BUONINSEGNI (Boninsegni), Giovambattista
Figlio di Roberto di Domenico, nacque a Firenze il 1º luglio 1453. Occupò molti uffici minori tra il 1478 e il 1510, fu dei Priori nel marzo e aprile 1485, e appartenne al Consiglio dei cento nel 1493 e 1494, al Consiglio del popolo nel 1494 e a quello degli Ottanta nel 1498. Morì dopo il 1512.
Aveva una buona cultura umanistica e fu stimato dai contemporanei per la sua conoscenza del greco. Fu amico di Lorenzo de' Medici, di Niccolò Michelozzi, di Giorgio Antonio Vespucci, e soprattutto del Poliziano e del Ficino. Il Poliziano gli indirizzò nel 1472 quattro epigrammi greci (Prose volgari inedite..., ed. I. Del Lungo, Firenze 1867, pp. 176-180 nn. 5-8; Epigrammi greci, ed. A. Ardizzoni, Firenze 1951, pp. 4-7 nn. 5-8); e in una poesia latina dello stesso periodo, di solito attribuita a Giano Pannonio ma probabilmente composta dal Poliziano, il "Joannes Baptista" elogiato come gloria della Toscana sembra essere il B. (Bartholomaeus Fontius, Carmina, ed. I. Fógel e L. Juhász, Lipsiae 1932, p. 28, vv. 205-206). Il Ficino elenca il B. nel catalogo dei suoi scolari tra quelli "in aetate vero mea iam matura familiares, non auditores" (Opera, Basileae 1576, p. 937); lo menziona in una lettera del 1476 ad Alessandro Braccesi come "vir apprime Latinis Graecisque literis eruditus" (ibid., p. 673), e insieme con Giorgio Antonio Vespucci gli scrive nel 1481, mandando i saluti anche al padre Roberto (ibid., p. 842). Nella Theologia Platonica (lib. VI, cap. 1)il Ficino elenca il B. insieme con il Calcondila, il Naldi e il Fonzio come presente in un convivio filosofico presso Bernardo Bembo, che probabilmente ebbe luogo nel 1480 (ibid., p. 157). Nella prefazione alla sua traduzione di Platone stampata nel 1484 il Ficino elenca il B. insieme con il Calcondila, il Vespucci, il Poliziano, il Landino e lo Scala tra i "censores" che egli consultò prima di pubblicare la sua opera (Supplementum Ficinianum, ed. P. O. Kristeller, II, Firenze 1937, p. 105). Al Vespucci e al B. il Ficino dedicò nel 1480 il suo De studiosorum sanitatecuranda, cheinserì dapprima nel settimo libro delle sue lettere e che diventò poi nel 1489 il primo dei De vita libri tres (Supplementum Ficinianum, I, pp. 21-22, cfr. pp. LXXXIII s.). Nel 1479 il B. acquistò insieme col Fonzio e con Giraldo Giraldi dalla stamperia di Ripoli seicentocinquanta copie dell'opera Vite dei Pontefici ed Imperadori attribuita al Petrarca (Hain, 12.809, cfr. E. Nesi, Il Diario della Stamperia di Ripoli, Firenze 1901, pp. 61 s., cfr. p. 38 s. n. 23, e p. 41 n. 31).
Del B. resta una lettera d'ufficio in volgare scritta ai Dieci di libertà da Pescia nel 1501, quando vi fu come vicario della Val di Nievole (Firenze, Biblioteca nazionale, Carte Machiavelli, III 62), e due lettere latine scritte nel marzo 1475a Niccolò Michelozzi per ringraziare Lorenzo di averlo favorito nell'imposizione di alcune tasse (Ibid., Carte Ginori Conti, 29, 64, cc. 73 s.); nella prima è una citazione greca di Demostene. Le lettere di Giov. Buoninsegni nell'Arch. Mediceo av. il Principato non sono di questo Buoninsegni.
Un codice greco del British Museum con alcune opere grammatiche e astrologiche posseduto dal B. contiene tre epigrammi greci composti da lui in morte di un certo Teodoro (Additional Mss. 11894, c. 30). Il contributo letterario-principale del B. consiste in alcune traduzioni latine di scritti morali di Plutarco. 1) De agnitione profectus in virtute, si trova nel Laur. 76, 55, pp. 4v-27 (A. M. Bandini, Catalogus Codicum Latinorum Bibl. Mediceae Laurentianae, III, Florentiae 1776, coll. 122-124); nel Riccard. 766, cc. 197-205v, scritto nell'ultimo decennio del sec. XV da Peregrinus Seraptus di Pontremoli (P. O. Kristeller, Iter Italicum, I, pp. 199-200) e in un codice di G. Radetti appartenuto a Pier Leoni da Spoleto a cc. 199-215 (G. Radetti, Un'aggiunta alla bibl. di Pierleone Leoni da Spoleto, in Rinascimento, s. 2 v [1965], pp. 97-99). Nel solo Laurenziano, che appartenne a Lorenzo de' Medici (c. 27), la traduzione è preceduta da una lettera di dedica a Lorenzo (cc. 1-4) e da un Argumentum (cc. 4-4v). Dalla lettera si vede che questa fu la prima opera del B. ("ut tibi degustationem aliquam darem studiorum meorum", c. 2v) e che fu scritta al tempo in cui il Poliziano era precettore di Piero de' Medici (c. 3), cioè tra il 1475 e il 1479: probabilmente, nel 1478 0 1479. 2) De dignoscendo amico ab adulatore. È conservato nel solo Laurenziano 47, 13, cc. 6v-61v (Bandini, Catalogus, II, Florentiae 1775, coll. 396-397), preceduto da una prefazione al card. Giovanni de' Medici a cui il codice appartenne (cc. 1-2), da un'altra prefazione a Lorenzo (cc. 2v-4v) e da un Argumentum (cc. 5-6v), e seguito da un epilogo al card. Giovanni (cc. 62-63). Dalla prefazione a Lorenzo si apprende che questa traduzione è la seconda che il B. gli dedica ("secundum sortita sit locum", c. 4v), ma pare che sia di qualche anno posteriore alla prima ("iam dudum", ibid.). La stessa traduzione fu poi dedicata di nuovo al card. Giovanni de' Medici quando fu legato di Bologna, cioè dopo il 1º ott. 1511, e certamente dopo il suo ritorno a Firenze l'11 apr. 1512 e prima che fosse eletto papa Leone X, il 9 marzo 1513. L'esattezza ed eleganza delle traduzioni vanno ancora esaminate, ma dalle prefazioni e dall'epilogo della seconda si vede che l'autore conosce bene gli autori classici latini (Virgilio, Orazio e Cicerone) e che preferisce la traduzione libera piuttosto che letterale, citando in proposito Orazio (Ars poetica, vv. 133-135) e Cicerone (De optimo genere oratorum, V, 14). 3) Nel codice Riccard. 766 la prima traduzione del B. viene seguita da una traduzione anonima di Plutarco, De commoditatibus inimicitiarum (cc. 206-210v), copiata dalla stessa mano. Si potrebbe attribuire al B. che accenna, nell'epilogo alla seconda traduzione, a parecchie altre fatte ma forse non pubblicate ("ut et saepe alias fecimus", c. 62). 4) Nel codice del prof. Radetti la prima traduzione viene seguita da una traduzione anonima di Plutarco, De differentia odii et invidiae (cc. 215v-218), copiata dalla stessa mano. La traduzione è diversa da quella assai diffusa del Perotti (Niccolò Perotti's Version of the Enchiridion of Epictetus, ed. R. P. Oliver, Urbana, Ill. 1954, p. 143) e potrebbe essere attribuita al B. per le stesse ragioni esposte al n. 3. 5) De nobilioribus philosophorum sectis. Questa lettera si trova anonima nel Laur. 76, 55 dopo la prima traduzione del B. (cc. 28-46), e fu pubblicata come opera del B. da L. Stein (Handschriftenfunde zur Philosophie der Renaissance, I. Die erste "Geschichte der antiken Philosophie" in der Neuzeit, in Archiv für Geschichte der Philosophie, I[1888], pp. 534-553). L'attribuzione va respinta, dato che il testo nel Laur. fuscritto da una mano diversa, e porta la data "VIII klas Maias MCCCCLVIII": quando il B. aveva cinque anni. La stessa lettera si trova anonima ma indirizzata a un "Philippus Bartholomaeus comes" nel Magl. VII 1162 (cc. 119-129; vedi Iter Italicum, I, p. 131). Secondo una comunicazione della signora Alison Brown di Londra la lettera va attribuita a Bartolomeo Scala, dato che un abbozzo frammentario di essa si trova in un suo codice autografo.
Fonti e Bibl.: Doc. nell'Arch. di Stato di Firenze, gentilmente comunicati dal dott. G. Pampaloni; G. Negri, Istoria degli scrittori fiorentini, Ferrara 1722, pp. 242-243; A. M. Bandini, Specimen literaturae Florentinae, I, Firenze 1748, p. 151; II, ibid. 1751, p. 74; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 4, Brescia 1763, pp. 2400-2401; A. Della Torre, Storia dell'Accademia Platonica di Firenze, Firenze 1902, pp. 606 s., 611, 622, 731 s.; P. O. Kristeller, Supplem. Ficinianum, I, Firenze 1937, p. 112.