BENACCI, Giovan Battista
Da un Alessandro di Benazzo bolognese - del quale si sa solo che viveva nel 1524 - nacquero due figli, Giovan Battista e Alessandro, il quale sembra essere stato il primo ad assumere il cognome Benacci. Mancano notizie che ci diano ragguagli sulla nascita, le condizioni sociali, la giovinezza di questi due bolognesi. Si sa solo che verso la metà del sec. XVI essi iniziarono una modesta attività tipografica, sottoscrivendo le loro edizioni "ex typographia Ioannis Baptistae et Alexandri Benaciorum", dal che si potrebbe arguire che Giovan Battista era il maggiore dei due fratelli.
Quando nel 1558 Giovanni Rossi, tipografo che aveva lavorato a Venezia, si trasferì a Bologna, si appoggiò alla bottega dei Benacci e costituì con loro una società tipografico-editoriale con la ragione: "ex Typographia Ioannis Baptistae et Alexandri Benaciorum et Ioannis Rubei sociorum".
Il primo prodotto di questa nuova ditta vide la luce nel 1559, e fu l'opera dell'umanista udinese Francesco Robortello, che insegnava in quegli anni in Bologna: De vita et victu Populi Romani. La società non durò più di quattro anni (si sciolse nel 1562) e pubblicò opere di vario genere, ma non di grande mole; l'ultimo suo prodotto sembra esser stato quell'opuscolo fatto stampare dai Cavalieri della Viola in occasione delle nozze di Giovanni Malvezzi: Il torneamento fatto nelle nozze del Sig. Giovanni Malvezzi... (1562).
Liquidata la società col Rossi (il quale impiantò una propria tipografia e salì in grande fama), il B. e il fratello Alessandro continuarono a produrre assieme sino al 1577, quando il nome del B. cessa di comparire nelle sottoscrizioni: è probabile che in quell'anno egli sia morto; però bisogna avvertire che molte edizioni del periodo 1562-1577 recano il solo nome di Alessandro.
Dal 1577 al 1595 (quando morì Giovanni Rossi) si può affermare che la produzione libraria bolognese s'identifica con l'attività di Alessandro e del Rossi: le loro numerosissime edizioni, però, rivelano un livello culturale molto modesto e segnano un notevole scadimento, se paragonate alle edizioni dei Benedetti, dei Faelli, dei Rubiera. Ciò non si può spiegare se non si considera la spietata ostilità con la quale inquisitori, vescovi, legati ostacolavano, con astio crescente, la diffusione del libro ed i suoi divulgatori: editori, tipografi, negozianti.
Nel 1562 il legato emana un Bando generale contro i librai et venditori di libri stampati, che doveva essere letto e commentato in tutte le chiese della diocesi, ogni anno, tra le feste dei Corpus Domini e della Pentecoste. Dopo la chiusura del concilio di Trento il cardinal legato Paleotti emana un Indice dei libri proibiti, molto più ampio e severo di quello ufficiale.
In questo clima si trovarono a dover lavorare Alessandro e il figlio Vittorio, ed essi si uniformarono alle necessità dei tempi, con cautela somma e con estrema prudenza nella scelta delle opere e degli autori da pubblicare. La loro condotta ossequiente fu apprezzata dalle autorità della diocesi e ne ottennero in premio la carica di "Stampatori episcopali". Come tali, essi stamparono una delle loro più belle edizioni: Il Salterio per putti principianti, con la Dottrina Cristiana (1575) impresso in rosso e nero, con musica notata e bei fregi. Alessandro ebbe anche il monopolio per la stampa degli Atti del "Torrione del Monte di Pietà di Bologna" e di altri consimili enti della città.
Numerosissime sono di conseguenza, le sue edizioni di bandi: leggi, ordinamenti, come parimenti numerose sono le pubblicazioni di descrizioni relative ad avvenimenti singolari cittadini: feste, relazioni varie encomiastiche, come la Giostra del 10 febbraio 1564; le Feste fatte all'Arcoveggio da Ettore Ghislieri (1565); la Giostra del 26 febbraio 1572; il Torneo detto La Damigella d'Armida (1580); la Giostra del 10 febbraio 1583; le Feste nelle nozze Malvezzi-Orsini (1585), ecc.
Tra le pubblicazioni di maggiore rilevanza storica si possono ricordare: La corografia... dell'Isola di Cipro (1573); i Discorsi sopra le Imprese di Giovanni Antonio Palazzo (1575); il De Episcopis bononiensibus del Sigonio (1586); Il Floridante di Bernardo Tasso (1587), replica all'edizione originale mantovana dello stesso anno; il Genuensis Reipublicae motus a Io. Aloysio Flisco excitatus di Giacomo M. Campanaccio (1588); il Bellum mutinense Hencio Rege duce cum Bononiensibus gestum (1590) del medesimo.
Non è improbabile che abbia anche stampato per conto di Aldo Manuzio iunior le poche edizioni che questi curò tra il 1585 ed il 1586, quando tentava di trasferire a Bologna la sede dell'azienda veneziana, ormai in via di totale decadimento.
Dopo un'attività di oltre cinquant'anni, Alessandro morì nel 1590 e subito gli successe il figlio Vittorio, che già da anni collaborava col padre nella direzione dell'azienda: era tipografo provetto ed uomo di buona cultura letteraria, come dimostrano le lettere di dedica premesse ad alcune sue edizioni. Secondo il Fantuzzi, egli sarebbe anche stato l'estensore di alcune "Relazioni" pubblicate dalla tipografia benacciana, e segnatamente della Descrizione de gli Apparati fatti in Bologna per la venuta di N. S. Clemente VIII... (1599), edizione notevolissima anche per le nove tavole all'acquaforte da disegni di Guido Reni. È sua stesura la Breve descrizione della festa fatta nella gran sala del Sig. Podestà l'anno 1615 (fu sottoscritta editorialmente: Bologna, Stamperia Camerale, 1615). La prima edizione nella quale si trova il nome di Vittorio è l'Ordine et Pragmatica sopra i funerali fatta per decreto del cardinale legato Paleotti (1591). Successe al padre nella carica di stampatore episcopale, e nel 1598 il Senato gli concesse anche quella di stampatore camerale con l'annuo sussidio di 200 lire, quando l'incarico fu tolto ai figli di Giovanni Rossi che l'avevano mantenuto dopo la morte del padre.
Vittorio non si discostò dal programma editoriale del padre: oltre la stampa, degli atti ufficiali sia del Senato sia del vescovato, pubblicò anch'egli descrizioni e relazioni di avvenimenti cittadini; tra queste è da ricordare il Funerale d'Agostin Carraccio fatto dagli Incamminati Accademici del Disegno (1603), adorno di una tavola all'acquaforte di D. Mitelli, e Amore prigioniero di Delo (testo di G. Lodi), relazione di un torneo disposto dagli Accademici Torbidi il 20 marzo 1628, con quindici tavole incise dal Coriolano Tra le altre opere pubblicate sono degne di menzione: Il Patricio, overo de' Tetracordi armoniosi di Aristosseno del celebre erudito e musicologo bolognese Ercole Bottrigari (1593); le Lettere di ser Poi Pedante nella corte de' Donati a M. Pietro Bembo, M. Giovanni Boccaccii e M. Francesco Petrarca di A. Allegri (1613).
Molte edizioni di Vittorio sono sottoscritte: "Per l'Herede del Benacci" ed anche "Per la Stamperia Camerale" e "Presso la Stamperia Episcopale" .
Nel febbraio del 1629 Vittorio muore, ma la ditta continua con la ragione "Heredi del Benacci" o "Erede del Benacci". Chi sia stato questo erede non risulta da documenti d'archivio. Le delibere del Senato relative alla carica di stampatore camerale dal 9 marzo 1630 non nominano più i Benacci, ma Girolamo Donini, figlio di Giovan Domenico, e dopo la sua morte (1679) il Mazzoleni. Solo nel 1700 si ricomincia a far menzione degli "Eredi del Benacci" (ma la delibera non specifica i nomi) che mantennero l'incarico sino al 1729. Si può avanzare l'ipotesi che gli eredi - o l'erede di Vittorio - abbiano chiamato a dirigere, e poi abbiano ceduto la stamperia, a quel Girolamo Donini che venne privilegiato dal Senato nel 1630. Questo troverebbe conferma nel fatto che - dopo il 1720, quando Clemente Maria Sassi acquista l'azienda già Benacci dai non identificati eredi - continua a sottoscrivere: "Per l'erede del Benacci", "Per li successori del Benacci".
Nella seconda metà del '600 alcune notevoli edizioni uscirono dalla tipografia benacciana: Almagestum novum di Giovan Battista Riccioli (1651); Il vero maneggio della spada (1660) di Alessandro Senese con belle tavole incise dal Mitelli; Bologna perlustrata del Masini (1666); La meridiana di s. Petronio descritta del Cassini(1695) con belle tavole. Dopo il 1720 la ditta decadde ulteriormente e venne acquistata dal Sassi. Con alterne vicende, ed attraverso altri passaggi di proprietà, durò sino alla metà del sec. XIX.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Bologna, Partite del Senato, a. 1582; Ibid., Assunteria dei Magistrati, busta 900 fasc. 9 (4 delibere); Bologna, Bibl. Com., Monti Bernardo (schede mss.) ad nomen; Ibid., Giordano Gaetano (schede mss.) ad nomen; G. Fumagalli, Lexicon typographicum Italiae, Florence 1905, p. 43; A. Sorbelli, Storia della stampa in Bologna, Bologna 1929, pp. 111 ss.; Id., La stampa nella provincia di Bologna, in Tesori delle Bibliot. d'Italia (Emilia e Romagna), Milano 1932, pp. 433 ss.; Id., Le marche tipogr. bolognesi nel sec. XVI, Milano s. d., pp. 44-46; F. Ascarelli, La Tipografia cinquecentina italiana, Firenze 1953, pp. 45 ss.