PINEROLO, Giovambattista
PINEROLO (Pinerolio, Pinero), Giovambattista. – Nacque a Torino nel 1519, da Pietro; ignoto il nome della madre.
Emigrò poco più che trentenne a Ginevra per motivi religiosi: lì venne registrato il 19 gennaio 1553 come habitant e il 6 gennaio 1562 come bourgeois.
La popolazione di Ginevra si suddivideva in tre categorie, diversificate nell’accesso ai diritti civili: citoyen, bourgeois, habitant. Il ‘cittadino’ era nato e battezzato a Ginevra da genitori anch’essi cittadini: godeva in pieno dei diritti civili e poteva accedere alle magistrature principali. ‘Borghese’ era invece chi era nato al di fuori delle mura cittadine, ma possedeva un’abitazione in città e aveva delle proprietà. Chi rispondeva a tali requisiti, anche se immigrato, dietro versamento di una somma la cui entità variava, poteva divenire borghese e partecipare a pieno titolo alla vita politica ginevrina, ricoprendo le magistrature minori. Tutti gli altri erano classificati come ‘abitante’, di fatto stranieri con permesso di soggiorno. L’abitante non aveva diritto di voto, non poteva portare armi, era escluso dalle magistrature, poteva solo essere eletto pastore nel caso che non ci fossero ginevrini preparati a quel compito. Giovanni Calvino fu semplice habitant praticamente tutta la vita: solo nel 1559 il Petit Conseil decise di onorarlo promuovendolo borghese.
A Ginevra, città rifugio per i dissidenti religiosi di tutta l’Europa, l’emigrazione piemontese fu la più diversificata e numerosa, e toccò il culmine nel 1551-61 per l’azione congiunta del Parlamento francese di Torino e del rientro di Emanuele Filiberto nei suoi territori dopo la pace di Cateau-Cambresis (1559). Ebbe però scarsi contatti con i piemontesi che, immigrati in precedenza, erano nei fatti ginevrini a tutti gli effetti.
Di Pinerolo prima del suo arrivo a Ginevra non si sa nulla. Probabilmente era un cattolico convertito, provenendo da Torino: negli stessi anni, con la pace di Cavour (1561) i riformati delle attuali valli Pellice, Chisone e Germanasca avevano avuto un primo riconoscimento giuridico e limitata libertà di culto. Gli esuli piemontesi erano in maggioranza di estrazione sociale modesta: operai specializzati nel tessile, medici, avvocati, apotecari, artigiani, cartai, stampatori. Pinerolo apparteneva a quest’ultima categoria.
Gli stampatori riuscirono a trovare una dignitosa sistemazione nell’editoria ginevrina in espansione, ma pochi di loro fecero il salto di qualità da stampatore a editore, e molti non si trattennero stabilmente. Solo Jean Gérard (di Susa), Sebastien Honorat (di Firenze) e Giovan Battista Pinerolo restarono editori tutta la vita. Se Gérard fu il più noto per aver sostituito il carattere romano al gotico e avere stampato decine di opere di Calvino fino al 1550, Pinerolo divenne lo stampatore titolare della Chiesa italiana. La sua prima richiesta di esercitare il mestiere è datata 17 aprile 1559: il permesso concesso riguardava l’edizione dei Sessanta Salmi di Davide tradotti in rime volgari italiane che comprendeva altre due parti con frontespizio autonomo: La forma de le orazioni e Il catechismo. L’edizione fu così sciatta e piena di errori che il Consiglio gli revocò il permesso. Ridotto alla miseria, Pinerolo chiese nuovamente la licenza e il Consiglio gliela concesse il 4 agosto 1561, nonostante il parere contrario degli esperti previsti dalla Ordonnance touchant l’imprimerie del 15 febbraio 1560, solo per la sua condizione di estrema povertà.
L’editoria, come il commercio di libri, si era enormemente sviluppata nella Ginevra riformata, sostituendosi in larga misura a Lione: durante la vita di Calvino Ginevra divenne un centro intellettuale e religioso di primo piano e il mercato si sviluppò essenzialmente nella produzione di testi della Riforma. Dal 1564 si pubblicarono anche molti testi classici, di diritto e di storia; in una fase ancora successiva soprattutto testi scientifici, di filosofia, di autori cattolici in latino. La Ordonnance touchant l’imprimerie del 15 febbraio 1560 disciplinò un mercato in espansione, introducendo norme molto rigide per preservare un buon livello del prodotto, impedire le contraffazioni e la concorrenza sleale: il numero delle presse fu limitato a 34 e per ciascuna di esse si imposero cinque operai qualificati e un solo apprendista; la presenza di «correcteurs savants et diligens» divenne obbligatoria. Stabilendo che solo «l’impression des catéchisme, prières et psaumes qui sont pour l’usage de l’èglise soit commun à tous» (Weber, 1980, p. 246), impose la richiesta della licenza di volta in volta, in regime di monopolio con poche eccezioni.
Dal regesto dei libri editi tra il 1550 e il 1600 (Chaix - Dufour - Maeckli, 1966) emerge che Pinerolo produsse anche edizioni in francese, come la Recueil des opuscule, c’est-à-dire Petits traictez de M. Jean Calvin (1563) e non si limitò agli autori riformati, ma stampò anche Agostino, Platone, Virgilio. Quello che lo caratterizzò fu però l’edizione in italiano dei testi destinati alla comunità italiana di Ginevra: Catechismo, Nuovo Testamento, Salmi, liturgie, libri di preghiere, innari, «che ebbero gran diffusione in Italia e concorsero efficacemente alla diffusione della Riforma» (Pascal, 1959, p. 124). Le sue edizioni continuarono a non essere di buona qualità: carta cattiva, male inchiostrate, legatura scadente, insomma una produzione andante, che aveva vita breve e che spiega la scarsezza degli esemplari superstiti (un elenco in Conconi, 2012, pp. 547-551).
Nel 1565 Pinerolo ottenne l’uso di una seconda pressa e tra il 1571 e il 1582 chiese almeno 19 autorizzazioni di stampa; dal 1574 si mise in affari con Philippe Tinghi di Lione.
Nel corso degli anni utilizzò diversi marchi: lo struzzo con il motto «Nil penna sed usus»; lo scorpione (già dell’editore lionese Michel Du Bois); il simbolo della porta stretta e della porta larga di François Perrin; un uomo che taglia un albero morto racchiusi in un ovale. Sottoscrisse con il suo nome in diverse forme: Pinereul, Pignereul, Peneyrod, Pineirol, Pinero, Pinerolio (Chaix, 1954, p. 213).
Esercitò l’arte fino alla morte, che avvenne a Ginevra il 4 ottobre 1585.
Dopo di lui non ci furono altri editori a Ginevra che stampassero per gli italiani ed edizioni in italiano: dal secolo successivo tali attività divennero appannaggio degli editori francesi Chouet e De Tournes.
Fonti e Bibl.: P. Chaix, Recherches sur l’imprimerie a Genève de 1550 a 1564. Etude bibliographique, economique et litterarire, Genève 1954, ad ind.; A. Pascal, La colonia piemontese a Ginevra nel secolo XVI, in Ginevra e l’Italia. All’Università di Ginevra nel IV centenario della sua fondazione, a cura di D. Cantimori et al., Firenze 1959, pp. 67-133; P. Chaix - A. Dufour - G. Maeckli, Les livres imprimés a Genève de 1550 a 1600, a cura G. Maeckli, Genève 1966, ad ind.; H.J. Bremmel, Buchdrucker und Buchhändler zur Zeit der Glaubenskämpfe, Genève 1969, pp. 217 s.; G. Bonnant, Typographies genevoises du XVI au XVIII siècle, in Cinq siècles d’imprimerie a Genève 1478-1978, Genève 1978, pp. 93-100; B. Weber, Ordonnances, edits et decrets, ibid., pp. 245-256; E. Balmas, L’activitè des imprimeurs italiens refugies a Genève dans la deuxième moitié du XVI siecle, in Cinq siècles d’imprimerie genevoise…, a cura di J.-D. Candaux - B. Lescaze, I, Genève 1980, pp. 109-131; B. Conconi, Tracce di Calvino nelle biblioteche italiane, in Calvin insolite. Actes du colloque... Florence... 2009, a cura di F. Giacone, Paris 2012, pp. 523-553.