Forzano, Giovacchino
Regista teatrale, lirico e cinematografico, autore drammatico e librettista d'opera, produttore, nato a Borgo San Lorenzo (Firenze) il 19 novembre 1884 e morto a Roma il 28 ottobre 1970. Come autore teatrale e librettista, si allineò alla tendenza dannunziana del grande spettacolo enfatico e al tempo stesso fiancheggiò le suggestioni novecentesche per il mito, da lui inteso soltanto nell'accezione immediatamente populista e per le finalità esclusive di fascinoso coinvolgimento degli spettatori. Anche per quanto riguarda il cinema, i suoi spazi di manovra rimasero quelli di un dannunzianesimo spesso piegato alle esigenze propagandistiche del fascismo.
Studiò medicina e canto (debuttando come baritono), ma si laureò in legge all'Università di Urbino e intraprese subito la carriera di giornalista in Toscana. Scrisse quindi romanzi popolari e si affermò definitivamente come autore drammatico, regista teatrale, librettista d'opera e d'operetta. Nell'ambito dell'attività teatrale scrisse libretti per R. Leoncavallo (La reginetta delle rose, 1912), P. Mascagni (Lodoletta e Il piccolo Marat, 1917), G. Puccini (Suor Angelica e Gianni Schicchi, 1918), U. Giordano, A. Pedrollo, M. Peragallo; fra le svariate opere in prosa, per lo più di argomento storico, spicca Sly (1920), dramma (e poi libretto d'opera per E. Wolf-Ferrari) di grande successo ma pesantemente influenzato, secondo l'analisi di P. Gobetti, da H. Heine e W. Shakespeare. Si dedicò inoltre alla messa in scena, curando la regia di eventi speciali quali La figlia di Iorio di G. D'Annunzio sul Colle del Vittoriale (1927) e la prima esibizione del Carro di Tespi (teatri popolari itineranti, sostenuti dal regime) a Roma, sul Pincio, il 4 luglio 1929. Assai intensa fu, negli anni Venti e Trenta, anche la sua attività di regista lirico in Italia (in particolare, a partire dal 1926, fu l'iniziatore dei grandi spettacoli all'aperto all'Arena di Verona) e all'estero: seguì infatti la realizzazione scenica dei suoi libretti e curò la regia di varie prime esecuzioni. In questi suoi lavori affermò una visione globale dello spettacolo (sia lirico sia di prosa), che ne valorizzasse tutte le sue componenti (testo, musica, scene ecc.), proponendo messe in scena caratterizzate da un gusto marcato per la spettacolarità e l'enfasi magniloquente, con grandi movimenti di massa e scenografie realistiche e fastose.Interessato al cinema, fu regista e produttore, fondando nel 1934 gli Stabilimenti di Tirrenia. Con il pieno appoggio delle massime autorità fasciste realizzò il film Villafranca (1934) sulla celebre vicenda risorgimentale, al cui soggetto, tratto da un dramma dello stesso F., aveva collaborato Benito Mussolini. L'anno precedente l'Istituto Luce aveva prodotto un altro suo film, Camicia nera, storia di un reduce della Prima guerra mondiale, residente nell'Agro pontino e abbandonato dalla classe politica postrisorgimentale, che ritrova entusiasmo ed energie nel momento della marcia su Roma, quindi nel discorso di Mussolini che galvanizza le camicie nere, e infine nel grande progetto di bonifica dell'Agro romano. Girato con attori non professionisti, per caratterizzare appieno l'avvenuta fusione fra fascismo e popolo, il film fu lanciato con ogni cura dal regime anche a livello internazionale, con prime visioni finanziate a Parigi, Londra e Berlino. Il successo, tuttavia, fu, anche in Italia, soltanto parziale. In un film successivo, Campo di maggio (1935, sceneggiato da F. sulla base della sua omonima pièce, alla cui ideazione aveva collaborato Mussolini), incentrato sugli ultimi cento giorni di Napoleone, gli atteggiamenti e gli impeti dell'imperatore, l'attore Corrado Racca, rimandavano chiaramente alle tipiche movenze ed esibizioni del duce. Fra gli altri suoi film si ricordano: Maestro Landi (1935) e Fiordalisi d'oro (1935, ambientato nel periodo del Terrore giacobino), tratti da sue omonime commedie, Tredici uomini e un cannone (1936), Sei bambine e il Perseo (1940), su un episodio fiorentino della vita di Benvenuto Cellini, e Il re d'Inghilterra non paga (1941), altro film in costume il cui titolo non lascia dubbi sulla funzione di propaganda bellica della pellicola. Il suo ultimo film, Piazza San Sepolcro, pronto nel 1943, venne cancellato a causa dell'armistizio dell'8 settembre, successivamente annunciato nel 1954, ma in effetti mai distribuito.L'attività teatrale e cinematografica di F. si interruppe con la caduta del fascismo, e il regista lavorò poi solo occasionalmente in campo lirico e come scrittore.
F. Cella, Verso il nostro tempo, in Storia dell'opera, 3° vol., t. 2, Torino 1977, pp. 285-87; F. Angelini, Teatro e spettacolo nel primo Novecento, Roma-Bari 1988, pp. 231-32; A. Cimmino, Forzano, Giovacchino, in Dizionario biografico degli Italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, 49° vol., Roma 1997, ad vocem.