CRISPO, Giovan Battista
Nacque a Gallipoli (Lecce) verso la metà del sec. XVI da Signorello, ricco mercante napoletano, e Giulia Soffiano gallipolitana.
Non si conosce con certezza l'anno, della nascita, nonostante i suoi più autorevoli biografi, dal De Angelis al Catalano, concordino nell'indicare il 1550. In realtà, per quell'anno e per quelli immediatamente precedenti o seguenti, nel Registro dei battezzati della parrocchia di S. Agata (1545-1552) di Gallipoli non vi è alcun riferimento ai natali del Crispo.
Educato agli studi filosofici da due umanisti del luogo, Tommaso Giannuzzi e Francesco Mazzucci, il C., verso il 1571, abbandona la modesta Gallipoli per trasferirsi nella colta e prospera Napoli. Qui prosegue gli studi sotto la guida di Francesco Storella e Giovanni Bernardino Longo, approfondisce la dottrina di Aristotele, studia matematica e cosmografia, poi medicina e anatomia presso Antonio Pisano, affina le capacità oratorie in lunghe dispute pubbliche con i neoplatonici. Trascorre anni di intenso studio che coincidono con la piena maturazione intellettuale.
Diviene amico di Giovan Battista Caracciolo, Alfonso Rota, Antonio e Bernardo Cardines successivamente, per sopravvenute difficoltà economiche, è lettore presso i padri olivetani e precettore in casa di Angelo Di Costanzo e Flaminio Caracciolo.
Particolarmente importante si rivela l'incontro col Di Costanzo, poeta e scrittore oramai affermato, che alimenta nel C. l'amore per la poesia. Le prime esercitazioni poetiche risalgono, infatti, al 1576 con una corona di otto sonetti apparsi a Napoli nella miscellanea In funere Sigismundi Augusti regis Poloniae, per Giuseppe Cacchi, stampatore, cc. 89r-91v seguite, nel 1585, dal sonetto compreso nelle Rime et versi in lode della Illustrissima et Eccellentissima S. D. Giovanna Castriota Carrafa (sempre per il Cacchi, ma in Vico Equense), p. 83.
Intanto, verso il 1591, si reca a Roma in compagnia del discepolo Alessandro di Sangro, dove, salvo sporadiche assenze, soggiornerà fino alla morte.
È inoltrato negli ambienti colti ed ecclesiastici, e stringe amicizia con i cardinali Francesco Toledo, Federico Borromeo, Odoardo Farnese, l'annalista Cesare Baronio, il gesuita Roberto Bellarmino, il teologo Bartolomé de Carranza. Nello stesso anno pubblica La pianta della città di Gallipoli, dedicata a Flaminio Caracciolo e, presso Vincenzo Accolti, il De medici laudibus oratio. Nel 1593 dà alle stampe, dapprima per Francesco Coattino e poi per Luigi Zanetti, la Vita di Giacopo Sannazaro, succinto ma documentatissimo studio sulla vita e sulle opere del poeta napoletano contemporaneamente cura l'edizione, avvenuta a Napoli per Giovanni Tomaso Todino, delle Rime del Sig. Ascanio, Pignatello. Al 1594 risalgono, invece, Due orationi della presente guerra contra' turchi dell'anno 1594, e la prima parte, concernente la filosofia di Platone, del De ethnicis philosophis caute legendis disputationum (entrambe per i tipi dello Zanetti), erudito compendio, dedicato a Odoardo Farnese, per leggere con cautela le dottrine dei filosofi pagani.
Assai incerta è la data della morte. Alcuni autori, come il Ravenna (p. 528), sostengono che il C. sia deceduto di febbre maligna nel 1595 altri, invece, come Michele Tafuri curatore della biografia del Catalano, tra il 1596 e il 1598. "Io la crederci avvenuta - afferma il Tafuri - non prima del 1596 né dopo il 1598 ricavandolo dalle stesse parole del Catalano, ove dice che il Crispo fu conosciuto dal cardinal Baronio, assunto a tal grado nel 1596 ed ancor conosciuto dal padre Bellarmino ora cardinale. Dunque, quando fu fatto cardinale nel 1598 [ma 1599] il Bellarmino, era già morto il Crispo" (Catalano, p. 100).
Spirito eclettico, nonché formidabile erudito, il C. dimostrò una profonda conoscenza di quasi tutte le discipline coltivate nel suo tempo, affiancando a doti non comuni di ricercatore, dovizioso e infaticabile straordinarie capacità di sintesi, che lo condussero spesso a importanti risultati. Poeta virtuoso e versatile nelle Rime, cartografo nella Pianta della sua città, fu biografo informatissimo nella Vita del Sannazaro, perito filologo nell'edizione delle Rime del Pignatelli, oratore facondo nel De medici laudibus e nelle Due orationi, inflessibile censore del platonismo nel De ethnicis philosophis.
Tra le opere sono ancora da ricordare un'orazione latina ad Annibale Balsamo del dicembre 1571, conservata apografa nel manoscritto D 2 della Bibl. arcivescovile "A. De Leo" di Brindisi. Secondo il De Angelis (II, p. 56), infine, il C. lasciò manoscritti la seconda e terza parte del De ethnicis philosophis, Dissertazioni, Discorsi, Poesie varie, e le Animadversione in animarium platonicum Marsilii Ficini, delle quali, tuttavia, si è persa ogni traccia.
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