Savoia; forse da Torino si trasferì a Parigi, dove si trovava nel giugno del 1654. Di ritorno dalla Francia, la compagnia si fermò nuovamente a Torino, da dove, trascorsa l'estate, avrebbe dovuto recarsi a Venezia, ma agenti medicei riuscirono a condurlo per l'autunno a Firenze. Il F. ebbe nella sua compagnia per quell'occasione, oltre a Beatrice, B. Ricci e Carpiani. Per l'autunno del 1655 venne riconfermata la sua presenza a Firenze dove recitò ancora una volta nel teatro della Dogana; lasciata Firenze, nel gennaio del 1656 si fermò a Bologna, da dove raggiunse Venezia, chiamato per esibirsi nel teatro di S. Luca. Agli inizi del 1657 ritornò a Firenze, questa volta insieme con il Napolioni, come risulta da una mancia elargita loro dal granduca Ferdinando II.
Le tracce documentarie sul F. a questo punto si esauriscono. Sulla scena da circa quarantacinque anni, morì in data imprecisata.
Il suo ricordo vive nelle pagine di due commedie scritte da Silvio Fiorillo, Li tre capitani vanagloriosi (Napoli 1621) e La Lucilla costante con le ridicolose disfide e prodezze di Policinella (Milano 1632), nelle quali compare il personaggio di Scaramuccia. Quello di Trappolino ha invece un riscontro iconografico nel giovane zanni "Trapolino", messo a confronto con il vecchio "Baltram" nel codice realizzato in piume di uccello da D. Menaggio verso il 1618. Sia all'inizio come Scaramuccia, sia più tardi e più a lungo come Trappolino, il F. interpretò sempre in commedia la parte ridicola di secondo zanni, il servo sciocco che recitava in lingua napoletana, motore di qui pro quo e di equivoci scenici.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Ferrara, Bentivoglio, Lettere sciolte, 82, cc. 287rv, 422r; 88, cc. n.n.; Archivio di Stato di Firenze, Mediceo del principato, 5164, c. 49r; 5307, cc. 425r, 618r; 5308, cc. 352, 356r; 5345, cc. 190r, 207r, 208rv-209r; 5531, cc. 20r, 87r, 106r, 108rv; 5368, c. 13017; 5347, cc. 188rv, 190r, 386r-387r; Ibid., Miscellanea medicea 302, inserto 3, cc. 11r, 12v, 27v, 28r, 33v; Ibid., Notarile moderno, 15907, c. 181r; Archivio di Stato di Mantova, Autografi, 10, cc. 312rv, 33r-314r; Ibid., Gonzaga, 1175, c. 366r; 1557, cc. n.n.; Archivio di Stato di Napoli, Notai del Seicento, Notaio G.L. De Divitiis, sch. 84, prot. 4, c. 510r; A. Costantini, La vita di Scaramuccia (1695) a cura di G. Davico Bonino, Torino 1973, p. 7; F.S. Bartoli, Notizie istoriche de' comici italiani..., I, padova 1781, p. 222; L. Rasi, I comici italiani..., I, Firenze 1897, pp. 927 s.; P. Bettoli, I Fiorilli, in Rivista teatrale italiana, X (1905), p. 100; A. Neri, Fra i comici dell'arte, ibid., XI (1906), pp. 110 s.; I. Sanesi, La commedia, I, Milano 1954, pp. 534 s.; U. Prota Giurleo, I teatri di Napoli nel '600. La commedia e le maschere, Napoli 1962, pp. 27 s., 59 ss.; N. Mangini, I teatri di Venezia, Milano 1974, pp. 49 s.; L. Zorzi, Il teatro e la città. Saggi sulla scena ital., Torino 1977, p. 253; A. Evangelista, Il teatro dei comici dell'arte a Firenze (ricognizione dello "Stanzone delle Commedie" detto di Baldracca), in Biblioteca teatrale, 1979, nn. 23-24, p. 76 n. 14; F. Taviani - M. Schino, Il segreto della commedia dell'arte. La memoria delle compagnie ital. del XVI, XVII e XVIII secolo, Firenze 1982, p. 103; A. Evangelista, Le compagnie dei comici dell'arte nel teatrino di Baldracca a Firenze: notizie dagli epistolati (1576-1653), in Quaderni di teatro, 1984, n. 24, p. 62; G. Checchi, Due lettere ined. di Silvio Fiorillo, ibid., p. 74; Id., Silvio Fiorillo in arte Capitan Mattamoros, in Quaderni di storia e arte campana, 1986, n. 9, p. 17; S. Ferrone, L'invenzione viaggiante. I comici dell'arte e i loro itinerari tra Cinque e Seicento, in Il Castello di Elsinore, II (1988), p. 18 n. 11; M. Marigo, Angiola D'Orso, comica dell'arte e traduttrice, in Biblioteca teatrale, 1990, n. 18, pp. 86 s.; S. Ferrone, Attori mercanti corsari La commedia dell'arte in Europa tra Cinque e Seicento, Torino 1993, p. 40 n. 46 e fig. 60; D. Landolfi, Silvio Fiorillo, in Comici dell'arte. Conispondenze, a cura di C. Burattelli - D. Landolfi - A. Zinanni, Firenze 1993, I, p. 330; II, pp. 24, 30, 36, 62, 66-69; T. Megale, Figli d'arte. G. B. F. alias "Trappolino", in Il Castello di Elsinore, VII (1994), 20, pp. 71-86.