CINI, Giovan Battista
Nacque a Pisa il 30 giugno del 1528 (1529 stile pisano) da una famiglia di mercanti di lana e fu battezzato con il nome di Giovanni nella cappella di S. Piero in Padule. Rimasto in tenera età orfano del padre Francesco di Giovanni, il C. venne preso sotto la protezione del duca Cosimo I, che nel 1540 lo fece portare a Firenze e ivi allevare ed educare. Ancor giovane entrò nell'Accademia Fiorentina: lì il, 25 marzo 1547, essendo console Selvaggio Ghettini, pronunciò pubblicamente l'organizzazione funebre in onore di Francesco Campana, consigliere e servitore di casa Medici; e in data imprecisata tenne una lettura "in privato". Il 6 sett. 1548 gli fu conferita la modesta carica di provveditore che conservò solo per un semestre, col salario di 4 scudi. Il 23 ottobre dello stesso anno chiese con un'orazione pubblica la cittadinanza fiorentina al Senato e l'ottenne.
Il C., entrò nella vita culturale fiorentina con una fisionomia fortemente "medicea". Quale posizione occupasse precisamente nell'entourage cosimiano, non è dato sapere, né quali fossero le sue fonti di sussistenza. Doveva godere comunque, di ottime condizioni economiche, se poté acquistare nel 1551 la splendida villa "Le Rose", che divenne la sua residenza preferita. Ebbe due mogli, Maria Berardi e Alessandra di Luigi d'Alberto Altoviti, ma ignoriamo le date dei matrimoni. Dalla Berardi ebbe almeno due figli: Cosimo e Francesco. Il secondo ereditò dal padre le propensioni letterarie.
Il C. occupò raramente posizioni di primo piano, ma questo doveva rientrare in qualche modo nel carattere dei suoi uffici di intelligenza a servizio: ufficio tanto più delicato e importante in quanto esercitato da un figlio "collaborazionista" della città un tempo rivale e poi asservita. Fu in stretta amicizia con Vincenzo Borghini, il priore degli Innocenti, vera autorità intellettuale di quegli anni, e tenne con lui un intenso carteggio (dal 1566 nelle lettere al Borghini il C. si firma "compare"). Il C. consiglia, rivede scritti altrui, media rapporti con terze persone. viaggia per sbrigare missioni, restando sempre nell'ombra. Soprattutto appare a noi come uomo di spettacolo: autore di testi teatrali, di canzoni per mascherate camascialesche, organizzatore e descrittore di feste e pompe, intermezzi, visualizzazioni di temi mitologici. Fu probabilmente il Borghini ad attirarlo col tempo verso l'antiquaria e la storiografia. Non di rado le fatiche del C. uscirono in pubblico anonime: e, le attribuzioni che si son potute fare lasciano sorgere sospetti che i suoi scritti siano stati più numerosi di quelli attualmente noti.
L'interesse per lo spettacolo nel C. è documentato appieno dal 1559, Per un carnevale compose il Canto de' venti, che l'amico Lasca incluse nel 1559 della sua raccolta fiorentina di trionfi, carri, mascherate e canti carnascialeschi. I primi tentativi di scrittura di un'opera drammatica sono attestati da una lettera al Borghini del 6 giugno 1561.
Nel 1565 Cosimo realizzò l'ambizioso matrimonio tra il figlio primogenito Francesco e Giovanna d'Austria, figlia dell'imperatore Ferdinando I. A Firenze furono decretati festeggiamenti sontuosi per accogliere la sposa. Numerosi artisti, sotto la guida del Vasari furono chiamati a illustrare un grandioso programma di otto archi trionfali, ideati dal Borghini e intesi a glorificare i Medici e lo Stato toscano. Si sa che il Borghini inviò a Cosimo una relazione sull'invenzione il 5 aprile. Ma è del 20 maggio una lunga lettera del C. al Borghini, in cui, dietro richiesta esplicita, egli rivede e integra il progetto iconografico di due archi: l'ultimo, quello della Prudenza civile (inneggiante alla saggezza e alla magnanimità di Cosimo), e il primo (attività produttive di Firenze). Le proposte dei C. furono poi parzialmente recepite nella realizzazione finale. Ufficialmente al C. fu affidato l'allestimento di uno spettacolo teatrale.
Prima dell'11 novembre fece pervenire a Francesco de' Medici il programma autografo degli intermezzi (quadri e madrigali), ideati sul tema della favola di Amore e Psiche di Apuleio. A questa data il C. ignorava ancora quale commedia si sarebbe rappresentata, come egli stesso dichiara: e ciò serva a far intendere come fosse semplicemente rituale l'esigenza da lui stesso espressa altrove e più tardi che gli intermezzi non fossero del tutto sganciati dal testo rappresentato. Ai primi di novembre la scelta della commedia cadde sulla Cofanaria, opera inedita di Francesco D'Ambra, passata dopo la morte dell'autore (1558) in possesso di suo figlio Vincenzo. Il C. fece un vero e proprio adattamento del testo "alla moderna": tolse "modi di dire duri", scrisse un prologo apposito, introdusse "Barbino et un Tedesco", le cui parole furono tradotte da I. Dani. All'ultimo momento (il 24 dicembre) anche gli intermezzi furono tradotti in tedesco per uso personale della sposa. La rappresentazione avvenne il 26 dicembre nella "gran sala" dì Palazzo Vecchio. Alessandro Striggio e Francesco Corteccia musicarono i sei intermezzi (lo Striggio il primo, il secondo e il quinto; gli altri il Corteccia: sono state ritrovate o ricostruite solo le musiche del primo e del quinto); alla scenografia lavorarono il Vasari e Federico Zuccari (di cui son rimasti tre bozzetti per il sipario); gli effetti e i movimenti scenici (le mirabolanti "imitazioni" eseguite a scena aperta) furono opera del geniale Bernardo Buontalenti. Fu un grande successo. Un anonimo (quasi certamente Domenico Mellini) fece subito stampare presso i Giunti un opuscolo intitolato Descrizione dell'apparato della Comedia et intermedii d'essa..., che rapidamente giunse alla quarta impressione. L'ipotesi che quest'operetta sia del C. è da respingere. Anzi il C. restò così seccato dell'operazione, che fece curare una nuova stampa dall'amico Lasca: lo stesso anno 1566, presso Torrentino e Pettinati, uscì la Cofanaria (con premessa di A. Ceccherelli), accompagnata dal fascicoletto degli intermezzi.
I festeggiamenti per le nozze continuarono nel 1566. La partecipazione del C. agli altri spettacoli e alle descrizioni a stampa che di alcuni seguirono subito è stata variamente ipotizzata: ma non si hanno prove.
Il 9 maggio 1566 troviamo il C. occupato a curare le rime di G. B. Strozzi (evidentemente il Vecchio) su richiesta del Borghini. Un anno dopo egli ha per le mani almeno due lavori: una commedia in versi, mescidata di vari dialetti (La vedova), giunta alla fine del primo atto, e la descrizione delle feste del 1565-66.
Quest'ultima opera, nota come "Descrizione dell'apparato fatto in Firenze per le nozze di Francesco de' Medici e Giovanna d'Austria" (in realtà non ha titolo) fu commissionata al C. dal Vasari per il tramite del Borghini. L'artista voleva lasciare testimonianza della parte avuta da lui stesso e dagli accademici del Disegno nei grandi festeggiamenti medicei; e le descrizioni che già circolavano a stampa non dovevano andargli molto a genio. Non avendo tempo per ricostruire lui opere ed avvenimenti ricchi e complessi, volle approfittare del proprio potere e della condiscendenza del C.: l'accordo fu che il letterato avrebbe steso la narrazione e che il Vasari l'avrebbe inserita nelle Vite, dandola per opera di un amico. Il C. lavorò con impegno, per vari mesi, avendo cura di rivedere la documentazione originale e di mostrare via via le parti del lavoro al Borghini, al Vasari e ai suoi signori. Inserì nella descrizione i suoi intermezzi per la Cofanaria e corresse tacitamente il Discorso sopra la Mascherata della Genealogia degl'Iddei de' Gentili di B. Baldini, Firenze 1565, come fa sapere in toni vivacemente polemici in una lettera al Borghini. Alle pressioni del Vasari e del Borghini il C. resistette solo quando tentarono di fargli abbassare l'ampollosità dello stile. La stampa del pezzo fu tormentata e il C. dovette combattere non poco coi Giunti, che riluttavano a inserirlo nelle Vite; essi però dovettero piegarsi all'intervento diretto, sollecitato dal Vasari, di Cosimo. Le Vite sono del 1568; la descrizione in esse è presentata come scritto di "persona oziosa, e che della nostra professione non poco si diletta, ad amico stretto e caro che queste feste veder non potette" (Vasari, Vite, III, 2, p. 881).
Verso la metà 1566 - metà 1567 il C. prega il Borghini di intervenire presso chi può (Baccio Taddei) perché si concedano nuovi crediti ai suoi parenti di Pisa, che avrebbero subito rovesci economici ad Ancona (per colpa del compagno di Cosimo Cini) e in Fiandra. Il 27 apr. 1569 giunse in visita a Firenze l'arciduca Carlo d'Austria, fratello di Giovanna. Ancora una volta il C. svolse una parte fondamentale nei festeggiamenti. Il 1° maggio fu rappresentata la sua commedia La vedova.
L'opera è in endecasillabi sciolti, con l'eccezione delle canzonette; dramma d'intreccio. si svolge in cinque atti; oltre al toscano, sono presenti quattro dialetti (approssimati), affidati a quattro tipi regionali italiani (il bergamasco, il veneziano, il napoletano, il siciliano). Il C. inventò anche gli intermezzi (il carro della Fama; il ritorno dei poeti del passato; le nuvole; trasformazione dei contadini in ranocchie; Diana con le ninfe; gli dei nel cielo) e compose i relativi madrigali. Lo Striggio scrisse le musiche (abbiamo quelle del secondo e terzo madrigale). Baldassarre Lanci da Urbino disegnò le scene, che furono tre (resta solo il disegno dell'ultima). I cambiamenti di scena, operati coi periaktoi, e la metamorfosi dei contadini furono realizzati dal Buontalenti. La rappresentazione, in Palazzo Vecchio, ebbe un successo strepitoso. I Giunti stamparono subito la commedia e., a parte, una descrizione degli intermezzi nel Raccolto delle feste...; una descrizione più ampia, con il testo dei madrigali uscì contemporaneamente presso Bartolomeo Sermartelli a cura del libraio Giovanni Passignani (Descrittione dell'intermedii...) in una forma che deve essere sostanzialmente quella dell'autore stesso. Che gli intermezzi siano opera del C. non dicono né il Raccolto né la Descrittione e qualche studioso ha dubitato, ma è positivamente testimoniato da E. Danti.
Nel febbraio del 1570, per carnevale, fu fatta in Pisa la mascherata delle bugie: il C. compose il canto. La fama della sua abilità nell'organizzazione di spettacoli si estendeva oltre Firenze. In data anteriore al 1571 fu invitato dai padri del monastero della Croce di Fonte Avellana ad allestire un apparato di festa per una visita cardinalizia.
Il 2 genn. 1572, su consiglio dei Borghini, Cosimo propose al console dell'Accademia di far scrivere le "regole della lingua toscana" dal C., B. Barbadori e B. Davanzati. Il 2 febbraio dello stesso anno il C. era a Roma, dove si fermò fino ai primi di maggio, insieme col Vasari, per curare una faccenda delicata presso un personaggio, influente (probabilmente tentava pressioni di sostegno all'azione difensiva dei Fiorentini nella questione della censura del Decameròn).
Intanto era morto Cosimo. Vecchi eruditi attribuiscono al C. la Descritione della pompa funerale fatta nelle essequie del ser.mo Sig. Cosimo de' Medici Gran Duca di Toscana..., Fiorenza 1574: ma non si hanno né prove né indizi a favore della paternità.
Nel settembre 1576 troviamo il C. e il Borghini intenti a fare insieme imprese e medaglie su richiesta della casa imperiale; nell'ottobre le imprese furono tradotte in latino da Belisario Vinta. Nel 1577 il C. portò a compimento la sua seconda commedia, Il baratto.
Veramente un progetto di ritorno al teatro è attestato in anni precedenti; intorno al '72-74 gli era venuto il "capriccio" di fare una commedia "breve et facile, ove intervenissero tutte donne, o se pur pure qualche huomo, quello fusse o putto o giovanetto". Ma di tale idea non si sa poi più nulla.
Il 20 maggio 1577 nacque, a Francesco I e Giovanna d'Austria l'atteso figlio maschio. Il 24 giugno il C. inviò a Francesco I la sua commedia provvista degli intermezzi (ma non dei madrigali), perché fosse inserita nel programma dei festeggiamenti per il battesimo. Al momento il C. supponeva che il bambino si sarebbe chiamato Cosimo come il nonno (su ciò è costruito il secondo intermezzo); si chiamò invece Filippo per convenienze di politica internazionale e fu battezzato il 29 settembre. Che Il baratto sia stato rappresentato si asserisce, ma non è documentato: anzi tutto fa credere proprio il contrario. La commedia restò manoscritta nell'esemplare di dedica con la lettera autografa del C. a Francesco I.
Fra la fine del 1578 e l'inizio del 1579 il C. era "capitano" a Montepulciano: di li mandava lettere al Borghini in risposta a richieste su stemmi ed epigrafi riguardanti famiglie illustri e sulle storie dello pseudo Caio Vibenna (ossia Leonardo Dati). Nel 1583 aveva già portato molto avanti e forse aveva già compiuto la monumentale Historia della vita et fatti del S.or Cosimo de Medici Gran Duca di Toscana in otto libri. Il 4 luglio si rivolgeva a monsignor lacopo de' Guidi, già segretano di Cosimo, per chiedergli "motti o rescritti salsi e prudenti" del granduca da inserire nell'epilogo della biografia. Il manoscritto della Historia contiene molte correzioni d'autore non stilistiche, bensì contenutistiche, che testimoniano uno sforzo di autocensura (o di censura indotta) di segno essenzialmente politico. L'opera restò inedita alla morte dell'autore avvenuta a Firenze nel 1586 (fu sepolto il 7 ottobre in Ognissanti).
La Historia fu pubblicata presso i Giunti nel 1611 daI figlio Francesco. Ma è ancora medito lo strato redazionale rifiutato. Una parte del libro VII, con titolo Congiura di Pandolfo Pucci et altri cittadini fiorentini contro al Duca Cosimo, ha avuto una sua diffusione manoscritta.
Opere edite: Canto de' venti, in Tutti i Trionphi, Carri, Mascheaate [sic] o canti Carnascialeschi..., a cura del Lasca, Fiorenza 1559, pp. 229-230, ristampato in Tutti i trionfi..., Cosmopoli [Lucca] 1750, I, pp. 254-256 (con preteso ritratto del C.), e in Canti Carnascialeschi..., a cura di O. Guerrini, Milano 1883, pp. 160-161; Bugie, in Saggio di rime..., Firenze 1825 e 1847, pp. 228-231, ristampate parzialmente da G. Leopardi nella Crestomazia italiana poetica, Milano 1828, pp. 75-77 (edizione a cura di G. Savoca, Torino 1968, pp. 65-67); La vedova, Fiorenza 1569, ristampata e commentata a cura di C. del Franco con la collaborazione di E. Lovarini, G. Ortolani, L. Messedaglia, e G. Piccitto, e con una introduzione di B. Croce, Napoli 1953 (rec. di M. Fubini-G. Vidossi, in Giorn. stor. della lett. ital., CXXXI [1954], pp. 117-125); Il baratto, a cura di M. L. Doglio, Torino 1972 (severa rec. di V. Romano, in Studi e problemi di critica testuale, 6 apr. 1973, pp. 260-270); la "Descrizione dell'apparato" in G. Vasari, Le vite de' più eccellenti pittori scultori et architettori, 2 ediz., Fiorenza 1508, III, 2, pp. 881-979 (senza nome d'autore), e poi in tutte le ristampe delle Vite, fino a quelle di G. Milanesi, t. VIII delle Opere, Firenze 1882, pp. 517-617, e di P. Pecchiai, III, Milano 1930, pp. 818, 883-884, 895-954, 957-960 (con commento e con il nome del C.); gli "Intermezzi", per la Cofanaria di F. D'Ambra, a. cura del Lasca, in tutte le edizioni della Cofanaria (Firenze 1566 e 1593; in Teatro comico fiorentino, V, ibid. 1750, fasc. 3, app.; nelle Commedie del D'Ambra, Trieste 1858, pp. 123-127); gli "Intermezzi" per La vedova nel Raccolto delle feste fatte in Fiorenza..., Fiorenza 1569, pp. 9-16 (come anonimi); e nella Descrittione dell'intermedii..., ibid. [1569] (anonimi, ma curati probabilmente dal C.); Vita del serenissimo signor Cosimo de Medici Primo Gran Duca di Toscana Firenze 1611; delle lettere una in Prose fiorentine, IV, 1, Firenze 1734, pp. 99-101, e poi Venezia 1751, IV, 1, p. 45; altre in V. Borghini, Carteggio artistico, a cura di A. Lorenzoni, I, Firenze 1912, pp. 16-19, 33-38, 45-57, 62-65, 67-69, 94, 121 s.
Scritti inediti: la redazione originaria degli "Intermezzi" per la Cofanaria, autogr., Firenze, Bibl. naz., Magl. VII.658, cc. 14-16v; redazione originaria della Vita di Cosimo, Ibid., Naz. II, 1v 187-188; l'orazione per la morte di Francesco Campana, autogr., Ibid., Magl. XXVII.2; l'orazione al Senato per la cittadinanza, autogr., Firenze, Bibl. Riccard., 2593; lettere autogr., Firenze, Bibl. naz., Magl. VIII.1393, cc. 71 e 75, 191 e 196, 215; Magl. XXV.551, cc. 99-100; Arch. di Stato di Firenze, Carte Strozz., ser. I, CXXXIII, cc. 54 e 59, 61, 62, 63 e 66, 77 e 84, 90 e 97, 110.
Fonti e Bibl.: Pisa, Archivio della Primaziale, Libri del Battesimo, L, c. 92r, n. 387; Firenze, Bibl. Marucelliana, ms. B.III.52-54: Annali dell'Accad. degli Umidi poi Fiorentina, I, cc. 46rv, 49v, 51; Arch. di Stato di Firenze, ms. 125-147: F. Settimanni, Mem. fiorentine, III, cc. 355, 450-451; Firenze, Bibl. naz., Poligrafo Gargani, 606 (numerose, anche se confuse, schede di spoglio da libri a stampa, manoscr. e docum. sui Cini); A. F. Grazzini (il Lasca), Le rime burlesche, a c. di C. Verzone, Firenze 1882, son.XIX, CXXX, CXXXI; madrigalessa XLII; ott. LXXVIII, CII; cap. XII; B. Varchi, Opere, Trieste 1859, II, p. 999; V. Borghini, in Prose fiorentine, IV, 4, Firenze 1745, pp. 252-257, poi Venezia 1751, IV, 4, pp. 114-116; Id., Carteggio artistico, a cura di A. Lorenzoni, I, Firenze 1912, passim; Der literar. Nachlass Giorgio Vasaris, a cura di K. Frey, I, München 1923, p. 748; II, ibid. 1930. pp. 350-351, 543, 640, 645, 665, 668, 673, 677, 699; III, a cura di H-W. Frey, Burg b. M. 1940, pp. 108-109; E. Danti, in I. Barozzi (il Vignola), Le due regole della prospettiva pratica, Roma 1583, pp. 74, 90 ss. (l'opera è stata ristampata numerose volte e ultimamente la testimonianza riguardante il C. è riprodotta in F. Marotti, Lo spettacolo dall'Umanesimo al Manierismo, Milano 1974, pp. 212-218, e, in Il teatro ital., II, La commedia del Cinquecento, a cura, di G. Davico Bonino, I, Torino 1977, p. 486); Firenze, Bibl. naz., ms. Naz. II.11. 109: A. Magliabechi, Notizie di varia letter., cc.12rv, 300v, 361v; S. Salvini, Fasti consolari dell'Accademia Fiorentina, Firenze 1717, pp. 618-619, 638-640; M. Barbi, Degli studi di Vincenzo Borghini sopra la storia e la lingua, di Firenze, in Propugnatore, n. s., II (1889), 2, p. 40; A. Lorenzoni, in V. Borghini, Carteggio artistico, I, Firenze 1912, pp. 66-67, 105-108, 154-163 (oltre alle pp. citate con le lettere dei C.); Feste musicali della Firenze medicea (1480-1589), a cura di F. Ghisi Firenze 1939, pp. XXV-XXVII, XXX-XXXIV: 75; B. Croce, Poeti e scrittori del pieno e del tardo Rinascimento, III, Bari 1952, pp. 193-211; A. M. Nagler, Theatre Festivals of the Medici 1539-1637, New Haven - London 1964, pp. 13-48; Feste e apparati medicei da Cosimo I a Cosimo II. Mostra di disegni e incisioni (catalogo), a cura di G. Gaeta Bertelà - A. Petrioli Tofani, Firenze 1969, passim; Il luogo teatrale a Firenze. Brunelleschi Vasari Buontalenti Parigi... (catal.), Milano 1975, pp. 95-102 (schede di E. Garbero Zorzi, D. Manetti Mattei, A. Petrioli Tofani); N. Pirrotta, Li due Orfei. Da Poliziano a Monteverdi, con un saggio critico sulla scenografia di E. Povoledo, Torino 1975, pp. 200-216, 257-263, 412-431, 455-457.