BARDUCCI, Giovan Battista
Poco o nulla si sa dei suoi primi anni e si ignora quando nacque. Viveva da lungo tempo in Francia, dove, come sacerdote, godeva di alcuni benefici ecclesiastici, quando, nei primi mesi del 1643, il granduca di Toscana Ferdinando II lo designò, sapendolo bene accetto a quella corte, a succedere al conte Ferdinando Bardi di Vemio, ministro residente toscano a Parigi, che desiderava rientrare in patria. Oltre che esercitare la sua missione diplomatica per ben tredici anni, il B. ebbe lungo carteggio anche con il principe Leopoldo de' Medici che si valse delle sue vaste relazioni parigine, soprattutto nell'ambiente intellettuale, per affidargli incarichi di carattere pubblico (ricerche di bibliotecari, per esempio, e di insegnanti per lo Studio di Pisa) nonché il disbrigo di innumerevoli affari privati.
La missione diplomatica del B. fu particolarmente difficile date le circostanze in mezzo alle quali ebbe a svolgersi: le movimentate vicende della guerra di Castro conclusasi ben presto onorevolmente per la Toscana col trattato di Venezia (3 marzo 1644) e, soprattutto, la perdurante guerra dei Trent'anni che nell'ultima sua fase si stava facendo pericolosa per l'Italia.
Il Mazzarino minacciava di rompere i rapporti con il granduca Ferdinando II, colpevole, a suo avviso, direttamente e attraverso il cardinal Giovan Carlo de' Medici (che capeggiava la fazione dei cardinali filospagnoli), di influenzare in senso antifrancese il nuovo pontefice, Innocenzo X. Il B., in seguito a colloqui coi Mazzarino, indusse il granduca ad adoperarsi in Roma, tramite il cardinale Giovan Carlo, a favore del fratello del Mazzarino a cui il papa si ostinava a negare il cappello cardinalizio. Ma tali pratiche ebbero effetto contrario perché l'ostinazione del pontefice venne interpretata in Francia come una prova di doppiezza da parte del granduca. La Francia annò una flotta per una azione dimostrativa contro le coste dello Stato pontificio e contro il granducato di Toscana costringendo Ferdinando II ad affrettate misure di fortificazioni a Livorno e a Portoferraio. Fu in massima parte opera del B. se si poté scongiurare il pericolo e giungere tra Francia e Toscana al trattato di neutralità dell'11 maggio 1645, per cui l'occupazione francese di parte dello Stato dei Presidi (Talamone, Porto S. Stefano e Portolongone) lasciò indenne la Toscana nonostante la minaccia spagnola di toglierle il feudo di Siena.
Altre difficoltà si presentarono in seguito: un dispaccio toscano diretto in Spagna e intercettato dai Francesi, in cui si affermava che il granduca, costretto alla neutralità, avrebbe denunziato il trattato, una volta ritiratisi i Francesi dal fallito blocco di Orbetero, obbligò il B. a smentire la notizia e ad adoperarsi per sdrammatizzare la situazione. Il Mazzarino alternò le lusinghe con le minacce: lasciò che le truppe francesi in guerra con gli Spagnoli dello Stato dei Presidi facessero scorrerie oltre il confine toscano, mentre offriva al granduca Lucca in cambio di Portoferraio o il pieno appoggio delle armi francesi per porre Ferdinando II sul trono di Napoli purché abbandonasse la neutralità. Ma il B. riuscì a barcamenarsi fino a che la situazione internazionale permise di ristabilire l'amicizia tra Toscana e Spagna.
Il B.) molto ben visto in Curia (un suo fratello, Alessandro, era funzionario pontificio in Romagna), ottenne negli ultimi tempi del suo soggiorno in Francia un beneficio in Bretagna e infine (ottobre 1655) la elezione a vescovo di San Miniato. Nell'aprile del 1656 tornò in patria e assunse il governo della diocesi il 25 giugno. Dovette di lì a non molto dimettersi per motivi di salute. Morì nell'ottobre del 1661.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del Principato, ff.4650, 557ss ; G. Lami, S. Ecclesiae Florentinae monumenta,Florentiae 1758, p. 520; P. Gauchat, Hierarchia catholica, IV, Monasterii 1935, p. 244.